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USA, continua la guerra al diritto di aborto

È stata approvata in Oklahoma l’ennesima legge antiaborto, in palese contrasto con il diritto all’accesso all’aborto costituzionalmente protetto negli Stati Uniti dal 1973.


Il 12 aprile il governatore dell’Oklahoma Kevin Stitt ha firmato il Senate Bill 612, la legge che rende illegale l’aborto nello Stato americano, anche in casi estremi come stupro e incesto. Prevista come unica accezione per la pratica dell’interruzione il caso di emergenza medica, ovvero se si ritiene la salute della gestante in grave pericolo.

L’iter legislativo è iniziato lo scorso anno e si è concluso a fine marzo del 2022 alla Camera del Parlamento dell’Oklahoma – composta da una schiacciante maggioranza repubblicana – con 70 voti favorevoli e 14 contrari. La firma del governatore repubblicano per l’approvazione del disegno di legge era scontata, in quanto Stitt aveva già promesso lo scorso settembre che avrebbe firmato qualunque proposta inerente ai valori pro-life fosse finita sulla sua scrivania.

La legge appena approvata in Oklahoma è la più restrittiva degli Stati Uniti, superando di gran lunga le restrizioni poste dalla legge antiaborto in Texas, con la quale viene vietato l’aborto dopo le prime sei settimane di gravidanza. La nuova legge in Oklahoma oltre a creare un divieto quasi totale della pratica dell’interruzione di gravidanza pone in essere pene gravose. Essa, infatti, renderà in questo Stato l’aborto un reato penalmente punibile, fissando una multa fino a 100 mila dollari e la reclusione fino a 10 anni per i medici che praticheranno l’interruzione di gravidanza.

Dopo l’approvazione della legge in Texas entrata in vigore il 2 settembre 2021, il confinante Stato dell’Oklahoma era diventato uno dei rifugi sicuri per le donne residenti in Texas che necessitavano di esercitare il diritto all’aborto. Questo avveniva nonostante nel territorio dell’Oklahoma sono solo quattro le strutture che fino a questo momento hanno praticato l’interruzione di gravidanza.

Il Senate Bill 612 potrebbe entrare in vigore ad agosto, dopo la tanto attesa pronuncia della Corte suprema sul caso Dobbs v. Jockson Women’s Health Organizazion relativo alla legittimità costituzionale della legge emanata nel 2018 in Mississippi, che vieta l’aborto dopo 15 settimane di gestazione. Questa legge, nominata Abortation ban, è stata annullata in quanto incostituzionale dal giudice della Corte del Mississippi Carlton Reeves che ha affermato: “Lo Stato ha scelto di approvare una legge che sapeva già essere incostituzionale per sostenere una campagna che dura da anni, alimentata da gruppi che hanno interessi nazionali, e per chiedere alla Corte Suprema di rovesciare il Roe v. Wade”.

Se la Corte suprema dovesse pronunciarsi a favore della legge del Mississippi, infatti, questa annullerebbe di fatto la Roe v. Wade del 1973, la storica sentenza che finora ha costituzionalmente protetto la libertà di scelta di una donna di interrompere la gravidanza anche in assenza di problemi di salute.

Dunque, dopo 50 anni la sentenza del 1973, che ha reso possibile la protezione del diritto all’aborto nell’intero territorio degli Stati Uniti, è messa in discussione e rischia di essere annullata da leggi restrittive dei singoli stati governativi di stampo repubblicano con il forte sostegno delle organizzazioni antiabortiste evangeliche.

È proprio l’attacco repubblicano a un diritto finora protetto costituzionalmente che ha portato alcuni stati a maggioranza democratica a legiferare per proteggere l’accesso all’aborto. In Colorado è stato approvato il Reproductive Health Equity Act; in New Jersey il governatore ha firmato una misura per far garantire il diritto all’autonomia riproduttiva che resterà in vigore indipendentemente dalla scelta della Corte suprema di annullare o meno la sentenza Roe v. Wade.

Altri stati, come l’Oregon, la California e Washington hanno deciso di rafforzare il sostegno finanziario per agevolare l’accesso all’aborto: la California, ad esempio, ha eliminato le spese assicurative per i servizi di aborto, gli altri stati hanno incrementato i sostegni economici alle cliniche e istituito fondi di viaggio per far sì che anche le donne più bisognose abbiano garantito il diritto all’aborto.

Secondo i conteggi della legislazione statale aggiornata al 15 aprile del Guttmacher Institute, istituto di ricerca sui diritti riproduttivi, nei primi quattro mesi del 2022 sono già 33 le restrizioni all’aborto emanate quest’anno; nel 2021 le restrizioni emanate sono state 90, superando il record di 89 restrizioni raggiunto nel 2011. A questi si aggiungono i dati degli stati che hanno deciso di legiferare a favore della protezione all’accesso all’aborto in risposta all’aumento del numero di restrizioni negli stati conservatori: al momento sono state emanate 11 misure in 7 stati.

Sempre secondo il Guttmacher Institute, i numeri delle restrizioni potrebbero ancora aumentare, poiché gli stati conservatori stanno presentando di proposito prima della pronuncia della Corte suprema – prevista per questa estate – un numero drasticamente alto di disegni di legge che restringono l’accesso all’aborto in palese contrasto con la sentenza Roe v. Wade, per rendere così possibile l’indebolimento o, addirittura l’annullamento delle protezioni costituzionali al momento in vigore.

Una strategia che punta a dare maggiore spazio di manovra ai giudici della Corte suprema di orientamento repubblicano che, dopo la morte della giudice Ruth Bader Ginsburg e la sua sostituzione con la giudice antiabortista Amy Coney Barret nominata da Donald Trump, sono in netta maggioranza.

Anche la nomina da parte del presidente Joe Biden (7 aprile) della nuova giudice Ketanji Brown Jackson, la prima donna afroamericana ad essere nominata giudice della Corte, in sostituzione del giudice dimissionario Stephen Breyer, non influirà sull’orientamento della Corte in materia di diritto all’aborto poiché i giudici conservatori risultano essere sei e quelli, invece, definiti progressisti sono al momento tre.

Le informazioni in nostro possesso al momento non danno spazio all’ottimismo, nonostante durante la prima discussione alla Corte avvenuta il 1° dicembre 2021 il presidente della Corte John Roberts, di orientamento repubblicano ma ritenuto troppo progressista dai conservatori, si è mostrato propenso nel trovare un compromesso tra le parti. Non è possibile, dunque, prevedere se dopo la pronuncia della Corte la sentenza Roe v. Wade subirà un indebolimento o se il diritto alla libertà di scelta e il diritto all’accesso all’aborto sarà ancora garantito.


Immagine in copertina di Adam Fagen

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Valentina Pizzuto Antinoro

Responsabile "Stay Human". Seguo con interesse tutto ciò che riguarda la promozione di diritti umani. Dopo diverse esperienze all’estero ho capito di essere al 100% una "siciliana di scoglio".