Il Nagorno-Karabakh: l’eterna contesa tra Armenia ed Azerbaijan

L’origine del conflitto del Nagorno-Karabach risale al 1918, ossia alla fondazione della Repubblica Federale Democratica Transcaucasica che comprendeva Armenia, Azerbaijan e Georgia. La Repubblica nacque indipendente sia dalla Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa (URSS) che dall’Impero Ottomano e proprio contro quest’ultimo dovette lottare per l’indipendenza di parte del suo territorio, ovvero per l’Armenia occidentale.

Il carattere composito della popolazione determinò la conflittualità interna alla repubblica: gli azeri, a maggioranza musulmani, si rifiutarono di combattere a fianco degli armeni cattolici contro gli ottomani, con cui condividevano la stessa fede. Nello stesso anno Baku, capitale dell’Azerbaijan, venne presa d’assalto dalla Federazione Rivoluzionaria Armena: l’Azerbaijan decise così di separarsi dalla RFDTC per formare la Repubblica dell’Azerbaijan, imbracciando le armi contro l’ex alleato e scatenando cosi la guerra azero-armena. Alcuni insorti armeni si arroccarono nel Nagorno-Karabach dando vita alla Repubblica dell’Armenia Montanara: i bolscevichi rimpiazzarono l’alleato ottomano (uscito di scena) e occuparono interamente l’Azerbaijan e continuarono la guerra al loro fianco. La Repubblica Armena Montanara continuò a resistere fino al 1921 quando cadde nelle mani dei bolscevichi. È dunque Mosca, con il Trattato di Alexandropol, a tracciare i confini dei due stati, assegnando la regione contesa all’Azerbaijan. Il conflitto rimase sempre latente muovendo gli animi da una parte e dall’altra con petizioni, rivendicazioni e atti di guerra. Anche l’ONU si espresse sul conflitto, senza riuscire (come purtroppo la maggior parte delle sue risoluzioni) a risolvere la questione.

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Lo scontro è ancora in atto e continua a pesare sui bilanci statali dei due Paesi: basti considerare che nel 2012 Baku si è aggiudicata il quinto posto nel ranking mondiale per le spese destinate alla difesa (spendendo il 5.20% del PIL) , mentre Yerevan occupava la dodicesima posizione (3.92% del PIL). L’Armenia ha avuto molte difficoltà a risollevarsi dopo il crollo sovietico: situata fra la Russia e il mondo musulmano, dal quale la cattolica Armenia teme una qualche ritorsione, la maggior parte delle spese dall’indipendenza sono sempre state destinate al settore della difesa. A causa della miseria, della disoccupazione cronica e della guerra con l’Azerbaijan, la popolazione abbandonò il Paese contribuendo alla grande diaspora avvenuta agli inizi del XX secolo a causa del genocidio.

La storia del controverso genocidio armeno è ritornato nelle cronache circa un anno fa, ad aprile del 2015, allorché Papa Francesco, durante una messa ha parlato di “genocidio armeno”, urtando la sensibilità dei turchi che da sempre lo hanno negato e scatenando un affaire internazionale. Tutto questo si è chiaramente ripercosso sul Nagorno-Karaback, dove i colpi di artiglieria non si sono fatti attendere, ed insieme ai colpi di mortaio sono arrivate anche le informazioni manipolate sulle vittime da parte azera ed armena.

Oggi la situazione è di nuovo calda e si torna a sparare: Baku ha accusato almeno 200 morti in seguito agli attacchi armeni, Yerevan a sua volta accusa i militari azeri di aver sparato su scuole e ospedali, facendo dei civili un obiettivo. È da anni che Yerevan e Baku minacciano guerra, e persino gli Stati Uniti avevano messo in guardia la comunità internazionale sul rischio concreto di un conflitto militare tra i due Stati. La minaccia maggiore dal punto di vista internazionale deriva dall’appoggio dei due paesi, dato che l’Armenia può contare sul supporto della Russia, mentre l’Azerbaijan sulla Turchia. Inoltre la Russia ha annunciato di aver venduto all’Armenia moderni sistemi antimissile e dislocato aerei militari sul suo territorio al confine con la Turchia. Ankara conta con un patto di reciproca assistenza militare con l’Azerbaijan.

Anche la Lady Pesc, Federica Mogherini, ha redarguito le due fazioni chiedendo di placare gli animi e rispettare il cessate il fuoco. Un’azione alla Unione si potrebbe dire, ossia un invito a fermarsi senza agire in modo più profondo, dati i potenziali rischi per l’Europa di un tale conflitto sulla porta di casa. Il conflitto dunque è uno scontro tra due paesi, potenzialmente tra due aree ed anche una questione energetica. Non solo nella zona passano moltissimi oleodotti e gasdotti, ma l’Azerbaijan è un importante paese esportatore di queste due fonti di energia. La questione del Nagorno-Karabakh è più di un semplice scontro tra due paesi alla “periferia del mondo”. È un conflitto che può ingigantirsi, che può coinvolgere altri paesi e che può colpire anche in maniera trasversale attraverso tagli alle forniture energetiche. È una guerra che va evitata.


Di Ilenia Maria Calafiore

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