L’effetto Coronavirus sull’economia russa

 
 

Il fenomeno epidemiologico del Coronavirus ha prodotto effetti socio-economici negativi a livello globale, intaccando anche una superpotenza come la Russia.


La crisi sanitaria del Coronavirus (SARS-CoV-2 o COVID-19) e i relativi effetti di natura economica e sociali derivanti dalla sua diffusione, hanno colpito il panorama geopolitico globale generalmente inteso, senza risparmiare neanche quelle che possono essere considerate le superpotenze che caratterizzano ed influenzano le relazioni internazionali, quali Stati Uniti, Cina e Russia.

Una conferma di quanto appena affermato può essere rintracciata nello sviluppo che il fenomeno epidemiologico in questione ha avuto nel dibattito politico interno all’Unione Europea (UE) e ai suoi Stati membri. Nello specifico, le divergenze socio-economiche – già fortemente presenti, soprattutto nel contesto dell’Eurozona, a causa della Grande Recessione e della crisi dei debiti sovrani – hanno subito un ulteriore aggravamento dovuto al forte impatto negativo che la pandemia ha prodotto, richiedendo un intervento repentino al livello comunitario.

Il lockdown, verificatosi nei mesi passati – e che ha portato alla sospensione del Trattato di Schengen – al fine di prevenire e contenere le drastiche conseguenze sanitarie della pandemia, ha indebolito notevolmente gli assetti economici e sociali degli Stati membri, in particolare di quelli che già con difficoltà tentavano di uscire dall’influenza degli shock finanziari dell’ultimo decennio. Il contesto appena delineato, tuttavia, ha trovato la (quasi) immediata risposta delle Istituzioni europee, le quali hanno predisposto appositi strumenti sia di politica monetaria che di natura economica. Si tratta di interventi volti a garantire la solidità e la stabilità finanziaria dell’UE, sfociati nel raggiungimento, in seno al Consiglio europeo, del tanto atteso accordo sul Recovery Fund.

Sebbene quello appena descritto sia un contesto che pone diverse ed interessanti questioni sotto differenti profili, di pari importanza risulta l’analisi dell’impatto che la pandemia ha prodotto all’interno di quegli Stati che si trovano al di fuori del quadro normativo dell’UE, in particolare la Russia. La Federazione Russa – da sempre considerata quale attore fondamentale e protagonista nelle relazioni internazionali e nella politica estera – ha subito uno stravolgimento significativo nell’andamento della propria economia non solo per effetto della crisi sanitaria, ma anche a causa del calo mondiale dei prezzi del petrolio, dai quali dipendono le entrate dell’erario russo.

Diversi sono stati i settori maggiormente colpiti dal fenomeno epidemiologico, tra cui il turismo, la ristorazione, l’industria degli eventi, il settore alberghiero, la piccola vendita al dettaglio e i servizi di trasporto, con una riduzione della domanda di energia dovuta al periodo di quarantena forzata. Sotto quest’ultimo profilo, la Russia rientra in quella categoria di Stati – come l’Italia – che hanno deciso di adottare misure di contenimento più stringenti, subendo l’influenza della cosiddetta “sindrome di Sikorski”, intendendosi con tale espressione il timore patologico per il futuro o l’esagerata reazione nel rapportarsi nei confronti di ciò che è ignoto.

Il diffondersi della pandemia, nel caso di specie, ha comportato drastici cambiamenti nell’agenda politica ed economica del Presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, nonostante il contesto macroeconomico all’inizio del 2020 risultasse positivo, con riserve in valute e oro pari 570 miliardi di dollari, un debito statale del 20% del Prodotto interno lordo (Pil) e un surplus di bilancio. La crescita dell’1,3% registrata dall’economia russa nel 2019 verrà, secondo le previsioni, di fatto vanificata con una contrazione tra 6,3% e l’8,5% nel 2020, sebbene si dovrebbe assistere ad un rialzo del 3,3% nel 2021.

Al fine di garantire il perseguimento e il raggiungimento dell’obiettivo della stabilità economica e sottrarsi agli effetti derivanti dall’interdipendenza con le altre economie mondiali, negli anni passati il Cremlino ha adottato una politica di sostituzione delle importazioni, così da assicurarsi che la propria sovranità, in tale settore, non sia intaccata da fattori esterni e processi di contagio a catena. L’approccio descritto, fondato nel tentativo di isolarsi dai mercati reali e monetari, ha determinato lo sviluppo del settore agricolo e della produzione di medicinali generici.

La contrazione cui si è fatto riferimento in precedenza riguarderà non solo la crescita dell’economia, ma anche i consumi privati, gli investimenti, le esportazioni e le importazioni, con cali rispettivamente del 5%, del 13%, dell’11% e del 23% per il 2020. Al fine di contrastare gli effetti negativi derivanti dalla pandemia, sia l’esecutivo russo che la Banca Centrale hanno espresso l’intenzione di prevedere misure fiscali a sostegno di imprese e famiglie. Nonostante l’iniziale deprezzamento della valuta locale del 23%, rispetto al dollaro nel periodo gennaio-marzo 2020, si parla di un ammontare di 5.000 miliardi di rubli pari a 72 miliardi di dollari per sostenere l’economia russa.

Il contesto macroeconomico appena delineato risente, inoltre, di quelle debolezze strutturali (la contrazione della forza lavoro, la dipendenza dai settori delle risorse naturali, le debolezze istituzionali, la scarsa crescita della produttività e il difficile contesto imprenditoriale) che finiscono inevitabilmente per condizionare la ripresa economica, già da considerarsi difficile in virtù della crisi economica derivante dal settore petrolifero.

Come si può facilmente intuire, la sfida posta dal fenomeno epidemiologico del Coronavirus rappresenta un serio banco di prova che mette in evidenza quei limiti che caratterizzano il quadro politico, sociale, economico ed istituzionale russo. La Federazione Russa – al pari della Repubblica Popolare Cinese, degli Stati Uniti d’America e dell’Unione Europea – si trova all’interno di una nuova partita da giocare sia sotto il profilo interno che su quello internazionale; una sfida, questa, che richiede un nuovo impulso innovativo per consentire agli Stati di fronteggiare futuri fenomeni del medesimo calibro.