Golda Meir, l’unica donna Premier d’Israele

Di Francesca Rao – Venuta al mondo come Golda Mabovitz, fu il padre fondatore di Israele Ben Gurion a imporle un cognome che suonasse più “ebraico”: Meir, che significa “illuminato”.

Nata a Kiev il 3 maggio 1898 da una famiglia di ebrei ucraini, nel 1903 a causa della furia dello zar contro socialisti ed ebrei, Golda e la sua famiglia emigrarono negli Stati Uniti.  A soli 14 anni, dopo un litigio con i genitori che volevano farle abbandonare gli studi, andò a vivere nella casa della sorella a Denver. Lì Golda si confrontò per la prima volta con il mondo letterario, il femminismo e il sionismo. Nel 1921 si trasferì col marito in Terrasanta e vissero in un kibbutz, un villaggio dove i lavoratori vivono in una società basata sulla comunione di proprietà e su regole solidaristiche.

Nel 1928 iniziò la sua carriera politica: fu nominata segretario dell’Unione delle Donne Lavoratrici e due anni dopo entrò a far parte del Mapai, il partito dei lavoratori israeliani, che poi si fonderà nel partito dei laburisti. Nel 1946 diventò capo del dipartimento politico dell’Agenzia Ebraica per la Palestina, dopo aver svolto una brillante carriera nella centrale sindacale dell’Histadrut, unione dei lavoratori israeliani. Nel frattempo diventa delegata della World Zionist Organization e gestisce l’immigrazione illegale di transfughi ebrei dall’Europa alla Palestina durante la seconda guerra mondiale.

Il 14 maggio 1948 nasce lo Stato di Israele. Membro del Consiglio Provvisorio di Stato, Golda è fra i 24 firmatari della dichiarazione di indipendenza. Da quel momento dedicò la sua vita alla costruzione e all’istituzionalizzazione del Paese. Golda diventò così la prima ambasciatrice del neonato Stato di Israele a Mosca. Fu eletta nelle fila del partito Mapai nella prima Knesset, il parlamento israeliano.

Il primo ministro, David Ben-Gurion, la propose come vice primo ministro, ma lei declinò l’offerta, accettando invece la carica di ministro del lavoro, sfidando l’ostilità di molti laburisti che non vedevano di buon occhio una donna a capo di quel dicastero. Le critiche si dimostrano infondate: Golda si impegnò a fondo per risolvere i problemi di sicurezza sociale dei nuovi coloni israeliani, travolti dal problema delle case e dei posti di lavoro.

Perse le elezioni come sindaco di Tel Aviv, ma non si arrese e poco dopo raggiunse la sua decisiva consacrazione: la nomina a ministro degli esteri. Nel 1956 si ritrovò a gestire una delle più delicate operazioni di politica estera del Medio Oriente: la crisi del canale di Suez. Nel 1963 le fu diagnosticato un linfoma. Tre anni dopo, stanca e malata, diede le dimissioni dalla carica di ministro degli esteri.

Quando il partito laburista rischiava la spaccatura, tornò in politica con la massima carica: primo ministro. È la prima donna eletta a ricoprire la principale carica politica dello Stato di IsraeleForte di una solida amicizia con il presidente americano Nixon, incoraggiò l’immigrazione degli ebrei statunitensi in Israele.

Il suo governo dovette affrontare due delle più dolorose crisi internazionali: il massacro di Monaco e la guerra dello Yom Kippur. Durante le olimpiadi a Monaco del 1972, infatti, un commando palestinese prese in ostaggio la delegazione degli atleti israeliani e in cambio del rilascio chiesero la liberazione di alcuni prigionieri politici, ma Golda mantenne la linea della fermezza: nessuna trattativa con i terroristi. Tutti gli atleti vennero massacrati e per vendicarsi la premier ordinò l’uccisione dei responsabili della strage di Monaco, in quella che passerà alla storia come l’operazione “Collera di Dio”.

Un altro bagno di sangue avvenne nel 1973, quando Israele fu attaccato da Egitto e Siria durante lo Yom Kippur, la giornata dell’espiazione dedicata al digiuno e alla preghiera. La premier fu travolta dalle polemiche, nonostante un’inchiesta interna avesse dimostrato che il suo operato fosse corretto. L’umiliazione era troppa per Golda, già consumata dalla leucemia, e così, pochi giorni prima del suo 76esimo compleanno, si ritirò dalla vita politica. 

Ad oggi non è stata chiarita la fede di Golda: si disse non particolarmente religiosa, ma appartenente al popolo ebraico, distinguendo la spiritualità dall’appartenenza sentita dal singolo.

Nell’intervista con Oriana Fallaci, la Meir ricorderà di aver lavorato sempre tra gli uomini, di non aver mai subito alcun trattamento speciale perché donna e si chiedeva se in parte non è delle donne la colpa di alcune condizioni.

Quando era primo ministro, un ministro le chiese di imporre un coprifuoco per le donne, per porre fine a una serie di stupri. Lei rifiutò e rispose così: «Sono gli uomini che attaccano le donne , se c’è un coprifuoco, che stiano a casa gli uomini».