BCE, le decisioni del 6 giugno

La tanto attesa riduzione dei tassi di interesse da parte della BCE è finalmente giunta. Analizziamo insieme i principali provvedimenti assunti in materia di politica monetaria.


«Il Consiglio direttivo ha deciso oggi di ridurre di 25 punti base i tre tassi di interesse di riferimento della BCE. Sulla base della nostra valutazione aggiornata delle prospettive di inflazione, della dinamica dell’inflazione di fondo e dell’intensità della trasmissione della politica monetaria, è ora opportuno moderare il grado di restrizione della politica monetaria dopo nove mesi di tassi di interesse invariati». Con queste parole, lo scorso 6 giugno, il Presidente della Banca Centrale Europea (BCE) Christine Lagarde ha aperto la consueta conferenza stampa che segue la riunione del Consiglio direttivo della predetta Istituzione dell’Unione Europea (anche la “conferenza stampa”), per rendere note le ultime decisioni di politica monetaria adottate dall’istituto di Francoforte.

Pertanto, a decorrere dal 12 giugno scorso, i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali – ossia il tasso di interesse corrisposto dalle banche quando assumono prestiti dalla BCE per la durata di una settimana – sulle operazioni di rifinanziamento marginale – ossia il tasso di interesse corrisposto dalle banche quando assumono prestiti dalla BCE overnight – e sui depositi presso la banca centrale – ossia il tasso che definisce l’interesse che le banche percepiscono sui loro depositi overnight – si attestano, rispettivamente, al 4,25 per cento, al 4,50 per cento e al 3,75 per cento. 

La decisione di moderare il grado di restrizione della politica monetaria avviene dopo nove mesi di un atteggiamento votato alla cautela, parola d’ordine più volte ribadita dall’Istituto di Francoforte come, ad esempio, in occasione del primo Bollettino economico BCE pubblicato nel 2024.

Infatti, dopo gli ultimi rialzi entrati in vigore a seguito delle decisioni assunte nelle riunioni del Consiglio direttivo della BCE del 27 luglio 2023 (+0,25 per cento) e del 14 settembre 2023 (+0,25 per cento), nelle successive riunioni aventi in agenda decisioni di politica monetaria – tenutesi a ottobre e dicembre del 2023 e a gennaio, marzo e aprile del 2024 – l’istituto di Francoforte ha optato sempre per “interest rates unchanged”.

La decisione di ridurre i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, seppur la più attesa nel panorama europeo e non solo, non è l’unica assunta dal Consiglio direttivo della BCE dello scorso 6 giugno; tra le più importanti possiamo citare quelle riguardanti:

  • il Programma di Acquisto di Attività (PAA): prosegue la graduale riduzione del portafoglio PAA a un ritmo misurato e prevedibile, dato che l’Eurosistema non reinveste più il capitale rimborsato sui titoli in scadenza;
  • il Programma di Acquisto per l’Emergenza Pandemica (PEPP): come riportato nel comunicato stampa che segue le decisioni assunte dalla BCE, «il Consiglio direttivo continuerà a reinvestire in modo flessibile il capitale rimborsato sui titoli in scadenza del portafoglio del PEPP, per contrastare i rischi per il meccanismo di trasmissione della politica monetaria riconducibili alla pandemia». Il Consiglio direttivo stima di continuare a reinvestire, integralmente, il capitale rimborsato sui titoli in scadenza nel quadro del PEPP sino alla fine di giugno 2024. Nella seconda parte dell’anno è pianificata una riduzione del portafoglio del PEPP in media pari a 7,5 miliardi di euro al mese. In tal modo si intende porre fine ai reinvestimenti nell’ambito di tale programma entro la fine del 2024.
  • le operazioni di rifinanziamento: come riportato nel comunicato stampa che segue le decisioni assunte dalla BCE, «a fronte dei rimborsi degli importi ricevuti dalle banche nelle operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine, il Consiglio direttivo riesaminerà regolarmente come le operazioni mirate e i rimborsi in atto contribuiscono all’orientamento della politica monetaria».

Le prospettive della BCE sull’inflazione

«Dalla nostra riunione di settembre 2023 l’inflazione è diminuita di oltre 2,5 punti percentuali e le prospettive di inflazione sono migliorate notevolmente. Anche l’inflazione di fondo è scesa, rafforzando i segnali di un indebolimento delle pressioni sui prezzi, e le aspettative di inflazione hanno registrato una flessione su tutti gli orizzonti. La politica monetaria ha mantenuto restrittive le condizioni di finanziamento. Frenando la domanda e facendo sì che le aspettative di inflazione restassero ben ancorate, ciò ha contribuito in misura rilevante al rientro dell’inflazione». Questo è quanto ha affermato la Presidente Lagarde nel corso della conferenza stampa con riferimento al tema dell’inflazione. Ciononostante, va evidenziato come continuino a perdurare significative pressioni interne sui prezzi a fronte dell’elevata crescita delle retribuzioni. 

BCE, le ultime decisioni dell'istituzione Ue

Queste considerazioni hanno portato gli esperti dell’Eurosistema a formulare, in termini di inflazione, nuove stime rispetto a quelle formulate nel corso del Consiglio direttivo di marzo (anche “precedenti stime”), rivedendo in lieve rialzo le proiezioni per il 2024 e per il 2025, confermando che tanto l’inflazione complessiva quanto l’inflazione al netto dei beni alimentari ed energetici (c.d. inflazione di fondo) dovrebbero rientrare entro la soglia obiettivo del 2 percento solo a partire dal 2026. 

Più dettagliatamente, l’inflazione complessiva ora si attesterebbe in media al 2,5 per cento nel 2024 (+0,2 per cento rispetto alle precedenti stime), al 2,2 per cento nel 2025 (+0,1 per cento rispetto alle precedenti stime) e all’1,9 per cento nel 2026 (invariato rispetto alle precedenti stime). 

Medesimi rialzi sono stimati anche per l’inflazione di fondo che, nel triennio oggetto di analisi, si dovrebbe attestare in media al 2,8 per cento nel 2024 (+0,2 per cento rispetto alle precedenti stime), al 2,2 per cento nel 2025 (+0,1 per cento rispetto alle precedenti stime) e al 2,0 per cento nel 2026 (invariato rispetto alle precedenti stime). 

Crescita economica

Le nuove stime degli esperti dell’Eurosistema, in termini di crescita economica, sono state riviste in rialzo per il 2024, lievemente al ribasso per il 2025 e sono rimaste invariate per il 2026.

Più in dettaglio, alla luce delle nuove stime, ci si attende che la crescita economica aumenti allo 0,9 per cento nel 2024 (+0,3 per cento rispetto alle precedenti stime), all’1,4 per cento nel 2025 (-0,1 per cento rispetto alle precedenti stime) e all’1,6 per cento nel 2026 (invariato rispetto alle precedenti stime). 

Tali stime sono ovviamente fortemente sensibili ai principali fattori di rischio che oggi contraddistinguono il contesto internazionale tra cui:

  • l’inasprirsi delle tensioni commerciali tra le principali economie mondiali, con i conseguenti effetti negativi sull’espansione dell’area dell’euro;
  • il perdurare della guerra della Russia contro l’Ucraina; 
  • il conflitto in Medio Oriente.

Tali fattori potrebbero determinare un significativo peggioramento della fiducia di imprese e famiglie, portando a una brusca interruzioni degli scambi internazionali, comportando quindi possibili scostamenti, anche materiali, dalle stime da ultimo elaborate. Pertanto, le proiezioni degli Esperti di Francoforte devono essere prese in considerazione cum grano salis e potrebbero quindi essere riviste in modo significativo nelle prossime riunioni.

Altre riduzioni dei tassi in vista?

Nel corso della conferenza è stato ribadito come, per determinare il livello e la durata della restrizione, l’istituto di Francoforte continuerà a seguire il consueto approccio guidato dai dati in base al quale saranno definite, tempo per tempo, le decisioni poste in essere in ogni riunione del Consiglio direttivo. Più esplicitamente, la Presidente Lagarde ha affermato che «le decisioni sui tassi di interesse saranno basate sulla nostra valutazione delle prospettive di inflazione, considerati i nuovi dati economici e finanziari, della dinamica dell’inflazione di fondo e dell’intensità della trasmissione della politica monetaria, senza vincolarci a un particolare percorso dei tassi».