Il mercato del lavoro post Coronavirus

La crisi economica causata dal Coronavirus ha generato incertezze e travolto vari aspetti dell’economia mondiale, ma ha anche creato opportunità per nuovi settori.


Con la pandemia, oltre che l’economia in genere, ha subito una rivoluzione soprattutto il mondo del lavoro per via del fatto che, da un lato, alcuni settori sono stati più colpiti rispetto ad altri dalla crisi che il coronavirus ha generato e, dall’altro, ha portato a rivoluzionare il modo stesso di lavorare in specifici ambiti. I lavori digitali sono sicuramente quelli più adattivi, flessibili e richiesti in questo periodo, un po’ per via del social distancing, ma anche probabilmente nel prossimo futuro. In particolare, è utile analizzare 3 fenomeni per capire  proprio il trend dei lavori che saranno più richiesti.

Innanzitutto, il lavoro a distanza è cresciuto del 90%, grazie all’utilizzo di diverse tecnologie. Infatti, Zoom in questo periodo ha avuto un balzo in Borsa del 67%. Quello che stiamo vivendo non è il vero smart working, piuttosto è “lavoro da casa”, ma lo stare in casa ha sicuramente accelerato questo vero e proprio abilitatore di relazioni, personali e professionali obbligandoci ad imparare nuovi modi di comunicare e ad utilizzare nuove tecnologie. Paradossalmente, questo nuovo modo di lavorare ha salvato tanti posti di lavoro.

Secondariamente, i lavori che hanno visto un crollo pesante sono stati quelli legati al turismo, alla ristorazione, alla produzione di beni non essenziali, ai trasporti, al retail. Ed oggi, al contrario, sono in aumento tutti i lavori legati al mondo sanitario, medici ed infermieri, così come addetti al trasporto, alla logistica, all’e-commerce e alle piattaforme digitali: Google, Apple, Microsoft, Netflix, Amazon e altri giganti Tech continuano ad assumere. Uno dei motivi è la loro importante presenza online e la non dipendenza da luoghi fisici che hanno consentito loro di rimanere aperti. Infine, da questa esperienza ormai potremmo non tornare più indietro e questo significa che non entreremo più in un supermercato affollato, in un treno pieno, o faremo un viaggio in comitiva senza che istintivamente non facciamo attenzione.

Stessa cosa si dica per il lavoro, per cui bisogna chiedersi se una volta sperimentato lo smart working ritorneremo in ufficio tutti i giorni. Oppure ancora, dopo aver sperimentato la formazione online, siamo sicuri che si riuscirà, vista la difficoltà a mantenere il distanziamento, a tornare in aula tutti i giorni? E ancora, dopo che abbiamo utilizzato i pagamenti online, siamo sicuri che torneremo a pagare sempre in contanti?

Come spiega Mariagrazia Bizzarri, head of people development, reward and transformation in NEXI: “In questo periodo abbiamo visto molti business fare una vera e propria riconversione non solo di prodotto, ma anche di processi digitali e questo può disegnare dei nuovi trend per le professioni più richieste nel futuro”, professioni che richiederanno skill nell’analisi e interpretazione dei dati e dei processi digitali e, pertanto, fra i più richiesti ci saranno: i data specialist, i digital marketing e SEO expert, gli e-commerce specialist, esperti di comunicazione (soprattutto di gestione della crisi) e gli IT developer, tutti lavori che, per primi, vedranno una ripresa.

Come affermano inoltre Nicolò Andreula e Mario de Pinto in questo articolo per il Sole 24 ore, fra gli altri settori in grande fermento c’è anzitutto il settore del food, che potrebbe decollare anche in Italia con i ristoranti virtuali, cioè quelli che non hanno una sala per gli ospiti e che offrono solo take-away e consegne a domicilio. Valida alternativa è di ingaggiare uno chef e farlo cucinare a casa propria, già una moda in alcune nazioni. Altro settore in potenziale rinnovamento è quello della moda, che in Italia vale intorno ai 21 miliardi di euro e pesa per circa l’1,2% sul PIL. In questo settore emergerà chi saprà rendere cool e sostenibili i dispositivi di protezione individuale (ad esempio mascherine abbinate al costume, la tuta che è ormai un capo irrinunciabile, i guanti per il prossimo inverno, etc).

L’istruzione, invece, è il settore maggiormente influenzato in termini di cambiamenti perché il numero di persone che hanno dovuto seguire una lezione o un seminario a distanza è cresciuto a dismisura e tra le nostre nuove app preferite non può mancarne una per le videoconferenze. Anche se l’insegnamento in presenza rimane preferibile rispetto a quello virtuale, la modalità più efficace è quella blended, che combina sessioni in classe ad approfondimenti digitali. La sfida per le istituzioni pubbliche e per gli imprenditori attivi in questo campo sarà, quindi, quello di offrire agli studenti/clienti esperienze di qualità, anche se mediate da uno schermo, e che giustifichino un prezzo eventualmente più alto, nella speranza che i rapporti interpersonali e il networking non diventino un optional per pochi.

Il settore MedTech avrà, invece, un ruolo sempre più centrale sia per gli specialisti che per le persone comuni. Aziende e professionisti della medicina studiano dispositivi e app che aiutino i pazienti nella diagnosi e nella gestione personalizzata di alcune malattie. Gli individui, invece, sono più attenti al benessere personale e a stili di vita sani, e più propensi ad acquistare wearables che tengano sotto controllo i propri parametri fisiologici e apparecchi che migliorino la qualità degli ambienti in cui vivono, come cardiofrequenzimetri smart e depuratori d’aria.

Altre novità riguardano l’ambito della mobilità. Il trasporto pubblico, ma anche Uber e i vari player della sharing mobility, potrebbero subire gli effetti negativi del rispetto della distanza sociale sia per i propri limiti strutturali che per le preferenze di individui che forse non saranno più disposti a condividere spazi ristretti con altri. La micromobilità elettrica, invece, potrà avere un definitivo via libera nella mente di consumatori e legislatori. Con bonus e incentivi statali dietro l’angolo, il mercato dei monopattini elettrici e delle bici a pedalata assistita è il candidato ideale per una crescita rapida e sostenibile.

Per quanto riguarda, invece, il settore turistico, le pesanti conseguenze della pandemia potrebbero portare un maggior numero di viaggiatori a spostarsi verso il segmento delle vacanze di lusso. Chi si potrà permettere hotel a cinque stelle e viaggi confortevoli sarà disposto a pagarli (ancora) di più, anche per la necessità di spazi più grandi e di distanziamento sociale. Allo stesso tempo, i gestori delle attività turistiche dovranno adeguare la qualità dei propri servizi ai prezzi più alti.

Infine, con stadi, teatri e locali chiusi, il mondo dello sport, da un lato, e quello dell’intrattenimento, dall’altro, cercano nella dimensione digitale delle soluzioni innovative per superare la crisi. Per gli allenamenti in palestra si teme la chiusura delle strutture più piccole e, per questo, molti personal trainer provano a riprogrammare la loro attività online, mentre vi è anche, in questo periodo, una grande diffusione degli e-sports, gli sport virtuali da guardare in diretta streaming.

Per quanto riguarda l’intrattenimento, invece, i concerti live sui social sono sempre più frequenti e seguiti dal pubblico. Questo apre un’opportunità per la prossima stagione, che magari avrà un cartellone digitale. Ad esempio, la Sydney Opera House offre già un programma di eventi disponibili online in diretta o in differita e questa iniziativa potrebbe servire da ispirazione per altri teatri, anche meno noti, che avrebbero l’occasione di conquistare una fetta di pubblico più ampia. La tecnologia potrà aiutare anche le discoteche. Alcune tra le più famose al mondo stanno iniziando a collaborare con la Sensorium Corporation – una compagnia che crea piattaforme virtuali – per permettere agli appassionati di rivivere l’esperienza di un club grazie alla realtà virtuale.

In conclusione, la vera sfida, in questo e negli altri settori, sarà creare prodotti e servizi di qualità e canali sostenibili per la monetizzazione e le competenze che saranno richieste e che assumeranno un peso più importante saranno le cosiddette soft skill, ossia delle competenze trasversali che scardineranno in modo definitivo le hard skill, le capacità tecniche acquisite con l’esperienza.