Gli expat italiani in Olanda: stupore, delusione e senso di abbandono

Arrabbiati, delusi e con la sensazione di essere lasciati a sé stessi. È così che si sentono molti expat italiani che da anni vivono nei Paesi Bassi. Da settimane i Paesi Bassi sono al centro di polemiche. Non fossero bastate le accuse di essere un paradiso fiscale che guadagna sulle spalle degli altri Stati membri e di mancare di solidarietà verso i vicini colpiti dal Covid-19, pochi giorni fa si è aggiunto un siparietto che ha avuto come protagonista il premier olandese, Mark Rutte. Un operaio si rivolge a Rutte urlando «non dia i soldi agli italiani e gli spagnoli!», la sua risposta è «no, no, no». Risate e un pollice in su. Le voci di indignazione a Bruxelles si sollevano immediatamente.

A ciò si aggiungono le critiche per il “lockdown soft” messo in atto – di fatto in Olanda molti negozi restano aperti, e più testimonianze riferiscono che le strade sono piene, oggi come ieri – e l’ironia nei confronti dell’indicazione pubblicata dal sito ufficiale del governo, secondo cui dopo 24 ore dall’ultimo sintomo si sarebbe “guariti” e non più un pericolo per gli altri. Di recente l’affollamento delle strade e dei parchi ha preoccupato gli stessi ausiliari del traffico. «Sembra di stare in vacanza» ha affermato al quotidiano NOS Ruud Kuin, presidente dell’associazione ausiliari del traffico.

Come mai tanta “spavalderia”? Possibile che i Paesi Bassi abbiano davvero “scansato” il pericolo Covid-19? Non proprio. Ieri la conta ufficiale dei morti da Covid-19 ha sfiorato la soglia delle 5 mila vittime, con più di 40 mila test positivi. Il tutto su un totale di 17,3 milioni di abitanti. In più, sembra che le cifre potrebbero essere ben più alte di quelle riportate. Basti pensare che a differenza del Belgio – al momento al primo posto nel rapporto fra numero di morti e totale della popolazione – i Paesi Bassi non inseriscono nel conteggio giornaliero i decessi nelle case di riposo per sospetto Covid-19.

«Sinceramente sono rimasta molto delusa dal modo in cui questo Paese ha gestito l’emergenza» è la testimonianza di Alessia, da un anno in Olanda. «Non c’è una vera consapevolezza del problema, se cammini per strada con la mascherina sei visto come visionario o esagerato, i medici di famiglia sottovalutano la gravità della situazione e il risultato lo dicono i numeri. Per non parlare della reazione menefreghista e chiusa nei confronti dell’Europa, un fallimento totale. Non mi sento tutelata, e sono stufa di fare la camminata della vergogna ogni volta che metto piede fuori casa».

«Sono molto stupita dalla decisione del ministro Rutte di attuare un lockdown soft» commenta Giorgia, ad Amsterdam da tre anni. «Pensavo che la situazione italiana sarebbe servita da esempio e che l’Olanda avrebbe “giocato d’anticipo” prendendo in maniera più tempestiva tutti i provvedimenti necessari a contenere il contagio. Sono molto preoccupata».

«Sono rimasta sorpresa dalla maniera di gestire questa emergenza in Olanda» racconta Giulia, ad Amsterdam ormai da quattro anni. «Credo che sia inammissibile il fatto che, come in molti altri Paesi europei, nessuno abbia preso ad esempio quello che è successo in Italia, e prima ancora in Cina, e che stiano facendo prevalere l’economia sopra la salute del popolo».

«Quello di cui più sono rimasta sorpresa è, però, il fatto che per un italiano, come per molti altri expat che risiedono in Olanda, sia molto difficile capire cosa effettivamente stia succedendo nel Paese, in quanto tutte le informazioni sono trasmesse e scritte solo in lingua olandese. Giustificabile forse dal punto di vista dell’integrazione culturale ma profondamente sbagliato, considerando il fatto che una grande percentuale della popolazione è composta da lavoratori, studenti, famiglie di altri Paesi che per una ragione o un’altra ancora non parlano la lingua olandese».

«Detto questo per ora personalmente non mi sento particolarmente sostenuta da parte del governo, ma comunque vorrei lasciargli il beneficio del dubbio» conclude Giulia.

«La risposta olandese all’emergenza sanitaria per me è stata da subito molto superficiale. In casa abbiamo deciso di seguire le direttive italiane, e ci siamo auto imposti il distanziamento sociale, nonostante le persone del luogo sembrassero noncuranti di ciò che stava accadendo» racconta Martina, da più di due anni in Olanda.

«Vedere inoltre il governo olandese prendersi gioco dell’approccio italiano, invece di comprendere la reale entità della pandemia ed evitare che ciò si ripetesse anche qui, mi ha delusa molto. Vivere la pandemia lontani da casa e dai propri affetti è di per sé molto difficile, ma considerata anche la difficoltà ad avere un supporto ed un aiuto dal personale sanitario ci si sente ancora più soli ed abbandonati a sé stessi».


... ...