L’impatto economico del terrorismo internazionale

Di Ugo Lombardo – Paul Krugman, autore di “The Economy of Fear e premio Nobel per l’economia nel 2008, nei suoi studi ha messo in rilievo che vi è una similitudine tra i costi connessi alla criminalità e quelli legati al terrorismo. In entrambi i casi esistono fondamentalmente tre tipi di costi e cioè:

  1. quelli diretti/tangibili per i danni provocati di carattere materiale, legati alle perdite di vite umane, alla distruzione di strade, edifici e così via;
  2. quelli legati al law enforcement con conseguente aumento della spesa per la sicurezza e conseguente diminuzione di quella per il welfare;
  3. quelli legati alle distorsioni delle preferenze non solo commerciali ma anche politiche, delle scelte dei soggetti/cittadini coinvolti.

Questi ultimi due si potrebbero riassumere come effetti indiretti ed intangibili, che forse sono quelli che più pericolosi in quanto vanno oltre il semplice danno materiale, provocando esternalità negative in tutto il resto del sistema. Infatti, l’allontanamento dei capitali stranieri causato dall’azione terroristica, provoca un clima d’incertezza sia sugli operatori pubblici sia su quelli privati, tanto da determinare un’allocazione distorta delle risorse interne e costi indiretti, generando un aumento di spesa nel settore della sicurezza a discapito proprio di quella per il welfare. A sua volta questo determina una modifica della propensione al risparmio, all’investimento alla produzione e quindi ai consumi.

Questi effetti indiretti sottolineano uno degli aspetti più interessanti ed allo stesso tempo inquietanti del terrorismo, cioè la sua “impalpabilità” che tende a rimodellare sul piano individuale il sistema di preferenze degli agenti. La paura, l’incertezza e l’ansia che derivano da un atto terroristico, agiscono sulla domanda e sull’offerta di mercato, modificandole e ricomponendole sulla base delle nuove preferenze degli individui.

Le scelte di consumo e di risparmio vengono quindi indirizzate sulla base di una ridefinizione delle abitudini il cui costo opportunità è il cambiamento. Più la vita delle persone è una routine fissa più è difficile rinunciare al cambiamento delle proprie abitudini. E poiché, ognuno di noi ha scelte di consumo ed abitudini diverse, la categoria di beni necessari è soggettiva come lo è anche la risposta alla paura. Questo spiega il perché sia difficile una valutazione nel medio/lungo periodo come nel breve periodo degli effetti economici indiretti che genera il terrorismo. Ci sono persone che dopo un attentato in metropolitana o in aereo tornano immediatamente alla “normalità della loro vita” utilizzando tali mezzi, mentre altri che invece li evitano per anni.

Basti pensare ad esempio che nei giorni successivi agli attentati di Charlie Hebdo i flussi di persone che prendevano la metropolitana diminuivano sensibilmente mentre aumentava il traffico privato nella tangenziale parigina. Nel medio periodo insieme ad una diminuzione dei prezzi del carburante, si è verificato un cambiamento di queste abitudini, manifestato sotto la forma di rifugio nell’auto privata, considerata un mezzo più sicuro di quello pubblico.

Fra i settori maggiormente colpiti dall’avvento del terrorismo vi è sicuramente quello turistico insieme ai settori ad esso connessi e cioè l’industria dei trasporti, del viaggio, della ristorazione e del divertimento. Bisogna sottolineare, inoltre, che nei siti turistici attacchi di questo tipo sono relativamente facili da organizzare ed hanno un evidente impatto mediatico su scala internazionale.

Infatti, dopo la lenta ripresa che si era verificata nei primi mesi successivi all’attacco a Charlie Hebdo, i successivi attacchi a Parigi hanno generato un conseguente crollo delle prenotazioni turistiche, oltre a numerose disdette da parte di tutte quelle agenzie turistiche che per i loro clienti avevano previsto come destinazione o addirittura solo scalo a Parigi (le prenotazioni dei voli per Parigi sono crollati di circa il 27% nella settimana dopo gli attacchi).

Molti turisti giapponesi, cinesi ed americani hanno rinunciato al volo finendo per coinvolgere tutte le mete del viaggio. D’altra parte il settore che si è maggiormente “giovato” di tale situazione è quello da cui traggono vantaggio i signori della guerra e della difesa. Non a caso, successivamente ai massacri di natura jihadista, nel giorno di riapertura della borsa, si è visto crescere il valore delle azioni di Finmeccanica che ha guadagnato l’1,6 % , come anche quella di Rheinmetall, la maggiore azienda militare tedesca, che è cresciuta del 3,1%. Mentre nello stesso giorno si è verificata una caduta dei titoli delle compagnie aeree: Air France ha perso il 5,6 % ed Aeroports de Paris il 3,7%.

Sicuramente tutto questo ha anche influenzato le compagnie di assicurazione e di riassicurazione. Per esempio nel Regno Unito, in seguito agli attentati di Londra nel 2005, la Pool Re (società che tutela le compagnie assicurative britanniche per danni derivanti da atti terroristici che superano le 100 mila sterline) si è andata rinforzando.

Un altro interessante effetto del terrorismo, da non sottovalutare, è quello legato alla “localizzazione del nemico” che porta all’impennata del greggio, essendo quest’ultimo localizzato in Medio Oriente, luogo problematico da un punto di vista politico. Questo determina fenomeni di accaparramento che generano movimenti speculativi, che a loro volta si spostano sulla bolletta petrolifera. Si potrebbe dire che se non ci fosse stato l’attentato alle Torri Gemelle anche il prezzo del petrolio sarebbe stato meno alto.

Infine, per quanto riguarda il mercato dei capitali, il terrorismo può produrre effetti sia sulle capacità di funzionamento del sistema finanziario che riguarda essenzialmente il grado di resilienza del sistema, sia sullo spostamento dei fondi verso i titoli meno rischiosi. Quest’ultimo aspetto si riferisce al grado di fiducia sulla ripresa del sistema economico principalmente colpito che potrebbe essere investito dai pericoli di tensioni di liquidità con conseguente corsa agli sportelli. Per risolvere quest’ultimo problema e ristabilire velocemente la fiducia, è fondamentale la capacità che hanno i policy makers, di gestire la liquidità.

In conclusione, le previsioni di lungo periodo per valutare gli impatti economici degli attacchi terroristici e quindi quantificare il costo di tali attacchi sono di difficile comprensione e misurazione. Questo perché è particolarmente complicato quantificare il rischio di incertezza che deriva dal terrorismo ed il fatto che la cosiddetta fear economy fa prevalere comportamenti irrazionali ed emotivi su quelli razionali.