La vita di Indira Gandhi

«Non ho l’ambizione di vivere a lungo, ma sono fiera di mettere la mia vita al servizio della nazione. Se dovessi morire oggi, ogni goccia del mio sangue fortificherebbe l’India». Queste furono le ultime parole pronunciate da Indira Gandhi la sera prima d’essere assassinata. L’unica figlia di Kamla e Jawaharlal Nehru, venne freddata da 7 colpi all’addome e una decina al petto dai suoi stessi uomini di etnia Sikh.

Indira Priyadarshini Nehru-Gandhi nasce il 19 novembre del 1917 a Allahabad, in India, in una famiglia di Kashmiri Pandit. Cresciuta da sola, a causa della morte prematura del fratello e della madre per tubercolosi e dell’assenza del padre per motivi di lavoro. La sua educazione fu affidata ad alcuni tutori e successivamente alla Modern School di Delhi, a cui seguì l’iscrizione alla Ecole Internationale di Ginevra ed alla Viswa Bharati University di Shantiniketan. Abbandonò l’università per seguire la madre malata in Europa ed alla sua morte decise di completare gli studi presso la prestigiosa Università di Oxford. I suoi studi, tuttavia, furono continuamente interrotti a causa del suo stato di salute cagionevole che la costrinse a cambiare più volte università e luoghi di studio.

Nel 1940, in seguito alla conquista dell’Europa da parte dei nazisti, Indira si trovava in Svizzera e da lì provò a raggiungere l’Inghilterra, senza successo. Decise allora di tornare in India. Lì si sposò con Feroza Gandhi (nessuna parentela col ben noto Mahatma) e da qui il cognome acquisito con cui è conosciuta tutt’oggi.

Negli anni ’50 lavorò per il padre, in quel momento Primo Ministro dell’India e alla fine del decennio diventò lei stessa Presidente dell’Indian National Congress. Dopo la morte del padre nel 1964 divenne Ministro dell’Informazione e delle Telecomunicazioni nel governo di Lal Bahadur Shastri. Nel 1966 venne eletta Primo Ministro: sarà la prima ministra donna dello stato indiano. In pochi anni, tuttavia, il partito si spaccò in due tronconi (uno progressista ed uno conservatore) ed in una situazione alquanto precaria, tra accuse di brogli elettorali nel 1975 e un’ondata di proteste che la spinsero a proclamare lo stato di emergenza, la sua figura perse consensi.

Indira Gandhi al fianco di Henry Kissinger

Il 1977 è l’anno che segnò la sconfitta del suo partito. Un anno dopo, Indira Gandhi finì addirittura in carcere. Dopo pochi giorni uscì e fondò un nuovo partito con cui avrebbe vinto le elezioni del 1980. Tornata al governo, si ritrovò a fronteggiare la componente più estremista del movimento indipendentista sikh. La sua risposta fu durissima: con l’aiuto dell’esercito espugnò il Tempio sacro dei Sikh ad Amritsar, in un’operazione militare che causò la morte di centinaia di persone tra militari dell’esercito indiano e oppositori. Fu per questo che il 31 ottobre 1984 le sue guardie del corpo Sikh le scaricarono addosso più di 30 proiettili: per vendicare la strage di cui fu ritenuta responsabile.

Una figura dunque complessa e controversa quella di Indira Gandhi. Le sue riforme economiche progressiste negli anni ’60 e ’70 ebbero un impatto notevole sul fronte interno. In politica estera, firmò un trattato di cooperazione ventennale con l’URSS nel 1971 e riuscì a dotare l’India di bombe nucleari, un obiettivo di importanza strategica durante gli anni della guerra fredda. Attorno alla sua figura si sviluppò un vero e proprio culto della personalità che portò addirittura a coniare lo slogan “Indira è l’India e l’India è Indira”.

Di certo il suo assassinio è il segno del peso le sue decisioni hanno avuto sulla popolazione del paese, un peso sia positivo che negativo. Indira Gandhi ha guidato un paese fortemente discriminatorio nei confronti del sesso femminile e probabilmente anche questo l’ha portata ad esser vista come una minaccia da non pochi esponenti politici.

Tra luci e ombre, Indira Gandhi fu pur sempre una donna che, negli anni ’70 del secolo breve, ebbe “l’impudicizia” di diventare non solo premier di un paese a tratti misogino ma che si spinse oltre, lottando per un’India laica e soprattutto più “verde”, sfida che al giorno d’oggi risulta difficile anche per i capi di Stato più progressisti del vecchio continente. D’altronde, il suo desiderio di creare uno stato laico a fronte delle tante identità religiose all’interno dell’India ha avuto un tragico epilogo.