Un anno di Macron in politica estera

Di Mario Montalbano – Esser protagonista a ogni tavolo, in Europa e nel mondo, per rilanciare il ruolo internazionale della Francia. È stato questo l’obiettivo in politica estera di Emmanuel Macron al primo anno da presidente della Repubblica francese. Da “salvatore” dell’Unione con il successo al ballottaggio di poco più di un anno fa, il 7 maggio 2017, nei confronti di Marine Le Pen, il giovane leader di En Marche! ha cercato senza troppi fronzoli di dettare la propria linea politica a livello comunitario, cercando al contempo di lasciare il segno “francese” su tutti i grandi temi della politica internazionale, dalla lotta al terrorismo alla questione Siria, passando per l’accordo nucleare con l’Iran e i rapporti con Donald Trump.

Emmanuel_Macron_and_Angela_Merkel_(Frankfurter_Buchmesse_2017)La contesa della leadership con Angela Merkel. In Europa, Emmanuel Macron, mantenendo fede ai propositi lanciati durante la campagna elettorale, ha sempre spinto per incentivare una discussione comunitaria su una riforma dell’intera Eurozona a livello politico ed economico. Un concetto ribadito anche nell’ultimo discorso fatto all’Europarlamento, a Strasburgo, in cui il presidente francese ha sostenuto la necessità di una rifondazione dell’Europa, con la creazione di un Fondo monetario europeo dotato di strumenti in caso di crisi, l’istituzione di un ministro delle Finanze europeo e, infine, il completamento dell’Unione bancaria. Tutto questo per poter far fronte alle continue minacce provenienti dagli autoritarismi e dalle divisioni. Un messaggio chiaro con cui Macron intende sempre più prendere in mano le redini di un’Unione per adesso in forte declino. E soprattutto un messaggio diretto ad Angela Merkel, con cui negli ultimi tempi è emersa una certa distanza nelle priorità comunitarie da perseguire, su cui inevitabilmente finisce per pesare la debolezza politica della cancelliera tedesca, ingabbiata nell’ennesimo governo di coalizione con Spd e Csu.

L’alleanza di comodo con Trump. I propositi di Emmanuel Macron di dare alla Francia un peso a livello globale passano inevitabilmente per i rapporti con Donald Trump con cui nelle ultime settimane sembra essersi sviluppato un feeling d’opportunità. In particolare, sul terreno del terrorismo che rappresenta un punto d’interesse, su cui tanto Trump quanto Macron vogliono differenziarsi dai loro rispettivi predecessori. Come dimostra ad esempio, l’intervento coordinato in Siria, contrariamente all’immobilismo militare di Obama e Hollande. img800-parigi--se-superata-la-linea-rossa-ci-sar-risposta-133940Sugli altri temi, il dialogo tra i due non ha portato a vere e proprie convergenze. Su dazi commerciali e l’accordo con l’Iran sul nucleare, Macron si è allineato alla posizione critica di Germania, Inghilterra e delle altre in modo incontrovertibile. Come d’altronde ha fatto anche nel corso dell’ultimo viaggio di Stato di un mese fa. Senza tra l’altro che Trump battesse ciglio più di tanto. Sintomo del fatto che allo stesso tycoon, forse, convenga non litigare anche con Macron, come fatto ad esempio con la Merkel e in passato con Hollande. Non tanto per il peso politico del giovane presidente francese a livello internazionale. Piuttosto perché Macron rappresenta ad oggi l’unico interlocutore comunitario con una certa stabilità politica.