«Grande Giove!»: Ritorno al futuro compie 35 anni

Usciva 35 anni fa “Ritorno al futuro”: idea nata dalla mente geniale del regista Robert Zemeckis, che ha fatto sognare le generazioni degli anni ’90 e non solo.


«Devi tornare indietro con me, indietro nel futuro»: è lo scienziato Emmett Brown (Christopher Lloyd) che parla a uno spaesato Marty (un giovanissimo Michael J. Fox) in Ritorno al futuro, film cult che ci fa sognare da ben 35 anni, cioè dal luglio del 1985, anno dell’uscita del primo film.

Robert Zemeckis ha portato sullo schermo l’invenzione che da sempre ha fatto parte dell’immaginario comune di ogni bambino: la macchina del tempo, con annessi viaggi nel passato e nel futuro, se consideriamo l’intera trilogia.

La DeLorean del dottor Brown si presta a fare su e giù attraverso il tempo: il primo Back to the future inizia con un viaggio nel passato, dal 1985 si passa al 1955 per una serie di rocamboleschi eventi; il secondo è probabilmente quello che ci fa sorridere di più, essendo ambientato nel futuro, che ormai per noi è passato, dato che Marty e il dottor Brown arrivano in un 2015 dove le scarpe si allacciano da sole, i giubbotti si autoregolano alla misura di chi li indossa, i monopattini e le macchine volano e gli avvocati non esistono; il terzo addirittura ci riporta nel far west, realizzando il sogno del dottor Brown.

Ritorno al futuro ha fatto la storia, creando un vero e proprio business: fan club, siti web, cosplayer, videogame, un’intera generazione di bambini e adolescenti (forse più di una) cresciuta con la avventure di Doc e Marty McFly, con gli occhi incollati allo schermo, pronti a riavvolgere il nastro della videocassetta e ricominciare. Un po’ come quando il palinsesto lo trasmette e noi, puntualmente, lo rivediamo, pur conoscendolo a memoria.

Ma cosa faremmo noi, se potessimo viaggiare nel tempo? Tutti almeno una volta ci siamo di sicuro posti questa domanda. Le scelte sono tante: cambiare il passato, così da modificare il presente, oppure andare nel futuro, spinti dalla curiosità di sapere ciò che siamo diventati? Entrambe le alternative sarebbero probabilmente sbagliate, e ci metterebbero nei guai, come del resto accade al giovane Marty, che si ritrova a creare anni paralleli in realtà parallele.

Il tema dei viaggi nel tempo è ricorrente nella letteratura così come nel cinema e nella televisione, e non solo (citiamo una per tutti la serie Netflix “Dark”, incentrata proprio su questo; o il piccolo Stewie Griffin che viaggia continuamente col suo amico Brian combinandone di cotte e di crude).

Forse uno dei pochi fenomeni che l’uomo non può controllare, il susseguirsi degli eventi, e quindi il tempo, è il motivo dell’interesse verso questa materia, che da sempre spinge scrittori, registi, scienziati a creare visioni ipotetiche di mondi fantastici, sia positive che negative.

Come ha detto qualcuno però, «da un grande potere derivano grandi responsabilità», e infatti l’esistenza di una macchina del tempo che possa modificare indelebilmente il presente è tanto affascinante quanto pericolosa: «Io non ho inventato la macchina del tempo per motivi di lucro, l’intento è di acquistare una più chiara percezione sull’umanità: dove siamo stati, dove andiamo, le trappole, le possibilità, i rischi», esclama Doc in Back to the future II, rimproverando il giovane Marty quando vuole utilizzare l’almanacco con tutte le vittorie sportive degli ultimi decenni per vincere le scommesse (nel passato, cioè nel suo presente).

Ritorno al futuro è una delle saghe cinematografiche più celebri del cinema: originale, divertente, con personaggi azzeccati e folli al punto giusto (se ci chiedessero di disegnare uno scienziato pazzo avrebbe certamente le sembianze di Emmett Brown), una trama avvincente e scorrevole, mai banale. Allora, tanti auguri a Doc e a Marty: una pellicola che ha “solo” trentacinque anni ma che, è proprio il caso di dirlo, sembra già senza tempo.


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