concerto di berlino, crollo del muro

Concerti che avvicinano, quando la Berliner Philharmoniker riunì la Germania

In un momento delicato come questo con la crisi del Medio Oriente, dove qualunque gesto diventa divisivo e “di parte”, vogliamo ricordare un evento che ha portato come stendardo ideologico l’umanità nella Germania all’indomani della caduta del Muro. 


Ciò che l’uomo e le sue politiche spesso divide, l’arte solitamente unisce. Così ha fatto la musica quasi sempre nella storia, ma vogliamo ricordare un evento in particolare. Dove prima una divisione netta eretta da un muro che divideva famiglie e cuori con la stessa lingua, cadendo le prime pietre, la musica ha fatto da collante umano.

Parliamo di un concerto a pochi giorni dalla caduta del muro di Berlino. Era il 12 novembre 1989 e tutta la Germania si ritrovò a festeggiare la riunificazione con due concerti leggendari. Uno è senz’altro quello rock nella Deutschlandhalle in cui parteciparono artisti come Udo Lindenberg, Ulla Meinecke, Konstantin Wecker, Joe Cocker, die Toten Hosen e altri, in cui parteciparono più di 50mila persone.

Il concerto di benvenuto della Berliner Philharmoniker

L’altro concerto, che è quello su cui ci concentreremo, era di musica classica. Daniel Barenboim, direttore d’orchestra argentino con cittadinanza spagnola, israeliana e palestinese decise insieme alla Berliner Philharmoniker di organizzare un concerto gratuito di benvenuto ai cittadini della DDR, che dovevano solo mostrare il passaporto. Con una preparazione di 64 ore, è stato uno dei concerti più toccanti della storia dei Filarmonici. 

Il programma prevedeva il Primo Concerto per pianoforte e la Settima Sinfonia di Beethoven, ma prima venne eseguito da solista il Concerto n. 1 di Beethoven, proprio dallo stesso Daniel Barenboim: «Stavo registrando con l’Orchestra Filarmonica di Berlino a Berlino Ovest quando è caduto il muro. Quando sono arrivato in studio di registrazione venerdì 10 novembre ho discusso con i musicisti, che erano in uno stato di grande eccitazione, cosa avremmo potuto fare per celebrare l’evento? Avevamo programmato un concerto gratuito la domenica sera esclusivamente per i cittadini della Germania dell’Est, della 7a di Beethoven, una decisione puramente pratica perché ci eravamo esercitati per la registrazione».

«Umanamente e politicamente è stato bellissimo. Un’atmosfera simile non si ripeterà mai più», ha detto Alexander Wedow, un violoncellista che allora faceva parte dell’orchestra. Chi era presente a quella serata ricorda l’evento come un’esplosione di energia salvifica, fatta di gioia e fratellanza, un ondeggiare tra musicisti e spettatori.

La fila che si formò per entrare alla Philharmonie, cominciò già alle 4 del mattino e arrivò a circondare tutto l’edificio: molti di loro non erano mai andati al di là del muro. Finalmente riunite dopo 30 anni di separazione, si esaudì ciò che il giorno dell’inaugurazione della sala, un anno prima della costruzione del muro, venne proclamato essere il senso di quest’edificio: un punto di raccolta per tutti i cittadini di Berlino.

Nessun atto politico, l’evento in Germania fu solo umanità

Il concerto non è da vedere assolutamente come atto politico, come ci tenne a precisare lo stesso direttore Barenboim intervistato giorni dopo questo evento, bensì come un atto umano. Ed è proprio bello ricordare queste parole oggi, dove gli atti politici prendono il sopravvento su quelli umani, dove l’inclusività viene maneggiata malamente. Le azioni spontanee nate dalla sola gioia di ritrovarsi uniti nella pace, sono le uniche degne di nota e, purtroppo, rimangono gesti molto rari quando non repressi da autorità ormai cieche, spinte solo dagli interessi personali. 

Uno degli ultimi progetti avviati dal direttore Barenboim, tornato nuovamente in Germania lasciando il suo ruolo di direzione musicale al Teatro alla Scala di Milano, è stata la creazione di un’Accademia musicale che si ispira all’esperienza della sua West-Eastern Divan Orchestra, un’orchestra sinfonica che unisce giovani musicisti professionisti provenienti da Israele e da diversi Paesi arabi, con lo scopo di favorire attraverso la musica classica il dialogo e la convivenza pacifica.

Inaugurata nel 2017, da allora porta avanti un vero e proprio messaggio di pace e speranza. Il direttore e pianista argentino-israeliano ha assicurato che il messaggio di pace che lui e i suoi collaboratori cercano di inviare da decenni insieme a diverse organizzazioni deve essere ascoltato ora “più forte che mai” nel mezzo del conflitto tra Israele e Hamas.

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