Sentenza di Karlsruhe: cosa può accadere

 
 

La sentenza del 5 Maggio della Corte Costituzionale tedesca potrebbe intaccare, e forse irreversibilmente incrinare, il futuro della moneta unica: la risposta definitiva arriverà il 5 agosto.


Ciò che vogliamo analizzare in questo piccolo contributo è l’effetto economico che la sentenza emessa dalla Corte Costituzionale tedesca (Bundesverfassungsgericht) il 5 Maggio scorso potrebbe avere sui mercati europei, sull’andamento del mercato comune e sulla moneta unica. Lasciamo ad altri contributi, in parte già presenti sulla nostra testata, la valutazione sulla legittimità giuridica della decisione o come dovrebbe essere regolato il contrasto fra Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) e quella di Karlsruhe. Quello che è importante ricordare è come il tempo concesso dal Bundesverfassungsgericht (tre mesi) scadrà il prossimo 5 agosto.

In termini economici, la sentenza del 5 Maggio porrebbe un obbligo nei confronti della Bundesbank di abbandonare il programma di acquisto dei titoli noto come Public sector purchase programme (PSPP), qualora la Banca Centrale Europea (BCE) non fornisse prova della proporzionalità dello strumento in questione tra gli obiettivi di politica monetaria e i relativi effetti in ambito economico. In sintesi, la Corte Costituzionale tedesca, in assenza di tale presupposto, imporrebbe alla Bundesbank la fuoriuscita dal programma. Cosa significa questo? Parecchie cose, e non proprio piacevoli.

Innanzitutto, la fuoriuscita della Bundesbank dal programma di acquisto comune incrinerebbe per la prima volta l’unità europea nel settore, comportando un drastico rallentamento nel processo di integrazione monetaria. Sarebbe una notizia devastante per il progetto federale europeo e l’ennesimo segnale di incrinatura dell’architettura comunitaria solo recentemente rilanciata fra luci e ombre, più luci che ombre, dal Next Generation EU. L’unità d’azione delle Banche Centrali, cardine unitario delle manovre di politica monetaria, verrebbe meno e, cosa ancor più grave, si creerebbe un precedente per una futuribile fuoriuscita, sotto pressione di organi nazionali, da programmi della BCE per le altre banche centrali. Il rischio è stato chiaramente ventilato da parte del Presidente del Bundestag, Wolfgang Schaeuble.

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In secondo luogo, la sentenza pone l’obbligo sulla Bundesbank non solo del termine degli acquisti dei titoli, ma anche della dismissione dei titoli già presenti nel bilancio della banca e frutto degli acquisti andati avanti nel corso degli ultimi anni. Proprio in tale periodo, sotto il programma PSPP, la BCE ha promosso una serie di acquisti di titoli con l’obiettivo di rianimare la pingue inflazione europea. Il tentativo non ha avuto gli esiti sperati, ma come effetto secondario ha permesso di respirare ai Paesi UE ad alto indebitamento. Gli acquisti dei titoli fatti dalla Banca erano portati avanti in base alla capital key, cioè tenendo conto del contributo dato da ogni singola banca centrale alla BCE. Naturalmente, il principale contributore è la Bundesbank.

Questo significa che nei bilanci di quest’ultima è presente un enorme ammontare di titoli di debito tedesco (ogni singola banca centrale compra i titoli emessi nel proprio paese) che dovranno essere rilasciati, seppur gradualmente, sul mercato. Quello che è lecito aspettarsi è una caduta della domanda di questi titoli e, quindi, un aumento del tasso di interesse, la classica riduzione del prezzo. In sintesi, agirebbe il solito riequilibrio fra domanda e offerta, con un nuovo equilibrio raggiunto a un tasso d’interesse superiore. 

Adesso, immaginate di essere un investitore e di dovere scegliere se investire in un BTP italiano o in un Bund tedesco che, alla luce della nuova situazione, permetterebbe di avere un tasso d’interesse positivo. Quasi tutti sposterebbero i propri investimenti dai titoli dei Paesi periferici verso il sicuro titolo di stato tedesco. La fuga di capitali sarebbe copiosa, gli spread esploderebbero e, nel giro di qualche settimana, si tornerebbe ad avere i titoli di stato tedeschi nuovamente in negativo, a causa dell’aumento della domanda, e quelli dei Paesi periferici a un nuovo equilibrio con un tasso d’interesse maggiorato da corrispondere con un evidente aggravio per i conti pubblici. 

Questa, naturalmente, sarebbe la versione neutrale. Nella versione pessimista, il panico sui mercati finanziari innescherebbe una fuga inarrestabile di capitali, con uno scenario simile a quello visto durante il 2011 e il nuovo rischio di una euro-rottura. A quel punto, un intervento massiccio della BCE sarebbe necessario per arrestare la fuga e riportare la tranquillità sul mercato, con la speranza di non vedere una riproposizione dell’austerità in cambio dell’intervento europeo, in particolare del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES).

Lo scenario ottimistico sarebbe quello nel quale la fine degli acquisti della Bundesbank venisse sterilizzata dalla BCE stessa. Naturalmente, questo nuovo equilibrio non risolverebbe la situazione anomala di un Sistema Europeo delle Banche Centrali (SEBC) dove quella tedesca ha un’azione limitata.

La speranza, in realtà, è che la Corte di Karlsruhe si ritenga soddisfatta dalle spiegazioni indirette arrivate da parte della BCE e del Parlamento tedesco e comprenda come la politica monetaria non possa rispondere a quelli che sono interessi nazionali, ma debba far fronte a quelli che sono gli interessi dell’Unione nel suo complesso. Un’altra possibilità potrebbe essere ricondurre la Germania all’interno dei binari della politica monetaria attraverso la minaccia di una procedura d’infrazione. Se così non fosse, prepariamoci a ballare.