Il femminismo tra realtà ed immaginazione: la storia di Isabel Cabanillas de la Torre

Immaginate di camminare in una mattinata assolata per le strade di Ciudad Juárez e di sentire improvvisamente delle urla. Cosa fareste? Vi avvicinereste come qualunque persona curiosa di scoprire cosa sta succedendo intorno a sé. Vi fate largo tra la folla e trovate una ragazza stesa sul ciglio della strada senza vita. Una ragazza come tante, di cui non sapete nulla, giace inerme davanti a voi. La prima domanda che vi salta in mente è “perché?”, mentre il vostro sguardo viaggia tra le stradine antistanti per capire se anche voi siete in pericolo.

Immaginate adesso di essere una donna che lotta per le donne, un’artista ed una madre. Immaginate di dover uscire di casa per fare la spesa, per andare a lavoro o semplicemente per accompagnare i vostri figli a scuola. Immaginate di non potervi sentire al sicuro perché state combattendo una battaglia troppo grande e scomoda. Immaginate di essere voi quella salma sul ciglio della strada.

Il 17 Gennaio 2020 è toccato a Isabel Cabanillas de la Torre, attivista per i diritti delle donne messicana. È stata assassinata mentre tornava a casa da un bar in centro in bicicletta. Era uno di quegli esseri umani scomodi che rivelano verità che dovrebbero tacere: un’artista, un’attivista, una mamma di 26 anni che lottava per un mondo migliore.

La verità fa male, torniamo alla nostra immaginazione. Immaginiamo di vivere in un paese al confine tra Messico e Stati Uniti. Immaginiamo anche di poter ancora vedere il confine di uno Stato potente come quello nord americano e di non esser minacciati da un possibile muro contenitivo che ci blocca il passaggio verso un mondo diverso. Immaginiamo di dover vivere angherie e soprusi perché abbiamo avuto la sfortuna di nascere donne. Ed immaginiamo di volerci ribellare.

Immaginiamo anche, però, di vivere in una città dove il tasso di femminicidi è altissimo, che nel solo 2017 ha raggiunto quota 258, e nel trimestre che va da Gennaio a Marzo 2019 sono 49 i casi di donne decedute. Adesso immaginiamo di vivere in una città in cui armi e droga siano estremamente diffusi, in cui la violenza sia il modus operandi di ogni uomo che si rispetti.

Immaginiamo di essere donne e di non avere la libertà di esprimere il nostro essere per un’unica ragione: l’appartenenza a un genere considerato inferiore e dedito solo ed esclusivamente a determinate mansioni. Immaginiamo di non poter denunciare le irregolarità o le ingiustizie che viviamo ogni giorno. Immaginiamo di dover vivere una vita che non ci appartiene ma che ci è stata regalata da qualche brav’uomo migliore di noi.

Per un attimo torniamo alla realtà. Esistono donne di 26 anni che perdono la vita per un “No”. Una semplice parola, due lettere che portano con sé tutta la forza di una battaglia lunga e massacrante. Le vittime registrate negli ultimi anni fanno parte dell’associazione Hijas de su maquilera madre, composta da giovanissime operaie delle maquiladoras (fabbriche di assemblaggio delle multinazionali della droga che si occupano dei passaggi al confine del continente sud americano con quello nord americano).

Ciudad Juarez, nello stato di Chihuahua, è stata definita “la città che uccide le donne”. Un triste primato per un paese che nei secoli è stato fortemente matriarcale come il Messico. La concezione moderna della donna con le libertà e i diritti che le spettano non è mai stata ben accolta dagli uomini della città e per questo Isabel, come tante altre attiviste, è stata fatta fuori, zittita, calpestata. Nel punto in cui è stata ritrovata è stata piantata una croce rosa in ricordo di quell’artista che amava dipingere vasi e vestiti. Il suo ritratto è stato dipinto sui muri della città insieme ai volti di tante altre donne che hanno perso la vita. Dal 1993 ad oggi sono più di 1500 i femminicidi avvenuti nella zona.

Il confine tra realtà ed immaginazione è sempre molto labile e molte volte le due possono risultare distorte. Quello che possiamo portare avanti, però, è il ricordo di ciò che è successo e la lotta per un futuro differente.

Tocca a noi guardare la realtà dritto negli occhi e affrontarla con coraggio, determinazione e forza. È tutto ciò che abbiamo il dovere di fare per ricordare Isabel e tutte le donne come lei. Donne, mamme, lavoratrici che negli anni hanno perso la vita, con coraggio e sempre a testa alta.