Pensioni e Quota 100, le opzioni sul tavolo

A pochi mesi dalla scadenza della Quota 100, il governo prevede un confronto con le parti sociali per l’individuazione di soluzioni alternative.


Per il 31 dicembre 2021 è prevista la scadenza della misura previdenziale pensionistica Quota 100 e il governo Draghi dovrà confrontarsi con le parti sociali per trovare alternative di flessibilità in uscita. La via possibile che l’esecutivo sta valutando è quella della sua definitiva sostituzione con misure alternative e interventi mirati a categorie particolari di lavori gravosi. Nell’agenda politica la questione non è ancora stata affrontata, ma la scadenza imminente non può redimere le forze politiche dalla sua trattazione. 

La misura di flessibilità pensionistica è stata introdotta in via sperimentale per il triennio 2019-2021 e concede la possibilità ai lavoratori dipendenti e autonomi – a eccezione dei liberi professionisti – di conseguire il diritto alla pensione anticipata qualora vengano raggiunti alcuni requisiti specifici: un’età anagrafica minima di 62 anni e un’anzianità contributiva minima di 38 anni. Precisiamo che il diritto conseguito entro la scadenza, ovvero entro il 31 dicembre 2021, può essere fatto valere anche successivamente tale data. 

In una prima bozza predisposta dal governo Draghi era ravvisabile l’intento di non prorogare né confermare come stabile Quota 100. Il motivo alla base è da individuare nel fatto che la misura è stata pensata come una scappatoia dalla Riforma Fornero e che, dunque, in buona sostanza, non risolve la questione legata alla flessibilità in uscita né tiene in considerazione categorie di lavoratori fragili che avrebbero bisogno di requisiti di accesso agevolati. L’intento del governo è, invece, quello di un confronto con le parti sociali per l’individuazione di soluzioni alternative per la flessibilità in uscita, che devono andare a sostituire la misura in oggetto. 

Si parla difatti, da circa un mese, del “dopo Quota 100”. Il riferimento nei documenti al piano di riforme, richiesto anche dall’Unione Europea (UE), in materia previdenziale, è stato poi eliminato e non inserito nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) poiché la questione coinvolge più parti politiche che avrebbero potuto ritardare la presentazione del documento alla Commissione Europea. 

La scelta momentanea di eliminare la trattazione della materia pensionistica non solleva il nostro governo dalla responsabilità di trovare una linea comune per l’introduzione di nuove misure per consentire ai lavoratori l’uscita dal mondo del lavoro, incentivando il ricambio generazionale. 

La necessità di individuare nuove ipotesi di intervento in tema previdenziale e pensionistico, che vadano a sostituire Quota 100, è anche legata a un vuoto di cinque anni che si verrebbe a creare in termini di età anagrafica: si passerebbe dal requisito dei 62 anni di età della pensione anticipata al solo requisito dei 67 anni di età della tradizionale pensione di vecchiaia, ferma restando la possibilità di accedere, per chi ne ha i requisiti, all’Ape sociale e all’Opzione donna, altre due misure di flessibilità per l’accesso alla pensione. 

Nell’ipotesi, sempre più reale, di uno stop a Quota 100, forze politiche e sociali concordano nell’urgenza di individuare una misura sostitutiva che eviti un blocco del pensionamento.

I temi da affrontare, però, non saranno focalizzati soltanto su Quota 100: il governo Draghi dovrà anche confrontarsi sui criteri di accesso alla misura previdenziale per i lavoratori che svolgono mansioni usuranti, sull’Ape sociale, sull’Opzione donna e sulla possibilità di agevolare l’accesso al pensionamento alle lavoratrici madri. 

Quella che si prospetta è una riforma strutturale che dovrà tenere conto delle richieste dell’Unione Europea, dei finanziamenti previsti nel PNRR (che, se approvati e utilizzati per bene, dovrebbero permettere al nostro Paese di respirare), del ricambio generazionale, della crisi post pandemia e di tutti i valori che normalmente incidono sulla questione pensione, ovvero prospettiva di vita, età anagrafica, coefficienti di trasformazione e Pil. 

Il confronto attorno al tavolo delle trattative è tuttora aperto: i sindacati spingono alla conferma di soluzioni che mantengano il requisito dei 62 anni di età per l’accesso alla pensione o, in alternativa, il riconoscimento di un requisito pari a 41 anni di contribuzione a prescindere dall’età anagrafica, la cosiddetta Quota 41. 

L’urgenza per i sindacati è quella di vedere confermate queste opzioni, almeno per il 2022, in sostituzione a Quota 100, perché una riforma strutturale, così come pensata da Mario Draghi, richiederebbe tempi maggiori rispetto alla scadenza del 31 dicembre 2021 e lascerebbe un vuoto preoccupante. 


Fonti utili:
https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/pensioni/quotidiano/2021/03/19/quota-100-scenari-flessibilita-uscita-lavoro-evitare-scalone
https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/pensioni/quotidiano/2021/02/12/pensioni-scelte-difficili-quota-100


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