Al Riso di Palermo la mostra di Sasha Vinci, “La gravità delle forze nascoste”

Il 20 dicembre l’artista Sasha Vinci ha presentato “La gravità delle forze nascoste”, un progetto a cura di Serena Ribaudo, che si pone come omaggio alla città di Palermo, esplorandone il tessuto urbano e sociale, attraverso un’esperienza artistica multisensoriale.


Alla Cappella dell’Incoronata, una delle sedi del Museo Regionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Palermo, il 20 dicembre l’artista siciliano Sasha Vinci ha presentato per la prima volta “La gravità delle forze nascoste”, un progetto inedito a cura di Serena Ribaudo, che si pone come omaggio e dichiarazione d’amore alla città di Palermo, esplorandone il tessuto urbano e sociale, attraverso un’esperienza artistica multisensoriale. Una mostra a cui si potrà partecipare fino al 20 gennaio 2024.

AFR Archivio Fotografico Riso foto – Fabio Sgroi

Il fondamento della ricerca di Sasha Vinci si basa sulla continua sperimentazione di differenti linguaggi artistici. Performance, scultura, disegno, pittura, scrittura, musica, sono espressioni che l’artista utilizza per creare opere da cui emerge un pensiero libero che si interroga sulle problematiche dell’esistente, per giungere ad una visione ampia e plurale. Dal 2012 al 2018 Vinci ha collaborato attivamente con l’artista Maria Grazia Galesi con la quale ha creato il duo Vinci/Galesi, dando vita alla Trilogia del Possibile: un progetto di arte pubblica e sociale che coinvolgeva attivamente i cittadini e le comunità. 

Nel 2008 è stato l’ideatore e il fondatore di SITE SPECIFIC, una realtà indipendente gestita dall’Associazione Culturale non-profit PASS/O. Un progetto ambizioso e di ampio respiro che trasforma la città di Scicli in un Teatro Vivo, un luogo in cui la creatività contemporanea può abitare ed esistere.

Nel gennaio del 2013, in collaborazione con altri professionisti, fonda S.E.M. (Spazi Espressivi Monumentali): un modello di sviluppo sostenibile che a Scicli ridisegna la gestione integrata dei monumenti, unendo contenuti culturali dell’ arte e delle tradizioni a strategie economiche. Per S.E.M. Vinci ricopre il ruolo di Direttore Artistico. Le sue opere sono state pubblicate in differenti giornali e riviste nazionali ed internazionali, come Flash Art, Artribune, Arte e Critica, Wall Street International, Exibart ed Exibart on Paper, Espoarte, Rivista Segno, solo per citarne alcuni.

Ogni suo lavoro, quasi sempre site specific, è da considerarsi un’azione pubblica che ha origine dall’individuo per estendersi a una collettività di persone: è un domandarsi insieme come reagire ad alcune importanti questioni sociali, politiche e ambientali e come acquisire nuovi codici di comportamento civile. Le sue opere sintetizzano di frequente le polarità dell’essere umano, le sue tensioni opposte, le luci e le ombre che lo contraddistinguono. Allo stesso tempo però sono opere fortemente simboliche, che parlano di comunità e ridisegnano una nuova forma della realtà, delle “utopie possibili” che decodificano il presente, cercando una via di convivenza più rispettosa tra gli esseri umani e le altre specie di viventi.

Nei suoi lavori passati, Vinci ha sperimentato diversi linguaggi espressivi, dal disegno alla scultura, dall’installazione alla performance, dalla fotografia alla sound art, dando vita spesso a opere d’arte totale. Ad esempio al MANN  Museo  Archeologico di Napoli, l’artista ha presentato la sua personale dal titolo “P.P.P. Possibile Politica Pubblica“, realizzata con la collaborazione della  galleria aA29 Project Room. Ripensando i rapporti tra Natura, Uomo e Società, l’artista ha fatto esplicito riferimento a Pier Paolo Pasolini, simbolo di una stagione di impegno sociale  e politico e di libera sperimentazione. Con quell’opera Vinci ha voluto recuperare il potere dell’arte come visione, capace di creare legami tra passato e presente, tra racconto mitologico e azione civile, in cui le simbologie antiche si ripetono, in una ricerca di significati per l’oggi.

Adesso la sua ricerca è orientata a sviluppare e approfondire il tema del multinaturalismo: un processo di ibridazione dove umano, non umano e natura si fondono insieme in nuove e sorprendenti configurazioni. Sotto il punto di vista formale egli recupera dalla sua Terra, la Sicilia, alcuni elementi che appartengono alla tradizione, rinnovandone il significato. Il fiore, che decora le bardature dei cavalli nella Festa di San Giuseppe a Scicli, nelle performance di Vinci si trasforma in simbolo di azione politica e presa di coscienza collettiva per cambiare il presente. Il pennacchio colorato, invece, utilizzato nelle feste tradizionali siciliane, viene modificato e si trasforma in un vessillo di leggerezza, è metafora del volo, superamento dei limiti umani.

Queste stesse tematiche si rinnovano, in forma nuova, nella mostra che ha presentato a Palermo il 20 dicembre, insieme alla curatrice Serena Ribaudo. 

AFR Archivio Fotografico Riso foto – Fabio Sgroi

In questo nuovo lavoro dell’artista siciliano, vediamo un’opera che si sviluppa in tre “atti” distinti, che prende vita nella parte centrale della Cappella dell’Incoronata, con la maestosa installazione “NON SI DISEGNA IL CIELO/ Il Canto di Palermo” un’opera iniziata nel 2015 che trasforma lo skyline e le costellazioni di Palermo in armonie musicali. L’installazione è un grande poliedro a base ottagonale che trae ispirazione dall’antica simbologia dei Quattro Canti: la forma geometrica dell’ottagono viene generata dall’otto, il numero dell’equilibrio cosmico, simbolo dell’infinito. 

Vinci fa uso di un marmo storico di Palermo, il grigio Billiemi. Con quest’opera l’artista vuole rappresentare il Cielo e la Terra che si fondono, diventando un unico elemento, con un ottagono realizzato con marmo riciclato e di recupero. Secondo la curatrice del museo Serena Ribaudo, il senso del sacro, espresso anche da una sapiente ricerca di armonie musicali, come anche la consapevolezza di una rispondenza totale tra pianeti, movimenti celesti e musica, riporta alla mente Keplero. 

Al centro di questo luogo storico, carico di suggestione che è la Cappella dell’Incoronata, troneggia quindi una scultura in cui l’artista va ad incidere il cielo, i pianeti e le stelle al di sopra di Palermo come una sorta di istantanea fotografica unica, mentre nelle parti laterali troviamo una sorta di sinusoide, una linea che ha un andamento estremamente vibrante che è lo skyline della città, ripreso con un drone che si è innalzato al di sopra dei Quattro Canti.

L’artista intende omaggiare la città con nuovi mezzi espressivi, quali appunto la scultura, l’installazione, la performance e la musica, con l’obiettivo di indagare i rapporti tra la natura, l’essere umano contemporaneo e il suo ambiente sociale. Il percorso espositivo de “La gravità delle forze nascoste” prosegue nella cripta che ospita un’installazione unica, una sorta di mappatura della città ipotetica, (dunque non Palermo) dove elementi naturali ed organici si mescolano con recuperi di piombo, con l’intento di creare un connubio tra storia e contemporaneità, sacro e civile.

Attraverso effetti di chiaroscuro e cromatismi essenziali, in cui si alternano tinte naturali, grigi brutali e bagliori metallici, l’artista crea un percorso che lascia al fruitore una eterogenea possibilità di letture, non coercitivamente tracciate e che ogni cittadino, osservatore può ideare in una propria opera. Elementi storici come le terrecotte chiare e quelle scure, con altri che richiamano all’urbanistica contemporanea come il cemento e il piombo che si alternano con elementi naturali e passaggi estremamente geometrici e brutali. A questi si aggiungono elementi simbolici significativi per creare un dialogo tra artista e fruitore, per offrire diverse possibilità di letture.

Infine, nella biblioteca, un imponente corpo di alabastro a base esagonale diviene protagonista, interagendo con il pubblico, trasmettendo luminosità traslucida. Dopo il grigio iniziale, un sole all’interno di un luogo colmo di sapienze antiche. Un raggio di luce, un’architettura scultoria dalle linee-guida vibranti, una clessidra che funge da cassa di risonanza del luogo che si dipana nell’interazione con i fruitori.

“L’arte deve uscire da se stessa e dal suo mondo chiuso, tornare a farsi conoscere e tornare a dialogare con le persone e le comunità, rapportandosi alla verità in modo sincero. C’è bisogno di più servizi televisivi sull’arte, perché nel momento in cui questa viene sottratta alla gente è lì che si crea l’abominio, perché rimuovi anticorpi alle coscienze. L’arte offre possibilità straordinarie, ma deve diffondersi”, questo l’appello di Sasha Vinci, partendo da Palermo.


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