Il disgelo diplomatico e uno smo-kim tutto nuovo per la Corea del Nord

Di Daniele Monteleone – L’incontro di pace tra il presidente sudcoreano, Moon Jae-in, e il leader nordcoreano, Kim Jong-un, ha senza dubbio destato l’attenzione internazionale dopo oltre due anni di “panico mediatico” nei confronti del dittatore col dito sul pulsante nucleare. I due si sono stretti la mano davanti alla stampa di tutto il mondo segnando un passaggio storico tra le due Coree in un momento delicato, proprio durante il rafforzamento militare – e soprattutto nucleare – di Pyongyang.

Quello che è avvenuto è il primo passo, apparentemente concreto, verso una riappacificazione della penisola e la denuclearizzazione del Nord. Due temi forti e arricchiti da numerosi simboli, dalle bandiere celesti della “Corea Unita” fino all’attraversamento del confine mano nella mano. Kim ha inoltre firmato il registro nella Casa della Pace riportando la frase: «Inizia una nuova storia di pace».

FOTO 1Un avvicinamento che era stato preannunciato già ai segnali di distensione durante la XXIII edizione dei Giochi Olimpici Invernali, e che adesso viene preso direttamente in consegna dai leader in persona, con l’impegno di non rompere questa pace (perché non bisogna dimenticare che le due Coree sono due stati in conflitto). E anche altri indizi sembrano essere inequivocabili nella direzione del dialogo: c’è la volontà della Corea del Nord di interrompere i test nucleari e il mantenimento di una pacifica tolleranza dei soldati americani a Sud. Notizia fresca, il passaggio del fuso orario del Nord da quello “personalizzato” a quello più semplicemente identico a quello della Corea del Sud. Un dettaglio, certo, ma anche un messaggio chiaro. Più indizi fanno una prova.

Il nuovo Kim ha mostrato cordialità diplomatica – nuova in Occidente dove se n’è sempre parlato come un bimbo pazzo – tutto frutto di una lunghissima strategia. Il tavolo delle trattative è arrivato, soprattutto quello multilaterale dove il Nord non si era praticamente mai affacciato nell’ultimo mezzo secolo (e più!). La leadership nordcoreana, con tutta l’aggressività del caso, si vuole ritagliare un ruolo internazionale giocandosi tutte le carte a disposizione: i muscoli nucleari, la capacità diplomatica e la parità negoziale.

Dunque si respira aria di nuovi accordi in sostituzione di vecchie intese belliche. Kim Jong-un procede verso l’importante obiettivo con il Sud di arrivare a una «completa denuclearizzazione». L’armistizio del 1953 sarebbe dunque ormai “acqua passata”. In questa direzione hanno giocato ruoli fondamentali alcuni leader particolarmente attivi nella questione nordcoreana: a partire da Donald Trump, giudicato indispensabile con la sua diplomazia non proprio elegante, fino allo stesso presidente sudcoreano Moon, convinto già dalla campagna elettorale di affrontare la tensione Nord-Sud con un atteggiamento morbido.

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Certo è che la “follia” di Trump su Twitter nel rivolgersi alla Corea del Nord avrà dato un convincente contributo alla nuova calma di Pyongyang. Ricordando insulti come «Little Rocket Man», fino alle affermazione più ardite come quella minaccia di «distruggere totalmente la Corea del Nord» non è difficile immaginare le conseguenze su uno stratega politico come Kim.

Per quanto riguarda il comportamento del presidente Moon, ha cercato di reggere la pressione. Il leader del centro sinistra sudcoreano ha voluto e dovuto preoccuparsi più di tutti: il pericolo di una guerra molto violenta (col nucleare in bella mostra) doveva rientrare. Migliaia o decine di migliaia le possibili vittime di uno scontro tra Seul e Pyongyang. Una devastazione da evitare a tutti i costi.

Sulle sanzioni il discorso minaccioso cambia prospettiva, andando verso il Nord forse costretto a rivedere i propri piani di sopravvivenza. I ripetuti test missilistici e nucleari, intrapresi nonostante tutta l’ostilità internazionale, hanno portato ad aspre sanzioni contro il regime nordcoreano che non poteva continuare a farsi “affossare”. Senza dimenticare altre misure americane di portata extraterritoriale che vanno a danneggiare il regime di Kim. Le conseguenze negative per l’economia della Corea del Nord sarebbero dunque un ulteriore fattore di cambiamento della linea dura e intransigente sullo scacchiere internazionale.

Molti credono che più di ogni altro elemento di influenza su questa pace tra le Coree sia la sicurezza di Pyongyang di poter trattare alla pari, da potenza nucleare al suo massimo splendore, con qualunque altra nazione, senza alcuna posizione negoziale di inferiorità. Un situazione di pace, quella descritta ai limiti della love story, che è lo scopo decisivo di una visione del regime nordcoreano sapientemente costruita. È la fine di una strategia, l’inizio di una nuova storia. Tutto da vedere, certo, ma se i segnali ci comunicano qualcosa come una “guerra definitivamente scongiurata”, non ci resta che osservare il risultato dell’attesissimo incontro con Trump, rimasto peraltro ancora scettico. Da questo summit (ancora senza data ma previsto entro un mese) deriveranno novità importanti e molto interessanti.