L’ultima fiammata

Di Vincenzo Mignano – Lo scorso 12 settembre si è svolto il penultimo Consiglio direttivo della Banca Centrale Europea (BCE) sotto la Presidenza di Mario Draghi. La riunione ha visto l’adozione di alcune importanti decisioni di politica monetaria, volte a rilanciare la crescita dell’Eurozona – in continua diminuzione, stando ai dati pubblicati dalla Commissione europea nelle Previsioni economiche di estate 2019 – e, più in generale, dell’Unione Europea (UE).

Nella determinazione del nuovo pacchetto di misure – concentrato in cinque punti essenziali – sono stati presi in considerazione alcuni fattori che hanno caratterizzato, influenzandone l’andamento, l’intera economia europea. Tra questi, si annoverano la forte instabilità politica presente in alcuni Stati membri dell’UE – come Spagna e Italia – e le incertezze causate dalle tensioni della guerra commerciale tra USA e Cina, unite al rischio, ancora non scongiurato, di una hard Brexit.

Governing Council (Consiglio direttivo) della BCE

Nello specifico, con il suo nuovo programma monetario, il Governing Council dell’Eurotower ha previsto la riduzione di 10 punti base (al -0,50%) del tasso di interesse sui depositi presso la BCE, il mantenimento allo 0,00% e allo 0,25% rispettivamente dei “tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali e sulle operazioni di rifinanziamento marginale”, un nuovo ciclo di maxi-prestiti in favore delle banche, il riavvio del Quantitative Easing (QE) “a un ritmo mensile di 20 miliardi di euro a partire dal 1° novembre” – fino al raggiungimento stabile dell’obiettivo di inflazione del 2% – e un “sistema a due livelli per la remunerazione delle riserve, in cui parte della liquidità in eccesso detenuta dalle banche sarà esente dal pagamento del tasso di interesse negativo sui depositi presso la banca centrale”.

Si tratta, come si può pacificamente intuire, di interventi tendenti ad assicurare condizioni di stabilità economico-finanziaria all’interno dell’Eurozona, aumentando “durevolmente il potenziale di crescita e la dinamica della produttività”, con conseguente riduzione della disoccupazione strutturale. Sotto tale profilo, Mario Draghi ha sottolineato la necessità di definire l’orientamento delle politiche di bilancio europee secondo un carattere lievemente espansivo, alludendo al tentativo di rendere più flessibile il Patto di Stabilità e Crescita (PSC). Secondo il Presidente della BCE, da un lato, i Paesi che dispongono di margini di intervento sarebbero chiamati “ad agire in maniera efficace e tempestiva” e, dall’altro, quelli ad alto debito pubblico dovrebbero porre in essere politiche virtuose e prudenti, attraverso il sostegno degli stabilizzatori automatici. In aggiunta, “la trasparente e coerente applicazione del quadro di riferimento dell’Unione europea per la governance economica e fiscale, nel tempo e nei vari paesi” – ha dichiarato Draghi – “resta essenziale per consolidare la capacità di tenuta dell’economia dell’area dell’euro”.

L’assetto previsto dal Consiglio direttivo della BCE – basato, nuovamente e in coerenza con le precedenti mosse dell’Eurotower, su una politica monetaria accomodante – è stato il risultato di un acceso dibattito dal quale è emersa la necessità di politiche strutturali e di bilancio più incisive sia nei singoli Paesi che nella Governance delle Istituzioni europee.

Tra le misure adottate, maggior clamore ha destato il nuovo programma di Quantitative Easing (o alleggerimento quantitativo), intendendosi con tale espressione quello strumento non convenzionale di politica monetaria espansiva, usato dalle banche centrali per stimolare la crescita economica, immettendo liquidità nel sistema finanziario tramite l’acquisto di titoli di Stato e di altre obbligazioni. Da sempre visto con diffidenza dai Governatori nord-europei, tale modalità di intervento – secondo l’ultima analisi di Yardeni Research – ha contribuito a quadruplicare (passando da 5 a oltre 19 trilioni di dollari) il valore degli asset a bilancio delle quattro maggiori banche centrali del mondo, ossia Banca Centrale Europea (BCE), Federal Reserve (Fed), Bank of Japan e People’s Bank of China.

Con specifico riguardo al panorama comunitario, è stato previsto che gli acquisti di bond “dureranno tutto il periodo necessario a rafforzare l’impatto accomodante dei tassi”, con il Consiglio direttivo che si attende che finiscano prima che la BCE inizierà ad alzare i tassi. Secondo l’economista e dirigente della Commissione nazionale per le società e la Borsa (CONSOB), Marcello Minenna, il Presidente Draghi sarebbe riuscito ad ottenere l’appoggio dei banchieri centrali nord-europei, contrastandone la reticenza, in virtù della distribuzione non uniforme degli aiuti previsti in favore delle banche: circa il 50% a quelle tedesche e francesi, il 12% a quelle italiane e poco più del 9% a quelle spagnole. Alcuni oppositori contrari al QE hanno sostenuto come tale misura di ultima istanza potesse rappresentare il famoso helicopter money, inteso metaforicamente quale denaro erogato a gettito da un elicottero, in favore della popolazione sottostante. Avverso tale affermazione, il Presidente Draghi ha sostenuto in modo incisivo la necessità di comprendere come “dare denaro alla gente, in qualsiasi forma”, sia “compito della politica fiscale, non della politica monetaria”.

Dal quadro appena descritto emerge con chiarezza il duro compito che caratterizzerà il futuro mandato di Christine Lagarde, prossima ad assumere la Presidenza della BCE: in linea con l’invito del suo predecessore ad un attivismo fiscale più incisivo e all’adozione di politiche maggiormente virtuose, in una condizione di continuità, avrà l’arduo onere di costruire e garantirsi un valido sostegno dai Governatori delle banche centrali.

In conclusione, seppur le decisioni adottate dal Consiglio direttivo della BCE appaiano quale nuovo stimolo per la crescita economica, lasciano intendere la necessità di intervenire attraverso operazioni di politica fiscale: con quest’ultima fiammata, di fatto, il mandato Draghi ha consolidato l’edificazione di un impianto di politica monetaria sempre più stabile e ha concesso ai politici la possibilità di agire, nel tempo, con ampi margini di manovra.


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