Il film consigliato: Fuocoammare (Gianfranco Rosi, 2015)

Fuocoammare” racconta lentamente un amaro parallelismo tra la vita isolana di Lampedusa e la quasi vita dei migranti che approdano sulle sue coste.

Lo fa in maniera asciutta, diretta e apparentemente elementare – come parlare altrimenti di due eventi che non smettono mai di avvicendarsi, la vita e la morte – e con riprese estremamente sfiancanti, alcune delle quali davvero coraggiose e audaci. Il documentario vincitore al Festival di Berlino, sbatte in faccia allo spettatore un raffronto quanto mai crudo, senza tralasciare piccole note di ironia. La tranquillità della comunità lampedusana, con i suoi piccoli problemi, con i suoi lavoratori, i bambini che giocano – che si esprimono con un siciliano fortunatamente sottotitolato – e sembrano ignorare quanto male c’è la fuori, poco lontano.

Il regista non ha posto limiti alla sua curiosità artistica e soprattutto umana: scene assolutamente inedite – non per il mondo, quanto per il pubblico dei Tg – catturate in modo affatto freddo, ma quasi da profugo insieme agli altri migranti. A ben vedere non vi sono reali barricate o schieramenti entro cui identificarsi, risultato ottenuto tramite un racconto assolutamente informativo, se non – paradossalmente rispetto a ciò che è stato sopracitato – esterno.

Riprendendo la “lentezza” del percorso che affronta questo documentario, si ha la sensazione di avere il tempo di soffermarsi a pensare tra le scene – alternate nel corso della pellicola – di vita cittadina e quelle più strazianti delle sofferenze fisiche dei migranti, dei morti sui barconi, del lavoro dei medici legali, degli operatori dei centri di accoglienza e delle imbarcazioni della Guardia Costiera.

Un dramma tutto italiano – ma sentito solo da una parte degli Italiani – che merita delle riflessioni doverose, anche fortemente critiche, sull’importanza dell’accoglienza per coloro ai quali non rimane altro che la speranza o la fortuna di sopravvivere durante e oltre il viaggio in mare. Comprendere il fuoco al mare – utilizzato per descrivere la tempesta – passa soprattutto dall’immedesimazione in una realtà distante anni luce e qualche chilometro allo stesso tempo. L’opera di Rosi riesce perfettamente in questa missione emotiva e di mobilitazione sociale, stavolta non per una problema locale o una difficoltà amministrativa e burocratica, ma solo e semplicemente per la Vita.

Daniele Monteleone


4 commenti

I commenti sono chiusi