Le reazioni dopo la decisione della Consulta

Partiamo dalla sentenza: “Oggi, 25 gennaio 2017, la Corte costituzionale si è pronunciata sulle questioni di legittimità costituzionale della legge elettorale n. 52 del 2015 (c.d. Italicum), sollevate da cinque diversi Tribunali ordinari. La Corte ha respinto le eccezioni di inammissibilità proposte dall’Avvocatura generale dello Stato. Ha inoltre ritenuto inammissibile la richiesta delle parti di sollevare di fronte a se stessa la questione sulla costituzionalità del procedimento di formazione della legge elettorale, ed è quindi passata all’esame delle singole questioni sollevate dai giudici.

Nel merito, ha rigettato la questione di costituzionalità relativa alla previsione del premio di maggioranza al primo turno, sollevata dal Tribunale di Genova, e ha invece accolto le questioni, sollevate dai Tribunali di Torino, Perugia, Trieste e Genova, relative al turno di ballottaggio, dichiarando l’illegittimità costituzionale delle disposizioni che lo prevedono. Ha inoltre accolto la questione, sollevata dagli stessi Tribunali, relativa alla disposizione che consentiva al capolista eletto in più collegi di scegliere a sua discrezione il proprio collegio d’elezione. A seguito di questa dichiarazione di incostituzionalità, sopravvive comunque, allo stato, il criterio residuale del sorteggio previsto dall’ultimo periodo, non censurato nelle ordinanze di rimessione, dell’art. 85 del d.p.r n. 361 del 1957. Ha dichiarato inammissibili o non fondate tutte le altre questioni. All’esito della sentenza, la legge elettorale è suscettibile di immediata applicazione.

Il Paese dipende dal giudizio della Corte Costituzionale piuttosto che dall’operato parlamentare. E allora? Anche questo, come il Governo, è un organo eletto democraticamente indirettamente. Le reazioni alla sentenza dal mondo politico, eclatanti in alcuni casi, non si sono fatte attendere.

Da Forza Italia arriva il punto di vista che possiamo definire “un classico” degli ultimi anni di Silvio Berlusconi. E’ infatti partendo dalla necessità di accordare il sistema elettorale alla realtà politica – pretesa proveniente da più parti, gioco simile al tiro alla fune –  che il leader e baluardo del centrodestra ha dichiarato che “non è possibile rinviare ancora il legittimo diritto degli italiani di scegliere finalmente da chi vogliono essere governati, dopo quattro governi di seguito non eletti dal popolo ”. Berlusconi ha anche fatto riferimento a un intervento legislativo oltre – ed evidentemente di superiore importanza – la decisione della Corte: “abbiamo bisogno di una legge elettorale il più possibile condivisa che garantisca la piena corrispondenza della maggioranza parlamentare alla maggioranza degli elettori ”.

Nel Partito Democratico, dalla minoranza Gianni Cuperlo – nonostante l’apparente recupero tra le file della maggioranza di pochi mesi fa – chiede “una legge elettorale condivisa e capace di combinare rappresentanza, governo e un nuovo legame tra territori ed eletti” e reputa auspicabile che “una buona legge si possa fare”. Cuperlo reputa “una rinuncia della politica farsi dettare le regole da una sentenza”. Resta comunque nella maggioranza del partito l’idea di andare al voto. “Per noi bisogna andare a votare subito ” ha dichiarato il giorno della sentenza il capogruppo alla Camera, Ettore Rosato, spiegando che la linea del partito non cambia. “La legge così come modificata dalla Corte è immediatamente applicabile ”.

Obiettivo colpo gobbo in casa Cinque Stelle. Punta forte il leader e non-leader Beppe Grillo che ha affermato: “la corte costituzionale ha tolto il ballottaggio, ma ha lasciato il premio di maggioranza alla lista al 40%. Questo è il nostro obbiettivo per poter governare. Ci presenteremo agli elettori come sempre senza fare alleanze con nessuno”. L’intenzione del Movimento è quella di lavorare per estendere al Senato la legge della Camera e andare alle urne in primavera. Intervistato il vice presidente della Camera Luigi Di Maio che ha rincarato la dose di orgoglio dichiarando: “Il 40%? Il M5S è l’unico che può chiedere agli Italiani un tale consenso, il prossimo voto sarà tra vecchi e nuovi partiti, tra noi e loro”.

La Consulta è stata chiarissima: si può votare anche domattina” esordisce così Matteo Salvini, leader di Lega Nord. Il segretario del Carroccio propone come prima data utile di nuove elezioni il 23 Aprile e aggiunge: “lo chiamerei Liberation Day perché è vicino al 25, e sarebbe doppiamente una Festa della Liberazione. Perché è il giorno in cui si vota anche in Francia. E infine perché si potrebbero accorpare le amministrative dove ci sono, Genova, Verona, L’Aquila, Padova, Alessandria ed altre città ”. Sulle strategie di cui si discuterà al Consiglio di partito ci sono due strade delineate da Salvini: “alle urne da soli. In questo caso, porteremmo in Parlamento fra i 100 e i 150 deputati e senatori” oppure “provare davvero a vincere mettendo insieme tutto ciò che non è PD o M5S e senza tutti quelli che hanno votato Sì al referendum ”.

Daniele Monteleone


 

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