Supercoppa italiana: «il calcio non fa politica»?

Di Daniele Compagno – La Supercoppa italiana, ufficialmente Supercoppa di Lega, è una competizione calcistica per club istituita nel 1988. Nell’edizione di quest’anno non si sono risparmiate le polemiche in merito alla scelta della location e al caso “donne allo stadio” che ha suscitato diversi malumori.

Ideata per creare una competizione che mettesse annualmente di fronte il club campione d’Italia e quello vincitore della Coppa Italia, la Supercoppa italiana prevede che, nel caso in cui nella stessa stagione un club detenga entrambi i trofei, essa si disputi tra quest’ultimo e la squadra finalista sconfitta della Coppa Italia (come successo quest’anno, con la Juventus campione d’Italia 17-18 ed il Milan squadra sconfitta nella finale di Coppa Italia, sempre appunto dalla Juventus).

maldini-supercoppaAl 2017 sono state disputate 30 edizioni del torneo che ha visto 9 vincitori diversi e il record di vittorie condiviso tra Juventus e Milan, entrambe vincitrici di 7 edizioni ciascuna. Lo stadio Giuseppe Meazza di Milano ha fin qui ospitato il maggior numero di finali (undici). Dietro lo stadio meneghino ci sono il  “vecchio” Delle Alpi di Torino, teatro di quattro finali, come anche l’Olimpico di Roma.

Dal 1991 la sede di gara della Supercoppa italiana è stato usualmente privilegio dell’impianto casalingo della formazione campione d’Italia. È però spesso accaduto che la Lega Calcio derogasse a questa consuetudine: qualora si presentasse l’occasione di disputare la sfida in campo neutro, ospiti di una Nazione straniera (la manifestazione ha infatti varcato in alcune edizioni i confini italici, per essere disputata negli Stati Uniti, in Libia, in Cina e in Qatar) oppure, per decisione federale, in casa della detentrice della Coppa Italia.

L’ultima decisione, recentemente confermata, è stata quella di disputare la Supercoppa italiana 2019 in Arabia Saudita, a Jeddah, cosa che ha scatenato non poche polemiche.

809358247c85173306793e10de9c7e06Tutto parte dal dato di vendita di biglietti: già staccati 50 dei 60 mila tagliandi del King Abdullah Sports City Stadium, dove ci sarà un settore per soli uomini e un settore per uomini e donne, e secondo le usanze della dinastia wahabita le donne dovrebbero poter andare solo se accompagnate da un uomo. «La Federcalcio blocchi subito questo schifo dei biglietti, non si può giocare in un Paese che discrimina le donne», attacca Giorgia Meloni, riaprendo una polemica rimasta sotto traccia nelle settimane scorse.

La protesta aumenta e cominciano le prime tensioni fra calcio e politica, quest’ultima unita sullo stesso fronte. Laura Boldrini tuona: «Non scherziamo, se ne occupi la vigilanza Rai vietando la diretta tv». Poi l’affondo di Salvini, che prima definisce la scelta «una schifezza», poi lancia il suo affondo: «sensibilizzerò la Lega a riconsiderare questa decisione. Un Paese che non consente alle donne di andare allo stadio da sole non è civile: è retrogrado, illiberale e non merita il marchio storico di Juve, Milan e dell’Italia».

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Il Presidente della Lega, Gaetano Miccichè

Ma è proprio sul concetto di marchio – al di là del pesante attacco diplomatico del vicepremier Salvini – che ruota la difesa della Lega di A. «Dopo il caso Khashoggi, doverosamente ci siamo interrogati» e consultati con l’ambasciatore italiano a Riad: «Il calcio non fa politica, fa parte del sistema culturale ed economico italiano e non può avere logiche, soprattutto nelle relazioni internazionali, diverse da quelle dell’Italia.

L’Arabia Saudita è il maggior partner commerciale italiano nell’area mediorientale, con decine di importanti aziende italiane che esportano e operano in loco: non possiamo fare scelte che non rispecchiano il sistema Paese», ammette il presidente Gaetano Miccichè, il quale però ha soprattutto spiegato le considerazioni fatte a giugno al momento della firma di un accordo da 21 milioni per tre edizioni (quella del 16 gennaio è solo la prima).

161733553-0d54268f-1840-409e-8abf-f4294f0c77a4Ma c’è la questione delle donne. È vero che un settore sarà esclusivo per gli uomini, ma le donne saudite «potranno assistere per la prima volta a una partita internazionale, e potranno farlo anche da sole». Lettura confermata dall’ambasciata saudita in Italia. «Sì, potranno andare da sole».

Meloni chiede a quel punto che la Farnesina chiarisca cosa possano fare e non fare le donne, locali e occidentali, mentre emerge che le tifose in arrivo dall’Italia non avranno l’obbligo di portare il velo. Insomma, una discriminazione o un piccolo passo in avanti nelle minime aperture del principe ereditario Bin Salman?

Ma è di tre giorni fa la notizia che la Lega Serie A ha diffuso un comunicato scritto dal suo presidente Gaetano Micciché in seguito alle polemiche per i settori riservati agli uomini nello stadio di Jeddah, dove il 16 gennaio Juventus e Milan giocheranno la Supercoppa italiana. Micciché ha scritto che la Lega Serie A ha avuto il benestare di FIFA e UEFA per andare a giocare in un paese con «proprie leggi sedimentate da anni, dove tradizioni locali impongono vincoli che non possono essere cambiati dal giorno alla notte» e che da anni «è il maggior partner commerciale italiano nell’area mediorientale, con nostri connazionali che ci lavorano, e nessuno di tali rapporti è stato interrotto». 

Micciché conclude il comunicato scrivendo: «Ogni cambiamento richiede tempo, pazienza e volontà di confronto con mondi distanti. Fino allo scorso anno le donne non potevano assistere ad alcun evento sportivo, da pochi mesi hanno accesso ad ampi settori dello stadio, che hanno iniziato a frequentare con entusiasmo, e noi stiamo lavorando per far sì che nelle prossime edizioni che giocheremo in quel Paese possano accedere in tutti i posti dello stadio.

E voglio precisare che le donne potranno entrare da sole alla partita senza nessun accompagnatore uomo, come scritto erroneamente da chi vuole strumentalizzare il tema: la nostra Supercoppa sarà ricordata dalla storia come la prima competizione ufficiale internazionale a cui le donne saudite potranno assistere dal vivo».

Insomma, una polemica infinita che forse sembra esser giunta a conclusione, ovvero con la presenza di uomini e donne allo stadio assieme, senza nessun accompagnamento forzato, a tifare la propria squadra del cuore. Perché alla fine lo sport, e in questo caso il calcio, è questo: avvicinare la gente, le famiglie, i bambini – di qualsiasi sesso, razza, religione – in uno stadio e passare 90 minuti di svago e divertimento.


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