Sanremo 2024

Sanremo 2024 a tempo di cumbia, Angelina Mango vince la 74esima edizione del Festival

Anche quest’anno l’Italia ha avuto la sua settimana santa di Sanremo, o “una settimana di incoscienza” come ha detto Fiorello, in cui tutti i riflettori sono stati puntati soltanto sul Festival.


Un’edizione da record, sia per i cantanti giunti a 30, sia per lo share, arrivato fino al 67% e anche perché finalmente, dopo ben dieci anni, una donna è arrivata al primo posto. Con “La noia”, brano dal ritmo latino e un testo quasi esistenzialista, la giovanissima Angelina Mango vince la 74esimaedizione del Festival di Sanremo, oltre al premio della sala stampa Lucio Dalla e il premio come miglior composizione Giancarlo Bigazzi (insieme a Madame e Dardust). Al secondo posto Geolier con “i’pe me, tu pe’ te” e al terzo posto Annalisa con “Sinceramente”.

Nella prima serata si sono esibiti tutti e 30 i cantanti in gara, novità di questa edizione, e motivo in più per tenere in ostaggio gli spettatori per un’altra ora. Molti brani proposti sembrano tutti abbastanza orecchiabili, e in realtà si rivelano un po’ tutti uguali, complice il fatto che gli autori sono quasi sempre gli stessi che dominano ormai tutte le classifiche.

Molto spazio è stato dato ad artisti giovani già affermati, come Geolier o Fred De Palma, o che strizzano l’occhio a tormentoni estivi, come i The Kolors e Annalisa, e nuove proposte che arrivavano da “Sanremo giovani”. Anche Mahmood nel 2018 trovò il suo trampolino di lancio grazie alla vittoria nella categoria Giovani con “Gioventù bruciata”.

In questa edizione del Festival di Sanremo i veterani hanno proposto brani più freschi, come i Ricchi e Poveri con la ritmata “Ma non tutta la vita” e Loredana Bertè che si è distinta con il suo pezzo rock “Pazza”, una liberazione contro il giudizio e l’ipocrisia della gente, per amare sé stesse incondizionatamente. Quest’ultima si è aggiudicata il Premio della critica ‘Mia Martini’ rientrando nella top 10.

Oltre ai testi che parlano d’amore (alcuni un po’ ripetitivi) c’è stato spazio anche per la critica sociale, nelle canzoni di Dargen D’amico, sui migranti, e Ghali, sul concetto di casa e terra, che ogni sera hanno portato un messaggio ben preciso all’Ariston per chiedere il cessate il fuoco per fermare il genocidio in Palestina

La co-conduzione è stata affidata a Marco Mengoni, che si è dimostrato molto abile in questo ruolo, a suo agio, divertente e ironico con dei siparietti che hanno rivelato anche il lato comico del cantante, vincitore della scorsa edizione del festival.

Per la seconda serata si sono esibiti 15 dei cantanti in gara, eppure Amadeus è riuscito a far terminare tardi la serata. A complicare ulteriormente le presentazioni e a lanciare uno scandalo tra le star americane. La novità in questa edizione per la seconda e terza serata, è stata la presentazione dei 15 cantanti in gara dagli altri 15 cantanti, che avrebbero a loro volta presentato gli altri l’indomani. Non contento, il “dittatore” artistico ha deciso di ospitare John Travolta soltanto per pochi minuti, sufficienti ad arrivare al Ballo del qua qua insieme a Fiorello.

Nonostante il clima di leggerezza della kermesse non ci sarebbe dispiaciuta qualche domanda sulla carriera di John Travolta e sulla sua vita, che sarebbe risultata doverosa. Forse si sarebbero evitate tante battute e frecciatine verso l’attore che hanno riempito i buchi delle serate successive, soprattutto per la presenza di una co-conduttrice come Giorgia. Tra gli ospiti, che per via di scandali inutili è quasi sembrato passare in sordina, abbiamo visto un emozionante Giovanni Allevi, con un discorso potente e toccante come la sua esibizione al pianoforte dopo due anni di assenza. 

Tra i big si sono esibiti Clara, vincitrice di Sanremo giovani (più incomprensibile del napoletano di Geolier), Irama, che ha portato la solita ballad tra l’altro cantata sforzandosi in modo innaturale, il giovanissimo Alfa, che canta in modo dignitoso una canzone che invita ad andare avanti nonostante tutti gli ostacoli (uno tra questi, la probabile accusa di plagio, visto che il brano è identico a “run” dei One Republic). In quella serata si è esibito anche Mahmood con “tuta gold”, una tuta speciale che riesce a contenere perfino 5 cellulari, e che entra in testa per una produzione urban e un testo che affronta un passato difficile.

Ed ecco nella terza serata gli altri 15 cantanti in gara, in cui si esibiscono giovani ancora acerbi per calcare quel palco, come Maninni, che vuole stare a metà tra il cantautorato e l’indie ma propone una ballad sempliciotta e troppo classica, o come Il tre che si concentra sulle proprie fragilità con un genere rap che però non porta niente di speciale. Anche Mr. Rain riprova a parlare di bambini senza portarsi un’intera scolaresca ma soltanto due altalene. 

Qualche novità dal gusto synth pop viene invece proposto dal duo Santi Francesi, vincitori di “X-Factor 2022”, che riescono a distinguersi con l’amore in bocca (e nelle orecchie). Diodato ritorna al festival dopo il successo di Fai rumore senza però farne tanto, passando un po’ in sordina proponendo “ti muovi” nello stesso genere di ballad cantautoriale, che però lascia sempre il segno grazie a un bridge emozionante e un finale catartico attraverso la sua voce intensa. 

Questa serata è stata co-condotta dall’irriverente Teresa Mannino, che non ha peli sulla lingua (erano tutti sui suoi vestiti), che si prende il posto che le spetta con la sua energia e proponendo forse il miglior monologo della kermesse, toccando temi come la salvaguardia dell’ambiente e la prevaricazione dell’uomo su tutti gli esseri viventi, ma anche, in modo sarcastico, della sua inutilità in altre specie. 

Questa puntata ha visto come grande ospite Russel Crowe, che si è esibito con la sua band e si è visto rivolgere domande interessanti sul suo ruolo da attore e il tour futuro, mentre mandava frecciatine al collega John Travolta per non aver firmato la liberatoria al ballo del qua qua.

Arriviamo alla quarta serata: una delle serate cover più belle degli ultimi anni. Era difficile che vincesse una canzone non meritevole, eppure ad Amadeus piacciono le sfide ed è riuscito anche in questo, nella sua ultima edizione. Si è aggiudicato il primo posto il rapper napoletano Geolier, che aveva proposto un medley invitando i rapper Gué, Luchè e il cantautore Gigi D’Alessio, che ha avuto un ruolo forse troppo marginale nell’esibizione.

In una serata con cover da brividi come quella di Annalisa con La Rappresentante di Lista in “Sweet Dreams”, Angelina Mango con la commovente interpretazione de “La rondine” di suo padre Pino Mango, le due generazioni che si passano il testimone con Alfa e Vecchioni o Ghali con il medley da “Italiano vero”, a vincere è stato, in sostanza, al televoto. D’altronde è il risultato della scelta non tecnica di premiare una cover togliendo la possibilità di voto all’orchestra.

Geolier, va ricordato, ha fatto record di vendite e ascolti nel 2023, ha una solida fanbase e viene ascoltato da sud a nord (come dichiara lui stesso) e non solo a Napoli. Nessun commento o disappunto deve sfociare nell’antimeridionalismo di cui sono spesso vittime tutti gli artisti del Sud non appena ottengono un minimo di successo. 

In tutto questo caos, se l’è cavata molto bene Lorella Cuccarini, che alla sua età è ancora in forma e lo ha dimostrato con balletti e mise stratosferici.

Giunti alla quinta ed ultima serata, si sono esibiti di nuovo tutti e 30 i cantanti in gara, fino ad arrivare allo svelamento degli artisti della top 5 per poi, dopo aver fatto votare casa, stampa e radio, decretare Angelina Mango la vincitrice della serata. Stavolta il co-conduttore è stato Fiorello. Si ferma a fare siparietti improvvisati con Ama sull’essere padri boomer, interroga i concorrenti su barre estemporanee e si lancia in balletti alla Michael Jackson. 

i 5 finalisti a Sanremo 2024

Come al solito, si è dato molto spazio ai tanti attori che popolano l’Ariston solo per promuovere la loro fiction Rai (spesso patriottica). Si è parlato dei diritti, come quelli dei lavoratori, ma non si è menzionato l’operaio caduto mentre montava un maxischermo per il festival; insomma, un festival che ha una patina di progresso ma che, con questo direttore artistico, si assicura comunque di non fare mai un passo troppo in là.

Per fortuna, nonostante il grande svantaggio di essere solo 8 (alla faccia della parità di genere), le donne hanno finalmente sbancato a questo festival, vincendo tutti i premi della critica e arrivando a due terzi nel podio finale, come non succedeva da troppi anni. Le donne si sono messe in gioco con generi, tematiche e voci diverse, non perdendo mai occasione di supportarsi a vicenda, come Fiorella Mannoia che con Mariposa ha vinto il premio Sergio Bardotti come miglior testo, dedicandolo all’emancipazione femminile e “a tutte le sorelle”, o Big Mama che ha invitato ad accettarci così come siamo, a chiedere aiuto e a denunciare.

Le donne in gara e le co-conduttrici hanno dimostrato di essere in grado di fare tutto da sole, di essere innovative, divertenti e in gamba. Forse è arrivata l’ora di lasciare tutto in mano a loro l’anno prossimo e vedere che succede. E montare su un festival che si possa rivolgere a tutti gli italiani, anche quelli veri.

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