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Brexit, quali effetti sull’economia del Regno Unito?

A tre anni di distanza dalla Brexit, i nuovi dati economici del Regno Unito sembrano indicare che l’uscita dall’Unione Europea non sia stata una scelta saggia.


Il quadro circa l’andamento economico attuale del Regno Unito è reso plasticamente da una tabella pubblicata nel World Economic Outlook (WEO), lo scorso mese di gennaio, del Fondo Monetario Internazionale (FMI) e qui riportata. Come si evince dalla tabella, non solo quella britannica sembra essere, nelle proiezioni, l’unica economia a contrarsi fra quelle avanzate, ma addirittura la sua performance sarà peggiore di quella russa, nonostante quest’ultima soffra di forti sanzioni internazionali.


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Il legame tra l’andamento del Pil e la Brexit non è di semplice correlazione, ma qualche dato ulteriore può essere rinvenuto nel lavoro di analisi effettuato da Bloomberg Economics e affidato agli economisti Ana Andrade e Dan Hanson.

In questo lavoro vengono snocciolati alcuni dati molto interessanti. Innanzitutto l’uscita dall’Unione sembra aver diminuito il Pil britannico del 4% e questo sarebbe dovuto a due fenomeni: la forte riduzione degli investimenti privati, in media inferiori del 19% rispetto agli altri membri del G7, e l’impatto della scarsità di manodopera europea che si sarebbe verificata dopo l’abbandono.

Secondo gli autori sarebbe venuta a mancare una quantità di manodopera pari a circa 370 mila lavoratori, che avrebbe avuto un forte effetto sull’offerta di lavoro spingendo i salari ad apprezzarsi e infiammando ulteriormente l’inflazione già incandescente a causa dei picchi dei beni energetici. Non è un caso che, tornando ai dati forniti dal FMI, l’inflazione fra 2022 e 2023 scenderà soltanto dello 0,1%, passando dal 9,1% del 2022 al, previsto, 9% del 2023, in un quadro europeo che prevede, al contrario, una forte frenata.

L’unica buona notizia, secondo gli autori, proverrebbe dal commercio: dopo la forte riduzione nei mesi immediatamente successivi all’uscita dall’UE, attualmente l’effetto negativo sembra essersi mitigato sino ad essere quasi ininfluente, sebbene i due economisti si aspettino che, nel lungo periodo, gli effetti peggiori dal punto di vista economico arriveranno proprio dal settore commerciale.

L’impatto negativo sul Pil e sulla crescita è confermato anche a livello istituzionale. All’inizio dello scorso mese suscitarono parecchia impressione le parole del Vice-Governatore della Banca d’Inghilterra (BoE) Ben Broadbent, che confermava come la Brexit «ha abbattuto la produzione potenziale nel nostro Paese nella nostra valutazione per molti anni». Sottolineava, inoltre, come la Brexit stava colpendo molto più rapidamente di quanto atteso nelle precedenti valutazioni della BoE.

A suffragare la prima parte del report di Bloomberg sono le dichiarazioni di uno dei membri del board della Commissione sulla Politica Monetaria della BoE, Jonathan Haskel, intervistato da Matthew Klein per la newsletter “The Overshoot”. In questa intervista, Haskel ha confermato come, a partire dalla Brexit nel 2016, la curva degli investimenti si sia sostanzialmente appiattita, portandoli a uno dei livelli più bassi delle economie avanzate. Questo può essere dovuto, a parere dell’autore, alla profonda instabilità e incertezza per lo scenario immediatamente successivo al referendum, ma è un fenomeno che continua a persistere a distanza di quasi sette anni.

Mantenendo un tasso di investimento simile al periodo pre-Brexit, il calo di Pil prodotto dal crollo degli investimenti e dal conseguente calo della produttività ammonterebbe all’1,3% per la non banale cifra di 29 mld di sterline.

Diversamente da quanto riportato da Bloomberg però, secondo Jonathan Haskel, l’impatto commerciale della Brexit non si starebbe mitigando ed avrebbe, al contrario, un pesante effetto sul Pil. Nel settore del commercio dei beni, il calo sarebbe dell’ordine del 10-15%; per il settore dei servizi, l’autore tende a non sbilanciarsi in quanto la causa, più che la Brexit, potrebbe essere lo shock pandemico sul settore turistico. L’andamento in contrazione del settore commerciale provocherebbe sul Pil una diminuzione stimata del 3,2%.

Al quadro fin qui delineato da importanti economisti, vanno aggiunte un paio di pennellate ancora più fosche: il settore turistico può essere stato azzoppato fin qui dalle regole per il contenimento pandemico, ma, a breve, queste ultime non saranno più presenti e potrà essere pienamente visibile l’effetto dell’abbandono dell’area Schengen e della reintroduzione dei visti all’ingresso; anche dal punto di vista degli scambi commerciali, dopo il periodo di transizione fra il 2016 e il 2020, a partire dal primo gennaio del 2021, si sono reintrodotte le normali barriere tariffarie che stanno influenzando la bilancia dei pagamenti inglese, sempre più squilibrata in favore dell’Unione.

Infine, in questo caso in modo del tutto non collegato alla Brexit, ad eccezione della carenza di manodopera precedentemente analizzata, la forte inflazione sta mettendo in moto notevoli pressioni salariali per recuperare il potere d’acquisto perso, con il normale corollario fatto di scioperi e rivendicazioni.

In conclusione, alla domanda iniziale del titolo dell’articolo la risposta non può che essere negativa: gli effetti economici della Brexit pesano sull’economia britannica e ne stanno minando fortemente la crescita. Difficilmente il recente accordo tra Unione Europea e Regno Unito potrà modificare la situazione.