Foro Italico, quando Palermo dovette gettare macerie e dolore sul mare

Non fu pensato per realizzare un litorale interessante per i turisti o per le stories di Instagram: quella del Foro Italico fu una riqualificazione di necessità.


Nel capoluogo siciliano, ormai da diverse settimane, si parla molto del Palermo Marina Yachting identificato anche come “Molo Trapezoidale”. Si tratta di uno spazio di più di 40mila metri quadrati con spazi alberati, un lago urbano e diversi edifici commerciali. L’area sulla quale si è concentrata l’attenzione di questa operazione di recupero sono i bastioni del complesso storico di Castello a Mare, un sito che da tempo attendeva di essere valorizzato. 

Sono stati scritti chilometri di pagine web e carta stampata sulla “riscoperta” del mare da parte dei Palermitani. Eppure molti anni fa, sempre su quello stesso specchio d’acqua nell’area portuale della città, Palermo è dovuta rinascere. E non si tratta di un miglioramento in favore di un waterfront interessante per i turisti e spettacolare per le stories di Instagram: quella del Foro Italico è stata una riqualificazione di necessità.

Non molti sanno che il grande parco urbano sul mare di Palermo, il Foro Italico, non esisteva fino a ottant’anni fa. Al posto di questo esteso e frequentato prato, protagonista di diversi eventi negli anni, tra concerti e giornate speciali, non c’era altro che il mare. Ma andiamo a ripercorrere la storia di questo tratto di litorale cittadino, quello corrispondente all’antico quartiere della Kalsa. È una complessa storia di rinascita dalle macerie. Letteralmente.

La storia del Foro Italico

Fino al XVI secolo la città di Palermo non presentava una vera “passeggiata a mare”. Le frequenti e violente mareggiate, d’altronde, costituivano un pericolo per un’area come quella fuori dalle antiche mura palermitane: non era certo un luogo per passeggiate per famiglie o per prendere una boccata d’aria in riva al mare. Solo nel 1582, il viceré Marco Antonio Colonna chiese l’istituzione di un’area dedicata, un lungomare appunto. È in questa direzione che è stata iniziata la costruzione di Porta Felice, con la strada del foro che venne chiamata – senza trattenere alcun intento autoreferenziale – Strada Colonna. 

Solo l’anno prima, lo stesso viceré aveva fatto prolungare la via Toledo, ovvero il Cassaro, un’arteria cittadina che raggiungeva la Marina. L’area dell’odierno Foro Italico non fu altro che una modesta strada costiera fino al 1734. Le guerre, le incursioni e gli attacchi dal mare non avrebbero messo tra le priorità – e neanche tra i piani dell’amministrazione – una passeggiata sul mare. Nella seconda parte del XVIII secolo il foro subì delle opere di abbellimento. 

Nomi diversi che da soli comunicano una storia, quella palermitana, che cambia radicalmente. Il lungomare Colonna, infatti, venne chiamato Foro Borbonico; nel 1848 il Parlamento Siciliano cambiò il nome in Foro Italico. Dopo diversi decenni di tensioni e rivolte, intensificatesi a più riprese nel corso degli anni, la Sicilia aveva rifiutato il potere borbonico

Dopo l’assassinio di re Umberto I nel 1900, l’area prese il suo nome, anche se a Palermo tutti chiamano questa arteria sul mare sempre e solo “Foro Italico”. In 123 anni, evidentemente, il cambio di denominazione della strada non ha fatto breccia nel cuore di nessun cittadino. Ma come si arriva quel parco verde che conosciamo oggi?

I bombardamenti della seconda guerra mondiale

La zona del Foro Italico si estende dalla Cala a Villa Giulia, quest’ultima uno degli innumerevoli interventi di arricchimento e abbellimento settecenteschi di questa estensione del centro storico. Le coste palermitane, quelle corrispondenti al centro storico, e quindi quelle nei pressi e in corrispondenza del porto, furono pesantemente bombardate durante la Seconda guerra mondiale. Sulle acque oltre la strada che rappresentava il lungomare del Foro Umberto (fa strano chiamarlo così), vennero ammassati i detriti edilizi dei devastanti bombardamenti alleati.

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I ricercatori Samuel Romeo e Wilfried Rothier, che hanno pubblicato il volume Bombardamenti su Palermo, un racconto per immagini, descrivono uno scenario apocalittico, come quello che lascia ogni conflitto armato. «All’indomani della guerra, il paesaggio urbano di Palermo si presentò completamente devastato e intasato dalle macerie degli edifici colpiti (il 42 per cento del centro storico era distrutto). Il governo Alleato, approfittando del nuovo piano regolatore della città, decise di riversare tutte le macerie nel tratto di mare di fronte al Foro Italico».

Ad oggi non si conosce con precisione la portata distruttiva di quei bombardamenti e, quindi, la quantità di macerie recuperate e ammassate a mare. Si legge tra i dati del “Bollettino dell’Ordine degli Ingegneri della provincia di Palermo” datato settembre 1952: «Durante tutto il periodo della guerra furono lanciate sulla città circa diecimila bombe, di cui ottomila esplose. […] Il bersaglio preso maggiormente di mira fu il porto, gli altri rioni della città, benché non siano stati danneggiati nella stessa misura, tuttavia hanno subito danni assai notevoli. […] Dalle più attendibili statistiche fatte dagli Uffici pubblici competenti, è risultato che su 260.000 vani abitati prima della guerra, più della metà sono andati distrutti o gravemente danneggiati».

Da discarica a parco giochi: la rinascita del Foro Italico

In quella Palermo ridotta per metà in polvere, la bonifica fu affidata al governo militare alleato. Non mancarono gravi abusi e speculazioni. Il piccone degli sciacalli e degli affaristi senza scrupoli riuscì a fare piazza pulita anche di edifici poco o per nulla danneggiati. L’alterazione fatale del paesaggio costiero palermitano, dal Foro Italico a Sant’Erasmo, con lo sversamento di tonnellate di macerie, è attribuita da diversi studiosi al generale George Patton, al tenente colonnello Charles Poletti ed al sindaco Lucio Tasca Bordonaro. Pare che,  secondo questo triumvirato, con questa decisione «Palermo avrebbe avuto un bel giardino sul mare».

Quella distesa che possiamo definire “ex discarica del Foro Italico”, sarebbe diventata uno spiazzo polveroso e occupato stabilmente per una grossa parte da giostrai e, in parte, anche da nomadi. Solo nel 2000 la vasta area è stata oggetto di recupero con la creazione di quel giardino previsto dal comando delle truppe alleate nel Dopoguerra. 

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Anche se gli americani non hanno realizzato nell’immediato il giardino sul mare, in compenso, hanno solcato i mari proprio di fronte al Foro Italico nel corso dei decenni successivi, come testimoniano le foto che ritraggono gigantesche portaerei e imponenti imbarcazioni della US Navy a largo della costa palermitana. Sotto quel prato sul quale migliaia di famiglie si concedono un momento di relax domenicale, sono seppellite le macerie dei bombardamenti aerei, e chissà quanti effetti personali, ricordi e dolori di una città stremata. Oggi, a proiettare la propria ombra sul litorale della Kalsa, per fortuna, ci sono solo degli aquiloni colorati.

Copertina di Biblioteca Comunale di Palermo


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