Francia: tra i due litiganti il terzo (la Sinistra) tace

Nella sera di domenica 23 aprile Emmanuel Macron e Marine Le Pen si aggiudicano il primo round su tutti i candidati alle presidenziali francesi e passano al secondo turno. Defilato e lontano da festeggiamenti elettorali e bandiere che sventolano al Vive la France! è rimasto il 19,6% di Jean-Luc Mélenchon. Le parole post-delusione del politico della Gauche hanno causato polemiche tra i suoi sostenitori e chi si aspettava un’aggressione a priori contro il pericolo lepenista. Il candidato della Francia ribelle non ha dato istruzioni di voto per il secondo turno delle elezioni presidenziali. Mélenchon non è salito su un carro trionfale, non ha appoggiato apertamente un “ovvio” Macron. Non una parola. Non un segno di vita nonostante le richieste degli elettori e le lamentele dalla Sinistra

Subito dopo i risultati elettorali del primo turno delle presidenziali, Mélenchon lascia “libera scelta” ai suoi sostenitori, con la prudenza necessaria a non ferire nessun elettore della sinistra. Sono tre le scelte possibili per un supporto quantomeno “sincero” e fedele al ribelle JLM: voto bianco, astensione o – se è proprio necessario esprimere un nome – Macron. È evidente come si voglia evitare la fuga di voti verso un candidato – proprio Macron – ben disposto alle larghe intese, e allo stesso tempo fare in modo che “non un voto vada al Front National”.

Il manager della campagna elettorale di Mélenchon, Manuel Bompard, ha provato a salvare il salvabile parlando a una conferenza post voto – alla quale non era presente il (fu) candidato presidente – di una “consultazione aperta ai militanti” sulle mosse successive al secondo turno, indipendentemente dallo scenario che si presenterà a ballottaggio concluso. Bompard ha anche dichiarato che “Jean-Luc sta rispettando gli impegni che sono stati presi con l’elettorato, senza tradire nessuno”. Con questa linea, indicata a milioni di persone che avevano riposto le proprie speranze in Mélenchon, la sinistra radicale vuole mantenersi distante dagli “inciuci” e dalle urne. Una purezza che si paga cara al governo che verrà formato, qualunque esso sarà.

Il team JLM ha annunciato che non darà alcuna istruzione prima del secondo turno. Irritati i Comunisti francesi per la lotta inconsistente che si è fatta e si sta facendo per distruggere l’ascesa della destra “muscolare” (e bionda). Una conferma, questo rinchiudersi nel guscio, dell’impotenza del partito tradizionale – in generale di tutti, a vedere i risultati che hanno premiato Macron e Le Pen – davanti le sfide poste da “eccezioni” politiche: indipendenti o sedicenti tali e anomalie estremiste che hanno la meglio sui grandi schieramenti classici. Sconfitte elettorali e morali che sfaldano persino la schiera dei ribelli di Mélenchon e gli amici Comunisti.

Che la delusione di questo primo turno abbia ammutolito l’abile oratore Mélenchon? In realtà se l’è cavata più che bene con i suoi quasi 7 milioni di voti ottenuti, certamente non abbastanza per competere ai vertici. Ma le campane francesi più ragionevoli suggeriscono motivi prettamente politici dietro queste mosse-non-mosse. Tutta un’uscita di scena melodrammatica per “rompere con la casta e dimostrare che non è di quel mondo”. D’altronde, scegliere un candidato al ballottaggio significherebbe appartenere al sistema. La priorità per Mélenchon è non essere imputato nei prossimi mesi di aver chiamato al voto i suoi elettori per sostenere Emmanuel Macron: sarebbe la catastrofe, e adieu Revolution!

Daniele Monteleone


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