L’influenza sui mercati del referendum costituzionale italiano

Quello dei mercati finanziari è il regno nel quale difficilmente vanno di pari passo fondamentali economici e logica. Questa difficile correlazione è da tempo nota in economia e ha avuto la sua massima espressione nel pensiero di Keynes che per spiegarla ha usato la metafora del “concorso di bellezza” (capitolo 12 della Teoria Generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta).

Con quest’analogia egli ha indicato il modo con il quale si comportano gli agenti razionali all’interno di un mercato. Infatti, nello scegliere la ragazza che vincerà il concorso, gli agenti metterebbero in campo la loro capacità di previsione indicando non la ragazza che per proprio gusto ritengono più bella, bensì quella che verrebbe ritenuta più bella dalla maggioranza. Keynes si serve di questo esempio proprio per spiegare che i mercati finanziari e borsistici non agiscono in modo strettamente razionale, ma cercano di prevedere quale azione o obbligazione verrà premiata, in modo che l’investitore sia in grado di anticipare gli altri agenti e ottenere maggiori profitti. Questa citazione della teoria del “concorso di bellezza” ci permette di smentire molte delle presunte capacità predittive sull’andamento borsistico. D’altro canto, non potrebbe essere altrimenti poiché, in caso contrario, non si verificherebbero bolle speculative o crisi finanziarie alimentate anche dalla tendenza della maggior parte degli operatori ad adeguarsi al cosiddetto “effetto gregge”. I piccoli, investitori (che sono anche la maggioranza degli operatori), tendono, infatti, a conformare le proprie scelte a quelle compiute dai “big player” del mercato. Questo perché vi è la convinzione diffusa e a volte suffragata dai fatti, che i “grandi giocatori” posseggano strutture maggiormente adeguate all’analisi dei mercati e/o d’informazioni “privilegiate”.

Questa lunga premessa serve a mostrare la scarsa razionalità dei mercati e la possibilità diffusa di creare panico borsistico con vendite scatenate anche in assenza di reali ragioni economiche. Qual è, quindi, oggi, la sensazione che si percepisce nell’aria ? All’indomani del referendum, ci si potrebbe aspettare scene di panico, forti vendite o esplosioni dello spread ? Il risultato referendario avrà sicuramente un effetto sulle borse, ma gli operatori tendono a credere che si tratterà di lievi aggiustamenti (forse più marcati nelle ore immediatamente successive all’esito del referendum) con una tendenza a scemare nel corso dei giorni successivi. L’opinione diffusa è quella che i mercati in questi giorni stiano cominciando a “scontare” gli effetti di una risposta negativa agli esiti referendari, sulla scia dei sondaggi in mano ai grossi investitori. Infatti, tali sondaggi, sulle intenzioni di voto, vedono il No in vantaggio sul con una percentuale che oscilla tra i 4 e gli 8 punti percentuali a secondo delle agenzie che hanno condotto il panel (ad esempio secondo il Sole 24Ore sarebbe in vantaggio il No, 34% vs 29%). Inoltre, rimane molto elevata la quota degli indecisi o i propensi all’astensione che oscillano intorno al 35/40%.

Sebbene dall’estero il risultato del referendum sembra essere visto solo come una conferma o meno della volontà di proseguire con il processo di riforme portato avanti dal governo Renzi, le implicazioni di tale risultato sono più profonde. Bisogna, infatti, tenere conto del problema di ricapitalizzazione degli istituti di credito italiani a corto di capitale, che rende i mercati ancora più nervosi. Anche il mercato obbligazionario si sta adattando all’evento, avvicinandosi ai massimi di rendimento degli ultimi 14 mesi (intorno al 2%), così come lo spread BTP/Bund che si è assestato intorno ai 180 punti. Tutto questo dà l’idea di quanto pesi l’incertezza sul mercato italiano legato all’appuntamento del 4 dicembre prossimo.

La stabilità del mercato azionario, se il risultato finale sarà il No, dipenderà dalla solidità del governo in carica. Infatti, se esso sarà sufficientemente solido per gestire anche pochi punti di governo (in particolare l’approvazione della legge di bilancio), difficilmente il trend di base dei mercati verrà significativamente alterato. Anche se di recente è visibile un allargamento del differenziale fra i titoli di Stato italiani e tedeschi nell’ordine di una ventina di punti, non dovremmo aspettarci di peggio come i livelli di spread raggiunti durante il periodo della caduta del governo Berlusconi.

La presenza del programma di acquisto dei titoli di Stato da parte della BCE dovrebbe consentire allo spread BTP/Bund di non allargarsi più di tanto, evitando effetti senza frustrare le prospettive speculative. Più complicato invece è l’effetto che il prevalere del No avrebbe sulla problematica ricapitalizzazione di alcuni istituti di credito. Esso potrebbe causare un effetto contagio anche sugli altri istituti di credito data la debolezza strutturale, sotto questo profilo, del comparto bancario italiano. Con la vittoria del No, non si può escludere inoltre, un declassamento delle banche italiane da parte delle agenzie di rating, con evidenti aumenti del costo della raccolta obbligazionaria sull’euromercato ed un’ulteriore compressione del margine di interesse. Ad ogni modo, anche in questo settore sarebbe presente l’ombrello protettivo della BCE che dovrebbe limitare le difficoltà di finanziamento e l’eccessiva volatilità sul mercato dei titoli.

Un effetto maggiormente eclatante, anche se non catastrofico, potrebbe esserci con la vittoria del , che avrebbe come effetto quello di portare gli investitori a riconsiderare le decisioni prese in ottica di una vittoria del No. In caso di vittoria del , infatti, l’attuale posizionamento del mercato, molto sbilanciato sulla probabilità che si verifichi il caso opposto, lascerebbe spazio ad un “rally” al rialzo che vedrebbe favoriti i settori che hanno sofferto di più e cioè proprio quello bancario/finanziario. Una vittoria del renderebbe il mercato italiano, sia obbligazionario che azionario, assolutamente attraente agli occhi degli investitori stranieri, poiché la vittoria di Renzi allontanerebbe lo spettro delle elezioni anticipate e darebbe respiro al governo in carica sino alle elezioni del 2018.

Si potrebbe verificare, inoltre, una probabile diminuzione dello spread BTP con un possibile innalzamento dei rating della Repubblica Italiana. Secondo alcune agenzie che realizzano ricerche finanziarie ed analisi su titoli azionari ed obbligazioni come Standard and Poor’s (S&P’s), l’Italia potrebbe diventare una BBB e poi una BBB+. In ogni caso molto dipenderà da come i mercati arriveranno all’evento che potrebbe pertanto rappresentare, specie dopo l’esito della Brexit, un ulteriore rischio sistemico all’interno dell’Unione Europea.

Ugo Lombardo & Francesco Paolo Marco Leti