Il Giusto Mezzo e la lotta per la parità di genere

Il Giusto Mezzo è un movimento spontaneo nato dall’idea di un gruppo di donne, con background politici e socio-economici differenti, ma con un obiettivo comune: destinare metà dei fondi del Recovery Fund alle politiche di genere.


Lo scorso 1° febbraio, l’Istat ha reso noti il testo integrale e la rispettiva nota metodologica che fotografa l’andamento annuale dell’occupazione con riferimento alle possibili flessioni e/o espansioni del mercato del lavoro. I dati che ne emergono ritraggono una situazione pressoché drammatica, caratterizzata da un drastico crollo dell’occupazione rispetto all’anno precedente. Ma ciò che più colpisce, e allo stesso tempo preoccupa, riguarda i settori, ancora una volta, colpiti dal calo occupazionale: donne e giovani. 

Difatti, dei 444 mila posti di lavoro andati persi nell’ultimo anno, ben 312 mila hanno coinvolto le donne contro i 132 mila posti in meno degli uomini. La drammaticità della situazione è poi acuita dal fatto che nel solo mese di dicembre si è registrata un’ulteriore flessione che ha causato la perdita di 101 mila posti di lavoro e anche stavolta, ben 99 mila riguardavano le donne

Indubbiamente questi numeri non costituiscono una novità assoluta considerato che le donne e i giovani sono sempre stati considerati l’anello debole del mercato del lavoro, vittime di politiche cieche e sorde alle loro istanze. La pandemia non ha avuto un ruolo determinante, bensì ha soltanto contribuito ad accelerare una crisi già preannunciata, dal momento che il tasso di occupazione femminile in Italia è sempre stato al di sotto della media europea.

In questo contesto di forte criticità, la società civile non ha perso l’occasione per farsi sentire, facendosi portavoce delle istanze sociali dei gruppi più vulnerabili della società, rivendicando a gran voce misure efficaci di sostegno all’occupazione di donne e giovani e invitando la politica a non sprecare un’occasione unica come quella del Piano di Ripresa e Resilienza. 

La nascita del Giusto Mezzo

In una società, quella italiana, ancora fortemente intrisa di una cultura patriarcale, le donne faticano a emergere ed emanciparsi, restando schiave di pregiudizi, discriminazioni e di rigide differenziazioni di ruolo che naturalmente si ripercuotono sul mercato del lavoro, compromettendo lo sviluppo economico dell’intero Paese. 

Preoccupate dai numerosi limiti e nodi irrisolti della politica e consapevoli che la piena integrazione delle donne nel mercato del lavoro rappresenti una leva decisiva della crescita economica nazionale, un gruppo di donne, proveniente da background politici e socio-economici completamente diversi, ha deciso di dar voce ai diritti delle donne costituendo un movimento spontaneo in seno alla società civile, il Giusto Mezzo, ispirato alla campagna europea Half Of It. 

All’atto della sua costituzione, il Giusto Mezzo ha lanciato una petizione che oggi conta 56 mila  firme. Oggetto della petizione rivolta al Capo del governo è la richiesta di un intervento strutturale che contempli contemporaneamente l’allargamento dell’offerta sulla cura della prima infanzia, il rilancio dell’occupazione femminile e il contrasto al gender pay gap

A tal fine, il Giusto Mezzo chiede che la metà dei fondi previsti dal Recovery Fund vengano usati per rilanciare e sostenere l’occupazione delle donne, sollevandole da quei compiti di cura di cui si sono sempre fatte carico e che impediscono loro una piena integrazione nel mercato del lavoro. In virtù del loro dover prendersi cura dei figli e/o dei genitori non autosufficienti cercando allo stesso tempo di dedicarsi al lavoro retribuito, sono state tradizionalmente soprannominate “generazione sandwich”. 

Le richieste del Giusto Mezzo

Con lo slogan “NON CI BASTA”, il Giusto Mezzo reclama un intervento strutturale e organico che non si esaurisca nella mera erogazione di bonus, sussidi o nella previsione di interventi settoriali. In particolare, il Giusto Mezzo prende atto di come nella prima bozza del Recovery Plan presentato dal governo non sia presente alcun riferimento a linee d’azione o progetti di riforma strutturali per la parità di genere. Al contrario, la maggior parte delle risorse del Recovery Fund sono destinate a settori tipicamente maschili. 

il giusto mezzo

Eppure la parità di genere è indicata come una priorità trasversale in tutte le missioni di cui si compone il Piano di Ripresa e Resilienza.

Quella del Giusto Mezzo non può essere riduttivamente definita una battaglia per le donne, ma piuttosto una battaglia economica comune a tutta la popolazione. A spiegarlo è stata più volte Azzurra Rinaldi, economista e co-fondatrice del Giusto mezzo, la quale invoca che tutti gli investimenti del Piano vengano sottoposti a una duplice valutazione di impatto, ex ante ed ex post, al fine di considerare in che misura ciascun investimento possa arrecare vantaggio parimenti a uomini e donne. 

Inoltre, puntare sul sostegno all’occupazione femminile non produrrebbe effetti positivi solo sulla vita delle donne bensì si ripercuoterebbe sull’intera popolazione: secondo una stima della Banca d’Italia, la piena occupazione femminile determinerebbe un aumento del Pil pari al 7 per cento. 

Pertanto, il Giusto Mezzo chiede: una legge sulla parità salariale, un congedo di paternità esteso a 5 mesi per favorire l’equa ripartizione dei carichi di cura all’interno della famiglia contro i 10 giorni previsti attualmente dalla normativa, maggiori tutele per le libere professioniste, appalti trasparenti a chi garantisce la parità di genere, misure a sostegno della maternità e un ulteriore aumento di 2 miliardi per l’allargamento dell’offerta di servizi per la cura dell’infanzia

Proprio quest’ultimo punto è stato il più critico e determinante nel crollo dell’occupazione femminile dell’ultimo anno. Di fronte alla chiusura e l’insufficiente offerta di asili nido, più o meno intensa a seconda dei territori coinvolti, moltissime donne sono state costrette a lasciare il lavoro per adempiere al ruolo di caregivers

Aumentare l’offerta di asili nido e servizi per la cura alla persona garantirebbe alle donne la possibilità di fare carriera generando al contempo entrate per lo Stato sotto forma di tasse e di consumi. «Per ogni donna che inizia a lavorare, si creano tre posti di lavoro: uno è il suo, i rimanenti due sono quelli necessari per svolgere le attività di cura di cui la donna si faceva carico senza essere retribuita», sostiene il Giusto Mezzo

Flashmob e Operazione fiocchetti: l’Italia diventa zona ROSA

L’azione del Giusto Mezzo non si è esaurita nella presentazione di una petizione che racchiude i suoi punti programmatici ma, fin dalla sua costituzione, è stata incessante. Tante donne, accomunate da impegno, dedizione e motivazione, hanno dedicato gran parte del loro tempo a una causa comune mettendo a disposizione del Giusto Mezzo le loro qualità e competenze senza alcun ripensamento. 

Tante donne per le donne e con le donne, ma anche con la partecipazione di tanti uomini consapevoli che della parità di genere possano beneficiarne tutti. 

In soli 100 giorni dal loro primo incontro, le attiviste del Giusto Mezzo sono riuscite a organizzare due flashmob, di cui uno in quattro diverse piazze italiane, un webinar rivolto agli amministratori locali, e un’operazione soprannominata Fiocchetti con la quale hanno raggiunto l’Italia da Nord a Sud, isole comprese, e a ottenere due audizioni presso le Commissioni riunite V (bilancio) e XII (Affari sociali) della Camera dei deputati sulla proposta di Piano nazionale di ripresa e resilienza. 

Ma procediamo con ordine. Il 29 gennaio scorso, il Giusto Mezzo ha deciso di gridare a gran voce: «Il recovery non ci copre» con l’organizzazione di un flashmob nazionale che ha visto protagoniste tre piazze italiane, Roma, Torino e Milano. Le piazze si sono tinte di rosa, accogliendo centinaia di attiviste con i loro ombrelli fucsia e i loro cartelli sulle spalle a indicare “Non ci basta” o “Non è giusto”. 

Ma non è tutto. Oltre alle tre piazze fisiche, lo stesso giorno si è tenuto un flashmob virtuale a Palermo. Le attiviste siciliane non si sono lasciate fermare dalla zona rossa e hanno deciso di incontrarsi su una piattaforma virtuale organizzando una serie di interventi per reclamare la giusta attenzione delle istituzioni alla parità di genere.   

L’8 febbraio è stata la volta del webinar aperto a tutti gli amministratori locali che desiderassero partecipare e che si è concluso con la partecipazione di 350 amministratori locali, i quali hanno manifestato particolare interesse e curiosità nello strumento del bilancio di genere. 

Il webinar, intitolato Recovery Fund. Donne e bilanci pubblici: perché il genere non conta, si è aperto con la presentazione da parte dell’eurodeputata nonché fondatrice del Movimento Half Of It, Alexandra Geese, ed è proseguito con gli interventi di professioniste del settore quali: Azzurra Rinaldi, economista e professoressa ordinaria di economia dell’Unitelma Sapienza, Giovanna Badalassi, economista ed esperta di bilanci di genere nonché fondatrice di Ladynomics e Costanza Hermanin, politologa ed esperta di politica europea. 

Il webinar si è preposto l’obiettivo «di fornire agli amministratori tutti gli strumenti necessari affinché vengano investite più risorse e siano presentati progetti che possano avere un impatto reale e concreto, partendo dal Next Generation UE ma anche dei bilanci di ogni ente locale». 

L’ultimo evento, in ordine di tempo, organizzato dal Giusto Mezzo si è concluso lo scorso fine settimana. Nei giorni di venerdì 19, sabato 20 e domenica 21 febbraio, l’Italia si è tinta di fucsia grazie all’operazione Fiocchetti: le attiviste hanno riempito i punti nevralgici delle varie regioni italiane di fiocchetti fucsia cui erano legati dei piccoli cartelli recanti un QR che, una volta inquadrato, riconduceva alla petizione sul sito web del Giusto Mezzo. 

L’operazione ha permesso di consolidare la presenza sul territorio di quest’onda rosa che, con tenacia e perseveranza, non smetterà di lottare per la parità di genere. Le donne rappresentano il 51 per cento della popolazione italiana e nessun programma di ripresa e crescita economica può prescindere dal loro coinvolgimento. 


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