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Il terremoto nel Val di Noto del 1693, le leggende di Don Arcaloro e del vescovo Carafa

“Catania abballa senza sonu” dice la vecchia a Don Arcaloro nella leggenda sul terremoto del 1693, la catastrofe naturale che ha segnato l’aspetto geografico della Sicilia Orientale per sempre. 


Storicamente la Sicilia ha subito numerosi terremoti, riconosciuti tra i più catastrofici a livello nazionale. Celebre è il terremoto del Belice nel 1968, o il terremoto di Messina nel 1908. I danni che seguono ogni evento sismico dell’isola sono davvero profondi, dal bilancio delle vittime alla perdita di beni culturali di grande valore patrimoniale. Il terremoto più forte mai registrato in Italia avvenne nel 1693 nel Val di Noto, nella Sicilia Orientale, che si preserva nella memoria dei siciliani attraverso due leggende principali: quella di un barone e quella di un vescovo. 

La prima leggenda vede protagonista il Barone Arcaloro Scamacca Perna della Brucà e Crisciunà, personaggio realmente esistito nel XVII secolo e noto alchimista illuminato del periodo. 

La mattina del 10 gennaio 1693 si presentò sotto la finestra del barone una donna, nota fattucchiera locale. Con voce grave e rauca lo intimò di ascoltarla, poiché le sue parole erano di grande importanza e “ne andava di mezzo la vita”. Nonostante la servitù cercò di impedire alla strega di avvicinarsi al barone, Don Arcaloro conosceva perfettamente la maga, la invitò in casa e ascoltò ciò che aveva da dire. 

terremoto del Val di Noto del 1693
Don Arcolano, quadro settecentesco attribuito a Salvatore Lo Presti

«Don Arcaloru – disse la donna – dumani a vintin’ura, Catania abballa senza sonu», spiegando che Sant’Agata le era apparsa in sonno, chiedendo al Signore di salvare la sua amata città, ma la grazia le fu rifiutata per tutti i peccati dei catanesi. Intuendo immediatamente cosa quelle parole potessero significare, il barone si rifugiò in aperta campagna, in una sua abitazione nella contrada del Borgo e attese l’ora indicata dalla strega: il terremoto ebbe poi conseguenze catastrofiche. 

Un altra leggenda relativa al terremoto è quella del Vescovo Francesco Carafa, che curò la diocesi catanese dal 1687 al 1692. L’uomo era descritto come un buon vescovo, devoto e gentile, e grazie alle sue costanti preghiere era riuscito a tenere lontano il terremoto fino alla sua morte, nel 1692. L’anno successivo, venute a mancare le sue preghiere, Catania non ebbe scampo. 

Si legge ancora oggi sulla sua tomba: «Don Francesco Carafa, già Arcivescovo di Lanciano poi Vescovo di Catania, vigilantissimo, pio, sapiente, umilissimo, padre dei poveri, pastore così amante delle sue pecorelle, che poté allontanare da Catania due sventure da parte dell’Etna, prima del terremoto del 1693. Dopo di che morì. Giace in questo luogo. Fosse vissuto ancora, così non sarebbe caduta Catania»

terremoto del Val di Noto del 1693 nella leggenda
Tomba del vescovo Francesco Antonio Carafa (Duomo di Catania, foto di Giovanni Dall’Orto)

Il terremoto nelle leggende sopra citate è considerato l’evento catastrofico di maggiori dimensioni che abbia colpito la Sicilia orientale in tempi storici, il terremoto più forte mai registrato nell’intero territorio italiano, e il ventitreesimo terremoto più disastroso della storia dell’umanità, con un magnitudo pari a 7,31 (R). Distrusse più di 45 centri abitati, causando almeno 60 mila vittime e dando vita ad un devastante maremoto nel mar Ionio, che arrivò fino in Grecia.

«L’orribilissimo terremoto dell’anno 1693 è stato, senza alcun dubbio, il maggiore il più pernicioso che tra tanti avesse danneggiato la Sicilia, e sarà sempre l’infaustissima sua memoria luttuosa negli annali dell’isola, tanto per la sua durazione, quanto per la rovina portata dappertutto. Il giorno di venerdì 9 gennaio nell’ora quarta e mezza della notte tutta la Sicilia tremò dibattuta dalla terribile terremoto. Nel Val di Noto e nel Val Demone fu più gagliardo: nel Val di Mazara più dimesso[…]. Ma la domenica 11 dello stesso mese, circa l’ore 21, fu sconquassata tutta la Sicilia con violentissimo terremoto, con la strage e danno non accaduti maggiori ne’ secoli scorsi». (A. Mongitore, Istoria cronologica de’ terremoti di Sicilia – 1743)

terremoto del Val di Noto del 1693 mappa del tempo

Dopo le devastanti conseguenze del terremoto vennero indetti dei lavori di ricostruzione esemplari in stile barocco, che ancora oggi risultano parte essenziale del patrimonio artistico di Noto, Ragusa, Catania, Siracusa e moltissimi altri centri della Sicilia Sud orientale.  Numerose città inoltre sono state ricostruite seguendo criteri “antisismici” del periodo, con piazze ampie e palazzi più bassi e spessi. Ne è esempio la città di Grammichele, famosa per la sua pianta esagonale ed esempio di architettura razionale in tutta Italia.

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