Un nuovo inizio nei rapporti bilaterali tra Stati Uniti e Argentina

«Un cambio de rumbo» è quello che è avvenuto in Argentina nel 2015 con l’elezione presidenziale di Mauricio Macri. Macri, leader del partito liberal-conservatore, ha vinto le presidenziali contro il peronismo di sinistra dei Kirchner puntando sul risanamento delle finanze pubbliche, sul rilancio dell’economia, sulla lotta alla povertà, ma anche sugli investimenti esteri e sull’intensificazione dei rapporti con i paesi europei e non solo.

Il cambio di passo argentino va inserito in un cambiamento che sta coinvolgendo un po’ tutto il Sud America. Se, infatti, dal 2009 le economie sudamericane erano in forte crescita e si era rafforzata una cooperazione politica regionale, corredata da una forte retorica anti-americana che voleva allontanare il più possibile l’influenza di Washington dalla regione, recentemente la tendenza pare essersi invertita.

È in questo contesto che va inserita la politica di riavvicinamento adottata sia dal Presidente degli Stati Uniti d’America, Barack Obama, sia dal Presidente Macri.

Gli ultimi dodici anni di presidenza dei Kirchner – prima del marito Nestor e poi della consorte Cristina- avevano incrinato i rapporti tra l’Argentina e la superpotenza, per diverse ragioni. La punta dell’iceberg era rappresentata dalla questione dei creditori holdouts americani, i detentori di bond argentini che non avevano accettato gli accordi di ristrutturazione del debito con il governo di Buenos Aires dopo la crisi del 2001, pretendendo il pieno rimborso dei propri crediti. Il diniego da parte di Buenos Aires aveva indotto il tribunale di New York a decretare nei fatti il default finanziario dell’Argentina.

Tutto ciò contribuì a diffondere la vulgata, sostenuta dall’establishment, secondo la quale il crack era stato provocato dalle politiche ultraliberiste suggerite dal FMI, dalla parità fissa tra peso argentino e dollaro che aveva stritolato la competitività argentina e da un atteggiamento succube verso gli Stati Uniti.

Con l’elezione di Macri c’è stato un evidente svolta nei rapporti internazionali, a partire dalla decisione di ripagare i creditori con obbligazioni per 15 miliardi di dollari. Una politica che l’ex presidente Cristina Kirchner si era sempre rifiutata di seguire.

Questi segnali di apertura sono stati colti dal presidente Barack Obama che in aprile si è recato in visita in Argentina. Buenos Aires è stata inserita come seconda tappa dopo lo storico incontro a Cuba tra il Presidente americano e Raul Castro con cui è stato sancito il riavvicinamento tra Washigton e l’Avana. Se questo disgelo è certamente importante – sia a livello simbolico sia politico – altrettanto fondamentale è la distensione dei rapporti con l’Argentina.

L’incontro alla Casa Rosada tra Obama e Macri è avvenuto il 24 marzo, nel giorno che ricorda i quarant’anni dal golpe che portò alla dittatura dei generali in Argentina. Per l’occasione Obama è dovuto partire da lontano, facendo autocritica rispetto alle relazioni intercorse tra Washington e la dittatura di Jeoge Videla. In particolare la volontà è quella di fare luce su quanto gli Stati Uniti, abbiano spinto il regime a mantenere il pugno di ferro contro i dissidenti di sinistra. Negli anni tra il 1976 e il 1983 pare siano state 13mila, tra morti accertate e desaparecidos, le vittime del regime. Per gli attivisti, almeno 30mila. Obama ha reso omaggio alle vittime della dittatura nel Parco della Memoria e annunciato la declassificazione di nuovi documenti sul governo militare — tra cui, per la prima volta nella storia, dossier militari e dei servizi segreti, in particolare i dossier su Jorge Rafael Videla e gli altri generali facenti parte del regime. Un passo importante questo, che può progressivamente arginare l’acredine che gli argentini serbano nei confronti degli statunitensi.

Un clima più disteso può essere il punto di partenza per opportunità di collaborazione e investimenti per gli Stati Uniti che vorrebbero guadagnare spazio nella terza economia della regione, in particolare adesso, a seguito della crisi brasiliana. Non a caso con Obama è arrivata anche una corposa delegazione di imprenditori. Imprese di spicco che potrebbero investire in Argentina nei settori dell’energia, delle tlc, dell’agrobusiness, dell’energia.

Anche in questo caso Obama ha puntato alla ricostruzione e alla normalizzazione dei rapporti con i paesi del sud America, spezzando il cosiddetto “asse bolivariano”, il cui collante principale era l’avversione per gli ingombranti “yenkees”. La politica obamiana potrebbe dunque rivelarsi lungimirante e positiva, aprendo nuove possibilità sia all’economia statunitense che a quelle dei paesi del Mercosur[1].

Antinea Pasta

[1] Il Mercosur è il mercato comune dell’America meridionale. Ne fanno parte in qualità di Stati membri: Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay e Venezuela. Sono inoltre Stati associati la Bolivia e il Cile, il Perù, la Colombia e l’Ecuador.