Hong kong

Hong Kong e la crisi del “One country two system”

Un paese due sistemi, il modello applicato alle città di Hong Kong e Macao, sembra volgere al termine. Pechino si appresta a consolidare il controllo sulle Regioni amministrative speciali (SARS). 


L’ex colonia britannica è diventata un “ponte economico” tra il mondo orientale e occidentale. L’influenza inglese ha reso Hong Kong una delle città più particolari del mondo asiatico, a tratti orientali e occidentali.

Dal 1997 la città tornò in territorio cinese secondo il principio del “one country two systems”, uno status ad hoc che garantiva il mantenimento delle autonomie acquisite sotto l’influenza britannica per almeno cinquant’anni con l’obiettivo di garantire un graduale ritorno al sistema economico e politico cinese entro il  2047.

Da qui viene creato il concetto cinese di Special Administrative Regions (SARS), riferendosi non solo alla città di Hong Kong ma, dal 1999, anche alla città di Macao, e che si pone come obiettivo quello di creare le basi per il prossimo incorporamento dei territori storicamente cinesi ma non sotto il controllo della Repubblica Popolare Cinese.  

In quanto SARS, Hong Kong e Macao hanno un loro governo basato sul Basic Law, la legge fondamentale della città che ha valori simili ad una costituzione. Comunque, il governo continentale rimane responsabile della difesa e degli affari esteri di entrambe le SAR, ma ogni SAR è autorizzata a impegnarsi negli affari esterni e a partecipare alle organizzazioni internazionali, se ciò è consentito dai suoi termini. 

L’influenza di Pechino su Hong Kong

Il 19 marzo, presso l’aula del Consiglio Legislativo, si è tenuta la riunione dei parlamentari di Hong Kong per votare sul disegno di legge sulla sicurezza nazionale secondo l’art. 23 della Basic Law. Il testo è stato approvato all’unanimità e questo consentirà a Pechino di esercitare maggiore influenza nella Regione amministrativa speciale. A tal proposito, il capo dell’esecutivo di Hong Kong, John Lee, si è congratulato per aver portato a termine una questione durata anni e questo sembra mettere in crisi la formula “un paese due sistemi” ovvero la coesistenza delle economie di mercato socialista e capitalista all’interno della Repubblica Popolare Cinese. 

John Lee, leader di hong kong

Era dal 2003 che si provava ad applicare tale legge ma le diverse proteste lo hanno evitato. La nuova normativa riguarda cinque reati: tradimento, insurrezione, sabotaggio, interferenza esterna, furto di segreti di Stato e spionaggio. Per tali reati sono previste pene quali ergastolo e pene da 7 a 10 anni di carcere. 

La legge, entrata in vigore il 23 marzo, nasce dall’applicazione dell’art 23 della Basic law. Tale articolo stabilisce che le disposizioni legislative contro i reati menzionati precedentemente devono essere elaborate dalla stessa città di Hong Kong e non da Pechino. Il Porto profumato dovrebbe tornare sotto il controllo della Repubblica Popolare Cinese dal 2047 ma l’applicazione di tale legge mette in evidenza che le promesse del 1997 vengono sempre meno, considerando anche le evoluzioni del contesto internazionale, in ambito tecnologico,  e il principio di un paese due sistemi sembra ormai un caro ricordo.

Inizialmente, Beijing propose di occuparsi della legge sulla sicurezza per evitare che Hong Kong e Macao diventassero oggetto di minaccia per l’intera Cina ma Hong Kong si rifiutò e questo causò una serie di rivolte, una fra tutte la rivoluzione degli ombrelli.

L’applicazione di tale legge potenzierà le opzioni degli apparati di sicurezza cinesi per reprime il dissenso della fazione pro-democrazia locale, che era particolarmente attiva per il mantenimento della Basic law. Successivamente, nel 2020 Pechino ha permesso al suo comitato permanente ad Hong Kong di applicare la legge sulla sicurezza idealizzata da Pechino, sorpassando l’organo legislativo della città. 

Sembra che la rapidità con cui è stata accettata la nuova normativa sulla sicurezza sia dovuto al fatto che Pechino abbia dato la spinta per la conclusione dei lavori per cogliere di sorpresa i paesi occidentali, soprattutto gli Stati Uniti, e prevenire eventuali risposte. 

L’applicazione della normativa dell’art. 23 sembra portare a termine il riassorbimento di Hong Kong sotto il controllo di Pechino e la fine del noto concetto del “one country two systems”. 

Questo potrebbe avere degli effetti negativi per le imprese straniere che vogliono investire in Cina. Il Porto Fiorito, essendo una ex colonia britannica, funziona secondo il sistema giuridico del Common Law. Dunque, si avranno investimenti in Cina che seguono leggi occidentali. Una vera fortuna per chi vuole allargare i propri orizzonti. Eppure dal 2023 gli investimenti esteri in Cina sono diminuiti del 80% rispetto all’anno precedente, a causa del restringimento dell’autonomia dell’ex colonia britannica.

Sia l’Europa che Nazioni Unite hanno espresso la loro preoccupazione a riguardo sostenendo che tale normativa potrebbe erodere le libertà fondamentali ad Hong Kong.

“È allarmante che una legislazione così importante sia stata approvata in fretta e furia attraverso un processo accelerato, nonostante le serie preoccupazioni sollevate sull’incompatibilità di molte delle sue disposizioni con il diritto internazionale dei diritti umani” ha dichiarato Volker Turk, Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani. 

Volker Turk, Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani

Numerose rivolte sono state represse, incarcerando i pro-democratici e numerose sanzioni da parte degli Stati Uniti sono state indirizzate anche a John Lee e ad altri funzionari governativi.

“Le legge contiene disposizioni vaghe che potrebbero portare alla criminalizzazione di un’ampia gamma di comportamenti che sono protetti dai trattati internazionali sui diritti umani, tra cui la libertà d’espressione, la libertà di riunirsi pacificamente e il diritto di ricevere e diffondere informazioni” dichiara ancora Volker Turk. 

Stando ai fatti sembrerebbe che l’influenza di Pechino non può essere fermata e il diritto legittima questa influenza. Infatti, Ronny Tong, un membro del Consiglio esecutivo di Hong Kong, spiega che centrale nell’articolo 23 è l’espressione “shall enacts laws on its own” che fa riferimento al fatto che al momento della formulazione dell’art 23 si è data piena autonomia al legislatore locale di redigere un testo contro il tradimento e lo spionaggio. Pertanto, le pressioni del governo centrale vengono giustificate come necessarie considerando le minacce locali e internazionali. 

In conclusione, possiamo affermare che la distanza tra i due sistemi economici del Paese è sempre meno e con essa sembra assottigliarsi anche l’importanza strategica di Hong Kong che oggi deve fronteggiare giganti emergenti come Shanghai, Shenzhen e Chongqing.

Mentre il 2047 si avvicina, nuovi scenari economici, politici e sociali potrebbero modificare l’attuale assetto internazionale.

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