Gli effetti delle chiusure degli impianti sportivi: il parere delle esperte

Ansia, stress e incremento del peso corporeo sono solo alcune tra le conseguenze della chiusura degli impianti sportivi. Abbiamo intervistato Lucilla Corveddu e Luisa Balsamo, due operatrici del settore sportivo palermitano, per discutere sugli effetti delle chiusure.


Il mondo dello sport a livello amatoriale e agonistico, come molti altri settori, ha indubbiamente risentito degli effetti dei provvedimenti adottati dal governo italiano per contrastare la pandemia in corso. Secondo quanto riportato dall’Ansa, «il 30% delle palestre non riaprirà più dopo un anno di chiusura a causa della pandemia (…) molti titolari di strutture sportive hanno deciso di riaprire in barba ai decreti anti-Covid, sarebbero già il 20%. È quanto emerge da una stima dell’Associazione Nazionale Palestre e Lavoratori Sportivi (Anpals)».

A tal riguardo, abbiamo intervistato Lucilla Corveddu, collaboratrice ormai da più di vent’anni in differenti palestre di Palermo.

Quali ripercussioni ha avuto, a suo avviso, la chiusura delle palestre nella vita di coloro che erano soliti frequentarle? La chiusura degli impianti sportivi, così prolungata, è stato un provvedimento doveroso per fronteggiare l’emergenza Covid-19?  

Se all’inizio della pandemia la chiusura delle palestre è stata, come per la maggioranza delle attività, un atto doveroso, penso che il prolungamento della stessa sia stato un duro colpo per gli operatori del settore ma anche per coloro che frequentano abitualmente le palestre. Questi ultimi, infatti, sono costretti a trovare una soluzione all’aperto oppure online pur di non cedere a un nemico, analogamente pericoloso al Covid, che si chiama sedentarietà. Le ripercussioni non sono solo a livello fisico: dal momento che lo sport è la medicina naturale più importante in assoluto, la mancanza dell’attività motoria incide fortemente sulla psiche. L’assenza di endorfine e di adrenalina, associata alla totale mancanza di socialità e alle preoccupazioni del momento, aumenta gli stati d’ansia, di sconforto e di angoscia. Come si può quindi rinunciare allo sport?

Alla luce anche delle trasformazioni degli stili di vita in relazione allo sviluppo della pandemia, pensa che sarà possibile, una volta rientrata l’emergenza, un ritorno alla vita di prima anche all’interno degli impianti sportivi? Quale potrebbe essere lo scenario futuro?

Lo scenario futuro è ancora impensabile. Non si può ancora prevedere a causa del continuo incremento dei contagi e per la confusione sui vaccini. Tutto questo, sicuramente, inciderà sulla riapertura delle palestre e dei centri sportivi.

La categoria di lavoratori che lei rappresenta, come molte altre purtroppo in era Covid, ha risentito dei provvedimenti adottati dal governo per fronteggiare l’emergenza. Ritiene che sia stato fatto abbastanza per sostenere la vostra categoria o potevano essere adottate misure differenti?

I collaboratori sportivi come me e in generale i lavoratori del settore, purtroppo, si sentono abbandonati dallo Stato. Accusati di essere stati inizialmente gli untori, ora sono lasciati al loro destino, in attesa di aiuti che da mesi non arrivano.

Secondo lei, quali possibili provvedimenti e investimenti, in campo sportivo, dovrebbe adottare il nuovo governo per far ripartire il mondo dello sport?

La ripresa economica del nostro settore sarà difficilissima, poiché è stato colpito in modo troppo pesante dalla chiusura. Se non verrà attuata una buona politica di aiuti, oltre che di iniziative imprenditoriali, il colpo ricevuto sarà mortale.

Sempre in merito all’operato del precedente governo e ai provvedimenti adottati dallo stesso per il mondo dello sport, in particolare per quanto concerne la categoria dei giovani, abbiamo rivolto alcune domande anche a Luisa Balsamo, presidente dell’associazione H.13.30 di Palermo e partner organizzatore della corsa 5.30

Come lei ben sa, sono state formulate diverse teorie in merito allo sport in tempo di Covid. Alcuni hanno sostenuto, in un primo momento, che praticare sport potesse agevolare la formazione di difese immunitarie,  mentre all’inizio della pandemia si pensava che praticare attività fisica intensa potesse influire su una diminuzione delle stesse. In quanto agonista, qual è la sua posizione a riguardo?

Sicuramente lo sport è un fattore determinante per il benessere e la salute dell’individuo.  All’inizio della pandemia (ma ancora oggi per la verità) c’è stata molta confusione e non si sapeva bene quale strada prendere. Non c’è dubbio che praticare sport all’aria aperta non può che far bene. Chiaramente, come per tutte le cose, l’eccesso non aiuta. Probabilmente per gli atleti agonisti ci si spaventava che l’eccessivo allenamento potesse abbassare le difese immunitarie e quindi rendere il fisico debole. Per quanto mi riguarda, appena ho avuto la possibilità di potermi allenare l’ho fatto, anche se non ho ancora ripreso i ritmi normali, non avendo ancora ben chiaro quale sarà il mio prossimo calendario sportivo. Fermare lo sport non aiuta, non aiuta al fisico e non aiuta alla mente, quindi si deve assolutamente continuare a fare movimento a tutti i costi.

Lei rappresenta anche la categoria giovanile con l’associazione H.13.30, di cui è presidente.  Cosa ha comportato per i giovani una modifica così repentina e drastica degli allenamenti? Secondo lei potevano essere presi dei provvedimenti diversi?

La nostra scuola di atletica si è fermata soltanto nel periodo del lockdown. Ci siamo organizzati dividendo per gruppi e fasce d’età, mantenendo sempre i protocolli che il CONI ha emanato in questi ultimi mesi. Sicuramente non è facile, i ragazzi amano scherzare, parlare e divertirsi nei momenti di pausa e il distanziamento è una barriera immensa in questo momento per la socialità. I ragazzi amano lo sport e per loro stare fermi è stata un’agonia. Sono rientrati con una voglia incredibile e ogni volta che dobbiamo fermarci per loro è un duro colpo. Ci possiamo ritenere fortunati comunque perché possiamo dire che non si sono quasi mai fermati e hanno potuto gareggiare partecipando anche al campionato regionale di cross invernale con ottimi risultati.

impianti sportivi

Lei è anche uno dei partner organizzatori della 5.30, che non ha potuto avere luogo l’anno scorso a causa della pandemia e ha partecipato anche a dirette Facebook aperte al pubblico per eventuali chiarimenti in merito ai possibili scenari futuri dell’evento. Cosa ha comportato per gli organizzatori l’annullamento di così tante manifestazioni sportive?  Cosa ha significato per tutti i runner (alcuni dei quali si erano già iscritti) non potere prenderne parte?

La corsa, come tutti gli altri sport, ha sempre un obiettivo, che sia sportivo o personale. Mancando questo diciamo che viene a mancare una grande spinta emotiva. La 5.30 è una manifestazione molto particolare, fuori dal comune, nasce dalla voglia di uscire di casa e muoversi. Nasce per il benessere psico-fisico, è uno stile di vita, il tutto nel contesto in cui viviamo e lavoriamo. La gente ama ritrovarsi così presto al mattino e correre o camminare seguendo la scia di un solo colore (quello delle t-shirt) nel quale ogni anno tutti ci identifichiamo. Tutto questo chiaramente, se non si torna alla normalità, non potrà mai essere vissuto in armonia e tranquillità; per questo l’organizzazione quest’anno ha pensato di tenere alto il progetto 5.30, chiedendo aiuto ai suoi “amici” partecipanti.
Si farà un flash-mob in cui ognuno partirà di casa e affronterà i 5 km in autonomia o in compagnia di qualche amico, magari incontrando casualmente le magliette 5.30 sparse per la città. È importante dare un segnale, mantenere alta l’attenzione e l’interesse per qualcosa che è stata creata per tutti, dai bambini agli adulti. Lo stop dello scorso anno è stato devastante per tutti e chi vive organizzando le gare ha dovuto far fronte a perdite importanti. Si pensi a tutto quello che ruota attorno a un’organizzazione, dagli ordini del materiale (che vanno fatti molti mesi prima) alla mancanza degli sponsor (che nel caso della pandemia chiaramente sono venuti a mancare), alle iscrizioni già registrate.
Nel caso della 5.30, l’organizzazione si è resa subito disponibile per il rimborso o lo spostamento all’edizione successiva ma, per esempio, da atleta io ho perso la metà della quota d’iscrizione a una gara alla quale mi ero iscritta (e la cifra era abbastanza congrua). Non tutti gli organizzatori hanno agito anche nell’interesse dello sportivo, molti si sono cautelati trattenendo quote importanti e dando semplicemente la possibilità di saltare il sorteggio per l’edizione successiva (ormai le gare più blasonate e con molti partecipanti hanno una pre-iscrizione con un sorteggio finale).

A suo avviso, alla luce anche del cambio di governo, è stato fatto abbastanza dal precedente esecutivo per il mondo dello sport? Quali eventuali provvedimenti potrebbe adottare il nuovo governo per fare ripartire il mondo dello sport, da molti considerato trascurato?

Sinceramente sono rimasta abbastanza colpita dall’interesse dimostrato verso il mondo dello sport dall’ex ministro Vincenzo Spadafora. Non mi sarei mai aspettata, in un momento così delicato e catastrofico, l’attenzione che il mondo dello sport ha avuto. Spesso quando si parla di sport siamo sempre gli ultimi a essere ascoltati, nonostante l’importanza che il settore ricopre nella società. È chiaro che non tutti (vedi le palestre immotivatamente chiuse da troppo tempo) hanno avuto l’aiuto che si aspettavano, però in linea di massima il governo precedente ha cercato in tutti i modi di tutelare il mondo dello sport.
Adesso è  ancora troppo presto per riuscire a dare un giudizio sul lavoro del nuovo esecutivo e nello specifico di chi si sta occupando del nostro settore, cioè il sottosegretario con delega allo Sport. Diciamo che non sempre chi ha fatto sport capisce le dinamiche della politica, però voglio avere fiducia in Valentina Vezzali, sperando che si possa ripartire al più presto e senza timori di nessun genere. 


Un paper delle Nazioni Unite, pubblicato a maggio del 2020, ha ribadito che la chiusura degli impianti sportivi ha comportato un aumento dei soggetti che hanno accusato irregolarità nel sonno e hanno avuto un’alimentazione poco bilanciata, poiché non sempre è possibile allenarsi in modo corretto a casa per mancanza di spazio e degli attrezzi necessari. Allenarsi quotidianamente per 150 minuti, mediante attività fisica a intensità moderata o per 75 minuti, con allenamenti ad alta intensità, come consigliato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, non è affatto facile. Lo stress, l’ansia e la perdita di tono muscolare sono alcuni degli effetti dell’assenza di una corretta attività motoria.

N. B. Entrambe le interviste sono state realizzate in una data anteriore alla conferenza stampa di venerdì scorso del premier Mario Draghi, nel corso della quale è stata fissata una road map sulle riaperture. Per quanto riguarda il settore sportivo, dal 26 aprile sarà possibile praticare basket e calcetto all’aperto, dal 15 maggio si potrà andare nelle piscine all’aperto e dal primo giugno si potrà andare in palestra. Il tutto sempre nel rispetto di rigide linee guida e dei protocolli validati dal comitato tecnico scientifico. 


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