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Tensioni tra Kosovo e Serbia, la linea dura di Kurti

Negli ultimi mesi si sono verificati diversi scontri nel nord del Kosovo e con il dispiegamento della polizia speciale la situazione continua a vacillare.


Sembrano non arrestarsi gli scontri nel nord del Kosovo con la minoranza serba del paese. Dopo la disputa sulle targhe, non ancora del tutto risolta, la miccia si è riaccesa a causa delle elezioni amministrative nella regione del Nord Mitrovica, avvenute ad aprile. 

Per protesta, i cittadini di etnia serba non si sono presentati alle urne, facendo registrare meno del 4% di affluenza, ragion per cui le elezioni erano state annullate dopo che il governo ha nominato 3 sindaci di origine albanese nei comuni di quella regione.

Gli eventi hanno causato violenti scontri in cui anche diversi soldati ungheresi e italiani erano rimasti feriti. A peggiorare la situazione è stato anche l’aumento della presenza della KFOR (Kosovo Force), la polizia kosovara, che monitora la situazione in quell’area. 

Il primo ministro Albin Kurti ha dichiarato che la polizia serve soltanto ad assicurare che sia tutto sotto controllo, ma dall’altra parte i cittadini di origine serba pensano che questa mossa possa acuire il clima ostile che si respira nella zona, incutendo timore e paura nelle persone che vivono in quell’area. 

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Albin Kurti

E’ stata proprio questa polizia “speciale”, vestita più da equipaggio militare, a scortare il nuovo sindaco di etnia kosovara-albanese dentro il municipio della città di Leposavic; ed è sempre lo stesso corpo di polizia ad essere stato accusato perfino dagli alleati occidentali del Kosovo di portare avanti dure operazioni nei confronti dei cittadini di etnia serba. 

Albin Kurti ha però evidenziato quanto sia necessaria la presenza di questo corpo speciale per contrastare i gruppi estremisti che usano la violenza contro i cittadini kosovari.

Inoltre, qualche settimana fa, tre poliziotti kosovari sono stati arrestati dal governo serbo, secondo quanto riportato dal ministro Kurti, che aveva richiesto il loro rilascio ribadendo che i poliziotti stessero soltanto svolgendo il proprio lavoro di pattuglia tra i due Paesi.

Invece, il presidente serbo Vucic ha sostenuto come questi poliziotti avessero oltrepassato la frontiera e che per legge dovessero essere appunto arrestati. Perfino Orban, presidente dell’Ungheria e alleato della Serbia, ha intimato a Vucic di liberare i tre poliziotti per non peggiorare la situazione. I tre poliziotti sono stati rilasciati proprio qualche giorno fa, dopo circa due settimane, ma questa vicenda continua a causare tensioni.

Di recente, i cittadini nel nord del Kosovo hanno protestato anche contro gli arresti di alcune persone sospettate di aver attaccato giornalisti kosovari. Secondo i genitori dei ragazzi arrestati, non si hanno prove sufficienti per un’accusa simile; di contro, l’associazione dei giornalisti del Paese sostiene che già più di 20 attacchi allo staff di vari media sono stati registrati.

In alcuni cartelloni si legge “Fermate il terrore di Kurti” o “Chi sarà il prossimo?”, contestando il modus operandi del governo di Pristina. Modus operandi che è stato criticato anche dall’Unione Europea, la quale aveva annunciato che avrebbe preso delle misure serie, come la sospensione della cooperazione finanziaria, se non si fosse gestita la crisi tempestivamente, soprattutto se non avessero annullato le ultime elezioni.

Josep Borrell, l’Alto Rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza, aveva convocato sia Kurti che Vucic per un colloquio, a cui però i due Capi di Stato non si sono voluti presentare insieme ma individualmente. 

Dopo gli incontri, Borrell ha affermato che entrambi i leader comprendono la gravità della situazione ma che hanno interpretazioni diverse dell’accaduto. L’Alto rappresentante ha anche annunciato che collaboreranno per capire come strutturare le prossime elezioni. Vucic ha aggiunto che «c’è una caccia all’uomo per i serbi ogni giorno» e che adesso, più che dall’UE, tutto dipenderà dalle prossime azioni del Kosovo. 

Anche Washington non vede di buon occhio la strategia che sta attuando Kurti in Kosovo. Il segretario di stato Antony Blinken in un tweet di fine maggio aveva condannato le azioni del governo del Paese, accusandolo di star peggiorando un clima già instabile. 

La scorsa settimana, invece, Kurti ha incontrato il segretario degli Esteri inglese, che si è mostrato più propenso al dialogo. «L’inghilterra è stato il primo Paese a riconoscere l’indipendenza del Kosovo nel 2008 e rimane impegnata ad assicurare il suo futuro come stato multietnico e indipendente in una regione stabile e prosperosa», ha dichiarato il segretario dopo l’incontro con il leader del Kosovo. 

L’ultima mossa del governo di Pristina è stata quella di dichiarare come terroristi dei gruppi serbi del nord, nello specifico il gruppo “Civilna Zastita” e “Brigada Sever”. A riguardo, Albin Kurti ha affermato che «questi gruppi formano dei membri per usare delle armi nelle basi militari in Serbia con lo scopo di attaccare le istituzioni locali in Kosovo». 

Il primo gruppo opera dal 2011 nel nord del Kosovo come forza di sicurezza, supportando cause umanitarie e aiutando i civili in situazioni di crisi. Nonostante ciò, il movimento non è mai stato visto di buon occhio dal governo kosovaro, con il timore che possa minare il loro controllo del Paese. Questa nuova dichiarazione consente ora al governo di punire atti terroristici fino a 5 anni di reclusione.

Continuare con questa linea dura da parte di Kurti potrebbe mettere a rischio tutti gli sforzi e gli obiettivi raggiunti in questi anni per poter entrare nell’Unione Europea. Questa estate sarà dunque critica per capire che direzione prenderà e come si evolverà questo instabile conflitto nei Balcani


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