Elezioni in Germania: chi sarà il nuovo cancelliere?

A pochi giorni dalle elezioni federali, i pronostici si spostano sempre più a sinistra e la Germania si prepara a un dopo Merkel rivoluzionario.


Mancano veramente pochi giorni ormai alle elezioni federali in Germania. Dopo quattro anni – quelli della normale durata della legislatura – domenica 26 settembre, i cittadini tedeschi torneranno alle urne per eleggere i membri del Bundestag, la prima camera del Parlamento. 

Il countdown per scoprire chi sarà il successore di Angela Merkel è dunque agli sgoccioli. E dopo una campagna elettorale condotta in piena pandemia, i leader politici dei partiti tedeschi si preparano a raccogliere il testimone della più grande statista europea dell’ultimo ventennio.

Come si vota

A determinare la fisionomia del nuovo parlamento, e dunque le sorti del futuro governo tedesco, saranno le preferenze di circa 60 milioni di elettori. Il sistema elettorale tedesco è essenzialmente proporzionale, con un elemento maggioritario di non poco conto. 

Gli elettori, infatti, dispongono di due voti. Con il cosiddetto primo voto (“Erststimme”) eleggono direttamente un candidato del loro rispettivo collegio elettorale. La Germania è suddivisa in 299 collegi elettorali in ognuno dei quali vivono circa 250.000 cittadini tedeschi. Il candidato che vince uno dei 299 collegi ottiene un seggio in Parlamento. Una metà dei seggi del Bundestag – che sarebbero in totale 598 (salva l’attribuzione di seggi compensativi, dovuti al complicato meccanismo di voto) – viene assegnata con metodo maggioritario, tramite collegi uninominali, a salvaguardia del rapporto diretto elettore-eletto (First past the post, per dirla all’americana). 

L’altra metà dei seggi è invece rimessa al secondo voto (“Zweitstimme”), tramite il quale gli elettori scelgono un determinato partito. Con la seconda votazione, in pratica, entra in campo il proporzionale. Lo Zweitstimme determina infatti la percentuale di preferenze che ogni partito ottiene in Parlamento, e sulla base della quale vengono assegnati i seggi rimanenti. I posti vengono distribuiti tra i partiti che, nelle liste bloccate presentate nei 16 Länder, superano la soglia del 5% dei secondi voti.

Chi elegge il cancelliere

È il Bundestag, l’organo del potere legislativo, a eleggere il cancelliere – il capo dell’esecutivo – che nomina i singoli ministri e detta la linea politica di governo. All’inizio della campagna elettorale, ciascun partito sceglie il suo candidato alla cancelleria. Al termine delle elezioni, il partito vincitore avvia i colloqui con gli altri partiti al fine di formare una coalizione che detenga la maggioranza assoluta nel Bundestag.

Individuata la coalizione, i partiti coinvolti si accordano sul programma di governo e, soprattutto, sul nome del cancelliere (che è espressione solitamente del partito più votato). 

Alla loro prima sessione, i membri del Bundestag appena eletto votano per il nuovo cancelliere, a scrutinio segreto. È il Presidente federale a proporre un candidato. E, anche se giuridicamente non ne è obbligato, suggerisce di solito la persona che i partiti hanno individuato nei colloqui di coalizione. Se il candidato ottiene la maggioranza assoluta dei voti nel primo turno di votazioni (cosa finora sempre successa), il Presidente lo dichiara cancelliere. 

I candidati

A giocarsi la partita della cancelleria, in questa tornata elettorale, saranno essenzialmente in tre: il nuovo segretario della CDU, Armin Laschet, la leader dei Verdi, Annalena Baerbock, e il già vice cancelliere e rappresentante del partito socialdemocratico (SPD), Olaf Scholz.

Eletto lo scorso gennaio come nuova guida della CDU di Angela Merkel, il moderato Armin Laschet, classe 1961, dovrebbe essere il volto della continuità e porsi in linea con la politica merkeliena, sia all’interno che all’estero. Il governatore del Nord-Reno Vestfalia si è detto infatti favorevole alla politica di accoglienza dei migranti sostenuta da Merkel, e ha rimarcato il suo impegno nella lotta contro il terrorismo e per la sicurezza nazionale. Da europeista convinto, dovrebbe anche adoperarsi per un rafforzamento dei rapporti con le istituzioni UE.

Annalena Baerbock rappresenta la “novità” di questa campagna elettorale. Nata nel 1980, è la candidata del partito dei Verdi che, per la prima volta, aspira al governo tedesco. Deputata dal 2013 e guida dei Verdi – assieme a Robert Habeck – dal 2018, è stata protagonista del processo di cambiamento e di ascesa del suo partito che, abbandonando il radicalismo delle origini e adottando una linea decisamente più equilibrata di stampo progressista, ha registrato negli ultimi anni un notevole aumento di consensi. Diritti civili, Europa, difesa comune, ambiente ed economia circolare sono i temi di cui si è resa portavoce e che caratterizzano il programma politico “verde”.

Ministro delle finanze e vicecancelliere di Merkel, Olaf Scholz è invece il candidato dell’SPD. Esponente dell’ala conservatrice del suo partito, è sempre stato vicino alle posizioni della cancelliera e fa leva, adesso, sull’esperienza. Il suo programma, però, è chiaramente orientato a sinistra e si fonda essenzialmente sulla riforma del fisco (con la reintroduzione della patrimoniale) e l’introduzione di una serie di misure sociali e di alleviamento della povertà, tra cui l’innalzamento del salario minimo e una sorta di reddito di cittadinanza. Moderato e rassicurante, sembra essere lui la vera sorpresa dell’ultim’ora.

I pronostici

Stando ai sondaggi dei mesi scorsi, il testa a testa per la cancelleria avrebbe dovuto essere tra Laschet e Baerbock. Il primo, forte della promessa di continuità con la politica della cancelliera uscente e del suo “lascito” di consensi; la seconda, fautrice della “volata” del partito rivelazione, da molti considerato come super favorito nella corsa al governo.

Nelle ultime settimane, invece – complici forse le gaffe di Laschet nei giorni dell’alluvione dello scorso luglio e il calo di consenso della candidata verde, dovuto presumibilmente ad alcuni errori di comunicazione e mancanza di trasparenza – i sondaggi hanno inaspettatamente premiato Scholz, che viene adesso indicato come preferito dal 30% dei tedeschi, prima di Baerbock (15%) e Laschet (11%). 

Anche il primo confronto televisivo tra i candidati, tenutosi il 31 agosto scorso, sarebbe stato vinto nettamente da Scholz. Sempre secondo le ultime previsioni, poi, il partito socialdemocratico sarebbe in netta rimonta (26%) e avrebbe superato l’Unione CDU-CSU (20%). 

Se davvero queste proiezioni dovessero avverarsi, la Germania dovrebbe dunque fare a meno della “Grande Coalizione” tra CDU-CSU e SPD. E la vera notizia, a quel punto, non sarebbe la “rivincita” del partito socialdemocratico, e neppure l’eventuale ascesa dei Verdi, quanto piuttosto la disfatta (e l’assenza al governo) della formazione politica che ha dominato lo scenario politico tedesco per più di quindici anni.

Stando ai pronostici, questa possibilità è poco lontana dal divenire realtà. Al momento, infatti, la strada ritenuta più probabile per la formazione del nuovo governo è quella di una coalizione tra SPD, Verdi e Die Linke, partito della sinistra radicale. Naturalmente, con Scholz cancelliere. 

Negli ultimi anni, il partito socialdemocratico si è spostato sempre più a sinistra e, benché abbia sempre rifiutato la possibilità di una coalizione con Die Linke, perché troppo radicale, potrebbe trovarsi d’accordo con alcuni punti del suo programma, come la reintroduzione della tassa sulla ricchezza; tassa voluta, peraltro, anche dai Verdi, con i quali l’SPD potrebbe raggiungere più facilmente un accordo. 

Considerati i consensi di cui i Verdi godono tra l’elettorato tedesco, a prescindere da chi assumerà il ruolo di cancelliere, è molto probabile che saranno proprio loro i principali interlocutori del partito socialista, in caso di vittoria. 

Sembra che la ventata di cambiamento prevista in Germania dopo il voto di domenica prossima, dunque, potrebbe non dipendere solamente dall’addio di Angela Merkel, ma dal radicale cambio di rotta verso sinistra che i tedeschi potrebbero trovarsi davanti al termine delle elezioni; una vera rivoluzione, dopo tanti anni di continuità politica.


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