Fernando Botero, addio all’artista della corpulenza e dell’abbondanza
Ci ha lasciati la settimana scorsa Fernando Botero, l’artista che nella sua vita ha creato un vero e proprio marchio di riconoscimento con le sue opere.
Un artista non capito subito, ma che poi ha cavalcato l’onda del successo diventando riconoscibile in tutto il mondo. Il successo di Botero sta nella sua fortunata intuizione giovanile: colori piatti e brillanti e proporzioni dilatate. La morbidezza e l’abbondanza fanno da padrone nel lavoro dell’artista colombiano che nelle sue opere, non troviamo solo sotto forma di persone ma anche di paesaggi ed architetture. Tutto è estremamente tondeggiante e privo di spigoli.
Non si tratta di ossessione
Da bambino Fernando Botero subisce il fascino dell’architettura barocca e delle illustrazioni della Divina Commedia definendo in questo modo un bagaglio immaginativo legato all eccesso e al mondo fantastico. Gia a 16 anni crea delle illustrazioni per i supplementi di El Colombiano, il giornale piu importante di Medellin, ed espone per la prima volta nel 1948.
Dopo la vincita del secondo posto al IX Salone degli artisti colombiani a Bogotà, investe il suo denaro per un viaggio studio in Europa: e cosi che in Spagna al museo del Prado conosce le opere di Goya e Tiziano. Passando da Parigi fino in Italia alla scoperta del Rinascimento soprattutto di Giotto e Mantegna che lo ispireranno tanto da riprodurre copie di alcuni loro capolavori.
La scelta dell’artista nel prediligere le forme esagerate non e assolutamente legato a nulla di feticistico o di preferenza della forma: potremmo provare ad immaginare che nel passato di Fernando, rimasto orfano di padre a 4 anni e proveniente da una famiglia umile, la vita abbia regalato non poche difficoltà, per non parlare dei primi anni della sua attività che non gli ha di certo dato di che vivere. Possiamo vedere nell’opulenza delle sue opere, una sorta di augurio di abbondanza e prosperità che effettivamente gli hanno in seguito portato molta fortuna.

Un linguaggio espressivo che si basa sullo studio dell’arte precolombiana e soprattutto dei classici del Rinascimento italiano, portato avanti con studio meticoloso e disciplina attraverso un numero incalcolabile di dipinti e in età più matura, anche di sculture. È stato spesso osteggiato dal mondo della critica nel vasto campo dell’arte contemporanea, dove di certo Botero ha faticato a collocarsi.
Per lui la pittura era una vera e propria vocazione e una terapia per l’anima e lo dimostrano i dipinti dedicati al figlio Pedrito, morto prematuramente all’età di 4 anni in un incidente d’auto.
Abbondanza, sensualità e ironia
La dilatazione boteristica delle forme sembrerebbe avere lo scopo di esprimere sensualità: associata al piacere, al desiderio dell’esaltazione della vita, e associato alle società primitive dell’America Latina, secondo le quali bellezza e abbondanza sono strettamente collegate. Si potrebbe anche pensare che l’universo di Botero abbia a che fare con aspetti legati alla psicanalisi delle società primitive, ma in fondo non è così. Si tratta di un mondo dove regna l’ironia e l’aspetto satirico (venne infatti più volte accusato di essere un caricaturista).

Egli ha spesso dichiarato: «L’arte è esagerazione. Io non dipingo donne grasse, dipingo volumi. Quando dipingo una natura morta dipingo sempre un volume, se dipingo un animale lo faccio in modo volumetrico e lo stesso vale per un paesaggio. Non ho affatto un ossessione per le donne grasse».
Botero ebbe tre mogli e nessuna di esse era corpulenta: Gloria Zea, grande personalità dell’arte e della cultura colombiana, Cecilia Zambrano, la mamma di Pedrito da cui si separò dopo il dramma della scomparsa del figlio ed infine la sua ultima musa, la pittrice e scrittrice greca Sophia Vari con cui ha vissuto fino alla morte di lei, nel maggio di quest’anno.
Le sue opere estremamente riconoscibili e all’apparenza banali, rimarranno eterne e nell’olimpo dei grandi artisti sbattendo in faccia a chiunque la sua “grossa” intuizione.