recessione, crisi economica

Regno Unito, Giappone e Germania in crisi

I recenti dati pubblicati riguardo l’andamento del Pil nell’ultimo trimestre del 2023 mostrano tre grandi economie in recessione: Regno Unito, Germania e Giappone.


Se erroneamente ci riferissimo all’economia inglese come all’economia della Gran Bretagna, sarebbe facilmente servito un titolo ad effetto come “le tre G della recessione”, considerando anche Giappone e Germania nel terzetto.

Sebbene la condizione di recessione tecnica – cioè di una decrescita per due trimestri consecutivi – accomuni i tre Paesi, le cause sottostanti a questo stato sono simili soltanto in parte. Analizziamo innanzitutto i dati e lasciamo ad un secondo momento la verifica delle cause. 

Il prodotto interno lordo (Pil) del Regno Unito è calato per due trimestri consecutivi nell’anno 2023: nel terzo e nel quarto trimestre. Nel terzo trimestre, la sua economia si è contratta dello 0,1%; nell’ultimo trimestre la contrazione è stata più corposa, segnando una riduzione dello 0,3%. Nel complesso il Pil del Paese è cresciuto, nell’anno 2023, di appena lo 0,1%, mostrando i segni di quella che a tutti gli effetti può essere considerata una stasi, una stagnazione.

Come il Pil inglese, quello giapponese ha presentato due trimestri consecutivi di contrazione, anche in questo caso il terzo e il quarto. Nel terzo trimestre, il calo è stato netto, segnando una brusca frenata dello 0,8%; mentre nel quarto, la diminuzione è stata lieve, anche se del tutto inattesa, di appena lo 0,1%. Nonostante il rallentamento dei due trimestri, la crescita complessiva del Paese, nell’anno 2023, ha segnato un sostanzioso 1,9% rispetto all’anno precedente.

Snocciolando, infine, i dati della crescita teutonica, anche in questo caso è presente una contrazione del terzo e del quarto trimestre dell’anno 2023. Il terzo trimestre ha mostrato un calo dello 0,1%; il quarto ha segnato una contrazione dello 0,3%. Il Pil tedesco per il 2023 ha chiuso con una decrescita complessiva dello 0,3% e le previsioni per il 2024 non sono rosee. Di recente, è stata rettificata la previsione di crescita del Governo tedesco che, adesso, prevede un miglioramento di appena lo 0,2%.

Al netto dell’analogia dovuta alla recessione tecnica delle tre economie in questione, le differenze fra le cause sono notevoli. Per quel che concerne l’economia tedesca, abbiamo già analizzato in passato le cause di questa forte stagnazione dovuta principalmente, anche se non esclusivamente, a un modello di sviluppo collegato a due economie adesso meno performanti del passato, per ragioni diverse: l’economia russa e quella cinese. La Germania faticherà per riorientare un modello di sviluppo che prescinda da questi due Paesi e potrà solo con difficoltà, e con l’aiuto dei Paesi europei, venirne fuori. 

L’economia inglese, dopo gli anni della pandemia, inizia a mostrare gli effetti dell’uscita dall’Unione Europea. Una recente analisi pubblicata da Goldman Sachs imputerebbe un calo del 5% della crescita del Regno Unito rispetto ad economie simili agli effetti dovuti alla Brexit. L’uscita dal mercato comune, secondo questa analisi, avrebbe determinato un abbandono di imprese e capitali e avrebbe creato una notevole mancanza di manodopera necessaria per l’economia inglese. A queste difficoltà si sarebbero aggiunte quelle commerciali, dovute al riposizionamento dell’economia inglese rispetto a quella europea che, comunque, continua a rappresentare il principale partner commerciale britannico. 

Il convitato di pietra per entrambe le economie europee è rappresentato dalla forte esplosione dell’inflazione, per contrastare la quale le banche centrali hanno messo in atto una politica monetaria fortemente restrittiva che ha smorzato fortemente i consumi, gli investimenti e quindi la crescita. Per altro, il 2024 non prevede un rallentamento delle restrizioni in questo campo a causa della persistenza dell’inflazione in questi Paesi e, in particolare, in Germania. La Banca Centrale Europea si trova così in una situazione complessa nella quale la maggiore economia dell’area mostra una persistenza inflattiva, mentre le altre economie dell’Euro scivolano verso una forte disinflazione: sarà difficile contemperare un’unica politica monetaria in una situazione economica fortemente divergente.

Il Giappone rispetto all’Europa mostra una situazione diametralmente opposta. L’inflazione non è mai realmente partita e la politica monetaria continua a essere espansiva quasi al livello pandemico. Nonostante una politica fiscale che dovrebbe incentivare consumi e investimenti, questi risultano in calo, determinando l’andamento recessivo dei due trimestri del 2023. 

Le ragioni che possono spiegare questo particolare rallentamento dei consumi e degli investimenti – oltre quelle endogene tipiche dell’economia nipponica legate al forte invecchiamento della popolazione e a uno stile di vita diverso da quello europeo e americano – vanno ricercate probabilmente nella forte attrattività per il risparmio locale dei notevoli rendimenti esteri, con gli effetti che ciò determina. Un’altra causa potrebbe essere la forte tensione economica, commerciale e politica che si va sempre più acuendo nell’area del pacifico e al nuovo confronto fra economia statunitense e cinese. Una guerra commerciale preludio di una nuova guerra fredda.

In conclusione, sebbene in presenza di effetti simili, le condizioni causali delle recessioni di quelle che enfaticamente abbiamo definito le “tre G” presentano profonde differenze. Ciò che potrebbe essere interessante è verificare che, nonostante difficoltà globali comuni, simili a quelle affrontate dai Paesi analizzati, un’economia come quella statunitense stia pressoché schivando ogni forma di recessione e mostri fondamenta più solide e resilienti rispetto a quelle degli altri partner occidentali. Le cause di questa solidità e resilienza andrebbero maggiormente indagate.

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