Dentro la mente: utilità e pericolosità degli allucinogeni

Negli ultimi anni è ritornata la curiosità nei confronti degli allucinogeni e dei loro possibili utilizzi in ambito medico, in particolare rispetto a disturbi psicologici e patologie psichiatriche.


«“E’ piacevole?”, chiese qualcuno. “Nè piacevole, nè spiacevole” risposi, “È”. Istigkeit: non era questa la parola che Meister Eckhart amava usare? “Essenza”». Inizia cosi l’esperienza di Aldous Huxley dopo l’assunzione di una dose controllata di mescalina, sostanza allucinogena contenuta naturalmente nei cactus messicani conosciuti come El Peyote.

Siamo negli anni ’50, il proibizionismo inizia a serpeggiare e le case farmaceutiche interrompono i finanziamenti agli studi sulle sostanze psicotrope. Vengono portati avanti degli studi indipendenti da parte di liberi professionisti che si erano resi conto di come l’uso degli allucinogeni potesse portare giovamento a soggetti affetti da psicosi in quanto si riusciva – in base a delle teorie oggi arcaiche – a mettere in comunicazione il conscio con zone dell’inconscio altrimenti inaccessibili. Entro gli anni ’70, però, tutti gli studi furono messi al bando e non si parlò più dell’utilizzo delle sostanze psicotrope in psichiatria. 

C’è da considerare che le sostanze allucinogene fanno parte della storia dell’uomo da quando questo si è costituito in gruppi sociali. Soprattutto nelle comunità orientali, africane e sud americane, l’uso di piante allucinogene attraverso la figura degli sciamani era comune per poter rispondere a malesseri della mente o del fisico o anche solo per ricevere spiegazioni ad eventi cosmici. 

Negli ultimi anni è ritornata la curiosità nei confronti di queste sostanze e di come potrebbero essere utilizzate in ambito medico, in considerazione del fatto che negli ultimi decenni sono aumentati i casi di malattie psichiatriche e che i farmaci di uso comune presentano dei limiti e degli effetti collaterali di cui bisogna tenere conto.

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Micheal Pollan nel suo best seller “How to change your mind” del 2019, che ha raggiunto il massimo successo con l’omonima serie tv Netflix del 2022, fa una digressione storica e filosofica sull’utilizzo degli allucinogeni e racconta l’analisi di una serie di studi sull’utilizzo della mescalina, della psilocibina e dell’MDMA in soggetti affetti da Disturbo Post-traumatico da Stress, ansia generalizzata e depressione. Pollan racconta con entusiasmo i risultati eclatanti emersi da questi studi, dove la maggior parte dei partecipanti guarisce nel giro di pochi mesi e con pochissime ricadute. 

Un risultato non così distante da quello che osservarono gli psichiatri e gli studiosi di fine ‘800 e della prima metà del ‘900, con la differenza che oggi gli effetti sono numerabili, controllabili e garantiti. Non sappiamo cosa possa accadere a lungo termine e che effetti potranno avere sulla mente delle persone, però il dato certo è che questo tipo di sostanze, in dosi controllate e ad assunzione sorvegliata, donano uno stato di benessere mentale generale ai soggetti che ne fanno uso.

Di queste settimane è la notizia riportata da Wired UK che vede l’approvazione dell’uso di psilocibina ed MDMA nello stato dell’Australia. Una decisione imprevista e con non pochi dubbi, ma che sicuramente rappresenta un giro di boa nel trattamento delle patologie psichiatriche e dei pazienti che ne soffrono.

Molti dubbi fanno riferimento alla difficoltà di gestione da parte degli psichiatri, i quali dovranno ricevere una formazione adeguata. È vero tuttavia che che già in alcune parti del mondo come la Svizzera, l’Ohio ed altri stati americani è già possibile usare gli allucinogeni all’interno di percorsi psicoterapeutici e che quindi esistono già dei protocolli di formazione degli psichiatri ai quali fare riferimento. 

La materia è ostica, ma sicuramente un passo avanti è stato fatto, forse troppo frettoloso e con poche certezze e in fondo nessuno vieta che si possa aggiustare il tiro strada facendo. Citando William Blake: “Se le porte della percezione fossero sgombrate, ogni cosa apparirebbe così come è, infinita.”

(Foto di Copertina Milad Fakurian)