giovanissimi Beatles

Beatles, il rifiuto della Decca e i retroscena del loro primo album

I giovanissimi Beatles ricevettero numerosi no lungo la loro strada professionale, eppure non si persero mai d’animo: grazie alla perseveranza del loro manager, il loro primo album “Please Please Me” prese finalmente vita. 


Sono le 11 del mattino del Primo gennaio 1962 e quattro ragazzi, nervosi ed emozionati, aspettano che venga chiamato il loro nome seduti alla reception della Decca Studios, a West Hampstead. 

Avevano affrontato un lungo viaggio di 10 ore in furgone, stipati come sardine insieme a strumenti e attrezzature, e il loro road manager (Neil Aspinall) aveva sbagliato strada diverse volte prima di capire come arrivare a Londra. Pieni di sogni e speranze, li aspettava l’audizione che avrebbe cambiato la loro carriera, nel bene e nel male. 

Epstein, l’uomo che farà brillare i Beatles

Il 24 Gennaio 1962 il ventisettenne Brian Epstein, gestore della NEMS (North End Music Store), diventa ufficialmente il primo e vero manager dei Beatles. Non sapeva esattamente come e cosa fare, ma una cosa era certa: quei giovanissimi ragazzi che aveva sentito suonare al Cavern Club l’anno prima avevano qualcosa di particolare, e lui li avrebbe fatti brillare. 

giovanissimi Beatles

Grande imprenditore qual era comincia subito una interessante manovra mediatica, scegliendo con cura luoghi, eventi, tempi e persone da avere nella sua squadra. L’Operation Big Beat, il concerto organizzato da Sam Leach a New Brighton Tower Ballroom, gioca un ruolo fondamentale nella nascita del primo disco dei Beatles.

Ignorato fino ad allora da tutti i quotidiani locali perché visto come un piccolo concerto provinciale privo di risonanza, viene movimentato dalla proposta musicale di Epstein, che lo trasformerà in uno dei più grandi eventi dello scenario pop in Gran Bretagna: in soli due anni tutte e cinque le band partecipanti, firmeranno un contratto discografico con importanti case di produzione londinesi. 

L’audizione alla Decca Records e il rifiuto ai Beatles

Con un palco importante alle spalle, i Beatles avevano le carte in regola per provare un approccio professionale al mondo della musica. In quegli anni i quotidiani più importanti erano Il Post e L’Echo, che aveva una rubrica di recensioni discografiche a cadenza settimanale chiamata “Off The Records”, firmata da un certo Disker.

Nel Dicembre 1961 Epstein scrive una lettera a Disker chiedendo una segnalazione positiva dei Beatles dalla sua rubrica, e in risposta riceve una lettera direttamente dalla Decca Records in cui lavorava Disker, pseudonimo di Tony Barrow, che scriveva non solo per L’Echo, ma anche le note di copertina sui dischi per la Decca. Come da titolo della rubrica, faceva presente Barrow, Off The Records recensisce dischi. E i Beatles non ne avevano ancora incisi. 

Ciononostante girò il loro nome al reparto marketing, quindi alla direzione artistica, e pochi giorni dopo tale Mike Smith (che altro non era che un collaboratore del rappresentante dell’ufficio artistico della Decca) venne spedito a Liverpool per assistere ad una loro esibizione.

Il Cavern Club era un po’ come la casa dei Beatles, in cui erano assolutamente a loro agio e potevano fare tutto quello che volevano: fu proprio questo spirito a conquistare Smith. Propose loro un’audizione fissata per il primo gennaio, sottolineando che avrebbe voluto supervisionarla personalmente.

giovanissimi Beatles

Ecco quindi che il primo giorno dell’anno, Mike Smiths si presenta in ritardo, e i Beatles incidono 15 brani (di cui solo 3 scritti da loro) utilizzando le attrezzature dello studio (poiché le loro erano troppo malconce) e restano in attesa.

Dopo un mese, arriva il no della Decca perché il loro “sound” era troppo simile a quello degli Shadow, quartetto che accompagnava Cliff Richard, e che le band chitarristiche stavano comunque “passando di moda”.  Un duro colpo per i Bealtes, che intanto stavano acquistando sempre più fama e avevano cambiato radicalmente il loro look, ma ancora di più per Epstein, che ne uscì affranto.

Dalla Decca all’EMI: Please Please Me

Dal profondo dolore di un rifiuto della Decca, il manager investì tutte le sue energie alla ricerca di una buona casa discografica. Insistette ancora un po’ con la Decca, sperando che cambiasse idea, ma all’ennesimo no decise di chiudere definitivamente quel capitolo della loro vita professionale. Essendo proprietario di un negozio di dischi aveva tante conoscenze e ottime amicizie, a cui si rivolse in assoluta buona fede.

Epstein incontrò un suo vecchio amico, Bob Boast, gestore del negozio di dischi HMV, proprietà della EMI, in Oxford Street. Nonostante gli fece ascoltare i pezzi e furono molto graditi, Boast non poteva aiutarli, ma suggerì loro di incidere i pezzi su disco invece di portarsi dietro quei nastri ingombranti, mettendogli a disposizione la sala di registrazione al primo piano dove i clienti potevano sperimentare il 78 giri. 

Destino vuole che in quel momento, il tecnico Jim Foy, apprezzò lo stile dei ragazzi e chiamò Il direttore della Ardmore & Beechwood, sussidiaria della Emi, che contattò a sua volta il capo dell’ufficio artistico della Parlophone – etichetta discografica “jolly” della EMI – tale George Martin, che fissò un incontro con i Beatles e gli permise di registrare il loro primo album, Please Please Me

Da lì è storia: l’album rimase in cima alle classifiche per oltre trenta settimane, e segnò definitivamente l’inizio di un’era pop nuova, irriverente e senza dubbio beatlesiana.

... ...