Anonymous, l’eroe di cui abbiamo bisogno. La loro forza? Non esistere

Anonymous torna all’attacco, questa volta a sostegno dell’Ucraina. Anonymous è il più grande gruppo mondiale di hacker: nessuno sa chi sono, tutti sanno cosa fanno ma nessuno immagina cosa possono arrivare a fare.


Si chiama #OpRussia, l’operazione di Anonymous a favore dell’Ucraina contro Putin e il suo apparato statale. Anonymous parla di «guerra informatica contro la Russia» ma specifica che la lotta non sarà contro la Russia in toto bensì contro il fautore delle ingiustizie e coloro che lo sostengono.

Primo bersaglio? Il sito del Ministero della Difesa. Set di dati nascosti con una dimensione di diversi Gb sono stati resi pubblici. Il sito web dell’agenzia di stampa statale russa TASS è stato il secondo bersaglio. Il sito è rimasto offline ed è stato sostituito con un messaggio contro la guerra e con un invito a fermare l’invasione dell’Ucraina

Sul sito web di Izvestia è apparso uno striscione di Anonymous che affermava di avere attaccato anche Gazprom, Sberbank e vari siti web del governo, di aver paralizzato i sistemi di sicurezza delle banche russe e violato i canali TV in diretta di Russia 24, Channel One e Mosca 24. Inoltre, i dati personali relativi a 120 mila soldati russi che partecipano all’invasione in Ucraina sono stati resi noti.

Ma la cyber war è appena iniziata. Tutti dovrebbero essere portati dinanzi a un tribunale «per crimini di guerra», denuncia il collettivo, e promette che continuerà la sua battaglia «fino a quando la Russia non fermerà la sua aggressione». «Mettetevi nei panni degli ucraini che vengono bombardati in questo momento. Insieme possiamo cambiare il mondo, possiamo resistere a qualsiasi cosa. È tempo che il popolo russo si unisca e dica no alla guerra di Vladimir Putin. Siamo Anonymous. Siamo una legione. Aspettateci».

Cyber war: di cosa si tratta?

Si definisce cyber war l’insieme di tutte quelle attività che hanno l’obiettivo di creare danni a sistemi informatici di ogni tipo. La guerra cibernetica si svolge con attacchi nel cyberspazio che possono andare a colpire tutti e tre i livelli di cui si compone: fisico, sintattico e semantico.

A livello fisico mira a distruggere le infrastrutture che permettono di mantenere attive le linee di comunicazione, come computer, server, dispositivi informatici in genere, cavi, satelliti. A livello sintattico i sistemi computerizzati sono attaccati utilizzando malware di vario tipo, a seconda del danno che si vuole procurare, andando potenzialmente a distruggere dati presenti negli hard disk oppure facendo trafugare informazioni. A livello semantico si parla di attacchi di social engineering. In questo caso gli hacker provano a manipolare gli avversari con campagne di phishing o attraverso i social network per riuscire a impossessarsi di dati di grande rilievo.

Solitamente, Anonymous, agisce attraverso attacchi di tipo DDoS, uno degli strumenti di aggressione più usati dai criminal hacker. Gli attacchi DDos, ossia basati sulla tecnica cosiddetta Denial of Service (letteralmente: negazione del servizio) vengono categorizzati come Abuse Existing Functionality. In altre parole: bombardano i siti per farli andare in tilt.  Successivamente, comunicano al mondo il loro attacco.

Annunci con video distopici, messaggi corti con voce camuffata sono i mezzi con i quali diffondono i loro attacchi. Usano il loro profilo Twitter yourannonews – anche se non può essere considerato un account ufficiale – per divulgare le loro azioni e soprattutto per rivendicare e fornire una spiegazione.

Chi è Anonymous?

Un uomo mascherato, una voce camuffata e poche parole. Questo è Anonymous, questi sono Anonymous. Si definiscono una legione: «noi siamo Anonymous, noi siamo una legione non perdoniamo e non dimentichiamo. Veniamo da Internet. Siamo anonimi. Siamo ovunque. Aspettateci». Nessuno sa chi sono e il loro anonimato è la loro forza.

È molto difficile, in realtà, chiarire cosa sia Anonymous. La giornalista Quinn Norton, su Wired, li ha identificati essenzialmente come una cultura, un modo di pensare sé stessi e la società, assolutamente fuori dai canoni tradizionali – di etica e di legalità – ma contemporaneamente denso di spunti di assoluto interesse.

Il giornalista statunitense Chris Landers ha definito il gruppo come «la prima coscienza cosmica basata su Internet: un gruppo, nello stesso senso in cui uno stormo di uccelli è un gruppo (…) Come si fa a sapere che è un gruppo? Perché viaggiano nella stessa direzione. In qualsiasi momento, più uccelli possono unirsi, lasciare lo stormo o staccarsi completamente verso un’altra direzione».

Da dove vengono?

Il movimento sembrerebbe essere nato nel 2003 all’interno di 4chan, sito imageboard dedicato alla pubblicazione di immagini anime e manga: qui, agli utenti che accedevano senza identificarsi veniva assegnato il nickname “Anonymous”, che finì per essere identificato come una persona reale.

Dal celebre attacco a Scientology nel 2006 hanno iniziato le loro battaglie contro chiunque metta in pericolo la libertà delle persone. Si sono scagliati contro coloro che attuavano delle ingiustizie e negli anni, seppur senza un’identità ben definita, sono riusciti a catturare spesso l’attenzione dell’opinione pubblica.

Il gruppo è diventato famoso durante la difesa di WikiLeaks e del suo fondatore Julian Assange. WikiLeaks era stato preso di mira dal governo degli Stati Uniti dopo che il sito aveva ottenuto le riprese video di un attacco con elicotteri degli Stati Uniti in Iraq, che uccise due dipendenti Reuters e due bambini. La reazione orchestrata dal governo è stata rapida. PayPal e i processori di carte di credito MasterCard e Visa hanno bloccato i pagamenti a WikiLeaks, che si basava sulle donazioni per affittare lo spazio sul server e pagare il personale. 

In risposta, Anonymous si è mobilitato, scatenando il suo cosiddetto Low Orbit Ion Cannon (LOIC), con il quale chiunque poteva partecipare ad attacchi DDoS anonimi lanciando pacchetti al sito web designato. 

Con il passare degli anni Anonymous ha ampliato la sua attenzione e sostenuto numerose cause internazionali affrontando i cartelli messicani, i siti di condivisione di file di pornografia infantile e rimuovendo i server del governo israeliano e delle forze dell’ordine statunitensi.

Uno dei caratteri distintivi di Anonymous riguarda la maschera di Guy Fawkes – il cospiratore inglese del 17esimo secolo, protagonista di V per Vendetta – utilizzata spesso dai membri per apparire in videocamera. La maschera è apparsa con il gruppo hacker per la prima volta nel 2008 e da quel momento è divenuta per l’opinione pubblica simbolo di un “vigilante virtuale”, ma le azioni svolte da questo gruppo di informatici sono ritenute pericolose dalle istituzioni internazionali.

anonymous

Fascino e terrore per la guerra 4.0

I sentimenti verso il collettivo di hacktivisti sono molteplici. Ci sono coloro che li vedono come un’occasione di testare i sistemi di sicurezza. Altri credono sia formato da agenti segreti infiltrati nel sistema come un cavallo di Troia; per tale ragione li reputano un pericolo. C’è chi li ama e chi li eleva a eroi ritenendoli dei paladini della giustizia sul web. La risposta alla domanda se sono buoni o cattivi dipende solo dai punti di vista.

Nel corso di una conferenza stampa a Bruxelles, Stoltenberg ha dichiarato che un attacco cibernetico contro le infrastrutture di un Paese alleato può far scattare l’articolo 5 della Nato («le parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell’America settentrionale sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le parti» con tutte le conseguenze del caso). Le sue parole sono un chiaro avvertimento alla Russia, che nei giorni scorsi si è scatenata contro i sistemi ucraini. Il malware che ha creato diversi problemi a Kiev si chiama Hermetic Wiper o KillDisk.NCV ed è arrivato in risposta alla tempesta di DdoS (anagramma di Distributed denial of service) dei giorni scorsi. 

La Russia potrebbe anche alzare il tiro e colpire le infrastrutture dell’Ucraina ancora più duramente di quanto fatto fino a ora. Ecco perché Stoltenberg ha richiamato il citato articolo 5, affiancato dall’articolo 4 («le parti si consulteranno ogni volta che, nell’opinione di una di esse, l’integrità territoriale, l’indipendenza politica o la sicurezza di una delle parti fosse minacciata»).

Anonymous, angeli o demoni?

Attorno ad Anonymous certamente è diffuso il sentimento a loro favore e molti si schierano a loro sostegno ma, come si è chiesto il giornalista Patrick Howell O’Neill su MIT Technology: «quando milioni di persone nei centri delle città sono sotto tiro, cosa valgono le fughe di dati e i siti web paralizzati?».

Su AGI prova a dare una risposta il giornalista Arcangelo Rociola: «Poco, probabilmente vale poco. Vale sicuramente meno di un combattimento svolto a poche decine di metri da un reattore nucleare, vale meno di un carro armato che bombarda le case dei civili, vale meno di una guerra che è tornata in Europa con tutto il suo carico di orrore. E non c’è maschera, per quanto rassicurante, che possa edulcorarne la brutalità».

Il celebre gruppo Cult of the dead cow (CdC), quando scrisse il saggio sull’hacktivism, lo intitolò Hacktivism, un messaggio speciale di speranza: era il 2001 e tale messaggio risulta oggi quanto mai attuale. Abbiamo probabilmente bisogno, oggi più che mai, di speranza e Anonymous riesce a farla riaccendere.

Alla luce di tutto questo, quindi, gli Anonymous sono più angeli o demoni? Probabilmente sono entrambe le cose. Dietro un nome collettivo può esserci di tutto: coloro che combattono per una giusta causa e quelli che invece non hanno intenti positivi. Buoni o cattivi che siano, di certo ci danno sempre uno spunto importante per riflettere e potrebbero spingerci a realizzare una società più equa. A meno che non sia tutto un bluff.