Il trionfo del No. E adesso?

Se Matteo Renzi era inciampato sulla personalizzazione del referendum, a conti conclusi è cascato giù per terra. Con onestà e coerenza ha reso anche la sconfitta un affare suo. I festeggiamenti che ne seguiranno saranno infantili e vuoti, soprattutto perché l’unica vera osservazione che viene da fare è “e adesso? ”.

A chi credeva che con la caduta di Renzi sarebbe risorto Lenin, a chi credeva che la vera sinistra sarebbe tornata maggioranza e non “dissidenza del PD”, a chi credeva che con il voto negativo per la Riforma l’Europa sarebbe diventata pallida e lontana, e a chi credeva, infine, che Renzi fosse il male da estirpare per rinascere, bisogna dire due parole: mi dispiace. Un voto come quello arrivato nella notte tra il 4 e il 5 dicembre urla cambiamento e nuove elezioni. La direzione di questo percorso è tutta da tracciare a dispetto dei sondaggi.

Ma la disillusione è anche del fronte del . E’ caduto un governo che la maggioranza degli Italiani ha rifiutato di mantenere come proprio degno rappresentante. Il vincente No che viene accusato di essere l’indicatore delle preferenze per Renzi – piuttosto che per la riforma – mette tutti quanti a tacere: doveva e deve essere un segnale importante della scelta di un Popolo. Inutile girarci intorno o tentare di sporcare la consultazione referendaria come la buona scusa, per molti, di farne delle elezioni anticipate. Il voto significa tutto, dal merito della riforma al anti-renzismo. Per primo Renzi ha ammesso le divergenze con quel gran numero di Italiani che lo hanno condannato a terminare la propria esperienza di governo. Il premier dimissionario ha disegnato il quadro in cui avverrà l’avvicendamento con la misteriosa alternativa che avanza: tanto impegno e tanto orgoglio per le leggi approvate e un malloppo importante che passa al successore, con un sereno augurio di buon lavoro e il severo monito alla responsabilità che il fronte del No deve assumersi.

Successore sì, ma quale? La cavalcata del Movimento Cinque Stelle sembra arrivata a un punto di svolta. Le migliori previsioni si sono avverate: un dissenso “plebiscitario” contro il premier, il disorientamento politico, il centro-sinistra che rinuncia a prossime e future pretese, un centro-destra che ha urlato il No alla riforma solo dopo aver perso quell’affettuoso contatto del primo anno di Governo Renzi e in concreto povero dei numeri. La priorità dovrebbe essere il lavoro per una nuova legge elettorale, ma quella attuale premierebbe senza dubbio il Movimento, ora più che mai sospinto da un forte vento popolare (e populista). Al 30% secondo i sondaggi, in un sistema sostanzialmente tripolare – ma con un polo, quello sinistro, ridimensionato e un altro, quello destro, già in caduta libera da anni – Grillo punta sulle elezioni al prima possibile. E come dargli torto? Day after: sogni impossibili cinque anni fa che di colpo diventano possibilità di fare il colpaccio.

Daniele Monteleone