Berta Cáceres, la figlia che porta il nome e la lotta della madre

Giustizia, per noi, non è solo incarcerare una persona, ma arrivare a determinare qual è la struttura criminale che ha reso possibile uccidere mia madre.” Risoluta e decisa, parla una Cáceres, ancora una volta una donna di resistenza: Berta Isabel Zuniga Cáceres, la figlia della leader honduregna che appena sei mesi fa venne uccisa con diversi colpi di arma da fuoco nella sua abitazione.

Come sua madre, Berta difende il popolo Lenca, popolazione discendente dai Maya e che occupava larga parte dell’Honduras in epoca precolombiana. Oggi sono rimasti in 250 mila ma rappresentano la minoranza più numerosa nel Paese e vivono in condizioni di povertà estrema e oppressione politica per l’attaccamento alla terra che proteggono dallo sfruttamento di grandi e potenti aziende costruttrici.

Per il festival di Internazionale che si terrà a Ferrara, la ventiseienne Berta Cáceres sarà presente a uno dei dibattiti all’interno dell’evento, precisamente l’1 Ottobre alle 16.30 e parteciperà all’incontro Coltiviamo comunità, reti e territorio promosso dal Collettivo Italia Centro America che avrà luogo a Firenze dal 7 al 9 Ottobre. Un discreto periodo nel quale sarà possibile rintracciarla e ascoltarla dal vivo.

In un’intervista di Altraeconomia, la giovane attivista chiamata con lo stesso nome della madre, ha dichiarato che dopo l’omicidio di mama Berta “le indagini hanno visto fin dal loro avvio una serie di irregolarità che oggi fanno sì che la nostra famiglia non abbia fiducia del lavoro che stanno facendo le istituzioni honduregne. Sono le irregolarità che ha denunciato fin dall’inizio anche il testimone oculare Gustavo Castro, e che noi abbiamo reiterato, a partire dal tentativo di incolpare membri del COPINH, l’organizzazione indigena e popolare che mia madre aveva contribuito a fondare e coordinava ”.

Alcuni dati dettagliati di Amnesty International sottolineano come in Honduras, in seguito al colpo di stato del 2009, sia iniziata una fase di criminalizzazione dei movimenti sociali e di tutela dell’ambiente, soggetti in netto contrasto con l’operato di quelle multinazionali che godono del benestare dei governi e del loro appoggio. Una situazione molto delicata in cui il dissenso viene soppresso o tenuto lontano dai riflettori. Si esprime così niña Berta: “Il COPINH è stato perseguitato anche prima del colpo di Stato, alcuni suoi attivisti arrestati. Oggi, però, con l’omicidio di una delle leader più importanti non solo della nostra organizzazione ma di tutto il popolo lenca, si vuole portare un’aggressione definitiva: la fase che stiamo vivendo è molto pericolosa, la definirei una strategia di contro-insurrezione, nella quale anche il governo degli Stati Uniti ha e ha avuto un ruolo. Nonostante questo, non abbiamo intenzione di fermarci ”.

Da questo Marzo, Berta e i suoi fratelli stanno costruendo relazioni in America come in Europa, sostanzialmente reti di appoggio e solidarietà. Un modo per “allargare la vetrina” sull’Honduras e mostrare al mondo ciò che vi accade ancora troppo silenziosamente. “Dopo il colpo di Stato del 2009 nel Paese si è rafforzato un modello estrattivista, di sfruttamento delle risorse, che oggi si sta “concretizzando” con la realizzazione dei progetti oggetto di concessione. L’omicidio di mia madre evidenzia la grave situazione che c’è nel Paese, e che ha superato ogni limite, almeno per quanto riguarda il rispetto dei diritti fondamentali dei popoli indigeni e dei movimenti sociali. Crediamo, così, che ci offra un’opportunità per evidenziare tutto questo.” Le parole della giovane honduregna suonano come un allarme molto più grande del Rio Gualquarque, il fiume che i Lenca continuano a difendere dall’immensa diga che vi si minaccia di costruire: l’allarme che segnala l’esistenza di diritti umani di prima classe e di seconda classe.

Daniele Monteleone