L’arte censurata ha un museo tutto suo: il Museu de l’Art prohibit a Barcellona

L’arte è libera, è forse l’unica libertà che è stata conquistata. Ma ne siamo così sicuri? Centinaia di opere censurate fanno oggi parte di un grande progetto museale a Barcellona.


L’arte ha da sempre causato scompiglio, per la sua stessa natura, a maggior ragione se ci spostiamo nell’ambito dell’arte contemporanea. La provocazione, la riflessione e il messaggio al pubblico è diventato sempre più centrale all’interno del bisogno dell’uomo, dell’artista, di comunicare. Ebbene, c’è una struttura che ha deciso di accogliere delle opere d’arte davvero eccezionali. Queste opere risultano particolari perché si ritrovano insieme a rappresentare la categoria delle opere “censurate”.

Da circa un mese, a Barcellona, è stato inaugurato un museo d’arte dedicato proprio a queste opere, quelle che in passato sono state ritirate da altre mostre. Si tratta di quelle che, per un motivo o per un altro, sono state ritenute inappropriate o controverse socialmente, politicamente o dal punto di vista religioso. Si sa, certi temi riescono sempre a colpire la sensibilità di qualcuno che, a un certo punto, ha avuto l’irrefrenabile voglia di scrivere un articolo contro o dare un ordine “dall’alto”. 

Questo luogo riservato a installazioni (immeritatamente) reiette si chiama Museu de l’Art prohibit (in catalano) e contiene una ricca collezione di opere di artisti molto noti, per la maggior parte. Ci sono, tra gli altri, Klimt e Picasso, ma anche quadri e sculture che davano una rappresentazione satirica di alcuni noti leader internazionali dell’epoca contemporanea, da Donald Trump al messicano Zapata.

Il museo ha sede tra Plaça de Catalunya e Casa Milà, nel centro di Barcellona. Nasce dall’idea del giornalista e imprenditore Tatxo Benet, che era già un collezionista di opere d’arte censurate e oggi non poteva essere che un importante finanziatore del museo. 

Fu Benet ad acquistare, pochi anni fa, l’opera “Prigionieri politici nella Spagna contemporanea” (“Presos politicos en la España contemporánea”), un’installazione dell’artista Santiago Sierra composta da 24 fotografie in bianco e nero in cui erano ritratti uomini e donne con il volto pixelato. Si riferiva alle 74 persone che l’artista considerava prigionieri politici, detenuti che hanno ricevuto una condanna a causa delle proprie idee politiche.

Un’opera del genere, con questo messaggio politico, aveva fatto molto discutere e, infatti, venne ritirata su richiesta degli organizzatori della mostra. L’opera d’arte si ritrovò, quindi, in quel regno delle espressioni artistiche ritirate, allontanate, discriminate. Fu questa vicenda a far appassionare Benet ai casi in cui delle opere d’arte erano e sono sottoposte a censura. È così che ha cominciato a collezionarle.

Oggi nel Museo dell’Arte proibita sono esposte oltre 200 opere tra quadri, fotografie, sculture, installazioni e prodotti audiovisivi. La maggior parte proviene dal Ventesimo o dal Ventunesimo secolo, ma alcune risalgono anche al diciottesimo secolo.

Alcune delle opere esposte – come è prevedibile per la sensibilità delle strutture ospitanti prima, censuranti dopo – hanno precisi riferimenti politici. Ad esempio, c’è anche la statua del dittatore spagnolo Francisco Franco posta all’interno di un frigorifero per le bibite. Nel 2012 quest’ultima, “Always Franco” di Eugenio Merino, è stata esposta all’ARCO (fiera d’arte contemporanea a Madrid) suscitando, prevedibilmente, alcune polemiche.


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