Dov’è Silvia? 365 giorni e ancora buio

 

Trecentosessantacinque. Sin da piccoli ci insegnano che 365 sono i giorni che ci sono in un anno, dodici mesi. Da piccoli, 365 ci sembra un numero grandissimo, immenso; probabilmente perché ancora a quell’età non si ha una concezione piena e consapevole del tempo, quei 365 giorni appaiono tanti, forse troppi. A volte, però, accade che 365 giorni siano davvero troppi da sopportare. E purtroppo la vicenda di Silvia Romano rientra in uno di questi casi.

Infatti, la 24enne cooperante milanese che si trovava in Africa per conto della Milele Onlus è stata rapita lo scorso 20 novembre, esattamente un anno fa. Un anno di dubbi, sospetti, supposizioni, false notizie. Ma quali sono le ultime novità nella vicenda di Silvia Romano?

Sappiamo che è stato un commando di 8 uomini armati a rapire la ragazza quel 20 novembre 2018 nel villaggio di Chakama, in Kenya; sappiamo che qualche settimana dopo il sequestro, il 10 dicembre, viene arrestato Ibrahim Adnan Omar, cittadino 35enne somalo di religione islamica che viene trovato in possesso di una delle armi usate nel rapimento della ragazza; qualche giorno dopo, il 26 dicembre, vengono arrestati Moses Luari Chembe e Abdulla Gababa Wario, entrambi rei confessi, i quali secondo le autorità locali avrebbero fatto parte anche loro della banda armata che ha compiuto il blitz a Chakama.

Sappiamo che all’inizio di agosto Moses Chembe è tornato in libertà su cauzione; stessa cosa dicasi per Adnan Omar, fuori anche lui per una cauzione di ben 26 mila euro pagata da un non identificato “uomo misterioso”: una cifra enorme, considerato che in Kenya il salario minimo consiste approssimativamente a meno di mille euro l’anno. Ma ciò che desta maggiore preoccupazione è che proprio Adnan Omar risulta, ad oggi, irrintracciabile, fuggito chissà dove; motivo per il quale il processo, che doveva iniziare qualche giorno fa, si è aperto con 4 ore di ritardo e si è chiuso in poco più di mezz’ora, rinviato – macabra coincidenza – proprio al 20 novembre. Come se non bastasse, a rendere ancora più inquietante la vicenda, si sono aggiunte frasi cariche di paura e apprensione pronunciate da alcuni testimoni che temono per la propria vita, e sperano in una veloce chiusura dell’intero processo.

Si è parlato anche di una possibile islamizzazione della giovane, che sarebbe stata costretta a sposarsi, come per mettere in atto una sorta di lavaggio del cervello, una pressione psicologica con l’obiettivo di recidere i suoi legami affettivi e culturali. Ma anche di questo, non vi è la certezza. Le ultime notizie risalgono a qualche giorno fa, e rivelano che la ragazza sarebbe tenuta sotto sequestro in Somalia da un gruppo islamista legato ai jihadisti di Al-Shabaab. Silvia sarebbe viva, quindi, anche se non trapela alcuna notizia sicura in merito a rivendicazioni o possibili richieste di riscatto, cosa alquanto inusuale. Gli inquirenti italiani stanno anche valutando la possibilità di inviare una rogatoria internazionale alle autorità somale.

Le indagini continuano, dunque, ma ancora nulla è certo. Anzi, ciò che è certo è che da 365 giorni non si hanno più notizie di una ragazza che era andata in Africa per inseguire la propria vocazione, la propria passione. Ci chiediamo perché una ragazza sia stata sequestrata, una ragazza che si occupava di bambini in un orfanotrofio, che si era recata in un posto dimenticato da Dio soltanto perché questo era ciò che sentiva, ciò che voleva. In una generazione dove spesso i giovani si accontentano di ciò che hanno, abbassando le proprie aspettative, Silvia ha fatto una scelta coraggiosa, la sua scelta.

Da un anno, purtroppo, tutti conosciamo Silvia, e la sua storia; ormai il suo volto ci è familiare. Abbiamo visto decine di volte le sue foto, che la ritraggono sorridente nella sua Africa, coi suoi bambini: Silvia può essere sorella, figlia, amica, di ognuno di noi. Per questo la sentiamo così vicina. Ed è per questo che dal 20 novembre 2018 i giorni passano un po’ più lenti, un po’ più pesanti. Questi dodici mesi, questi 365 giorni, sono stati lunghi, infiniti, decisamente troppi. Ma non saranno mai abbastanza da farci perdere la speranza di rivederla. Ti aspettiamo, Silvia.