Elezioni Usa: al dibattito vince la Clinton, ma è un autogol di Trump

Non si sono degnati di uno sguardo e ben che meno di una stretta di mano. Così Hillary Clinton e Donald Trump si sono presentati sul palco dell’University of Nevada per il terzo e ultimo dei dibattiti pubblici previsti per la campagna elettorale.

Il gelo, insomma tra i due, come era accaduto già nella precedente occasione, e come era preventivabile vista la posta in palio e le tensioni accumulate nelle scorse settimane. Eppure la sfida di Las Vegas nel complesso è stata forse la meno accesa, quella più presidenziale secondo gli esperti, volutamente condotta dal moderatore di Foxnews, Chris Wallace maggiormente sui binari tematici che sulle polemiche interpersonali. A non cambiare, a detta degli analisti, è stato il risultato finale del dibattitto. I sondaggi lampo fatti subito dopo il duello televisivo parlano di un successo della Clinton.

Merito della strategia in difesa adottata dall’ex first lady, la stessa dell’ultimo confronto, intenta a voler controllare il vantaggio acquisito dall’avversario e a schivare le provocazioni di Donald Trump. Il tycoon, invece, da par suo, è sembrato più pacato e preparato per l’occasione, riuscendo a destreggiarsi bene nell’esposizione delle proprie tesi su aborto e armi, naturalmente diverse da quelle della Clinton.

“Orgoglioso del supporto della National Rifle Association“, ha detto The Donald, replicando alla prima dichiarazione della Clinton, che proponeva una regolamentazione sul possesso delle armi. I toni del dibattito sono andati via via innalzandosi, specie nel momento in cui il moderatore ha posto al centro il tema dell’immigrazione. “Abbiamo bisogno di costruire un muro”, ha ribadito il magnate, rilanciando la vecchia questione tanto cara e utile per la sua campagna elettorale alle primarie. “Voglio riformare l’immigrazione”, ha risposto la Clinton, accusando il candidato repubblicano di voler dar inizio ad una serie di deportazioni.

L’accelerazione decisiva si è avuta, però, sul nodo Russia. Qui la difensivista Hillary ha deciso di contrattaccare, parlando del tycoon newyorkese come di “un burattino” nelle mani di Putin, rievocando le polemiche dei scorsi giorni sul coinvolgimento russo nelle rivelazioni di Wikileaks. Un affondo a cui The Donald è riuscito a rispondere, scansando l’ostacolo. “Non conosco il presidente russo”, ma sarebbe positivo “andare d’accordo con lui”. Le accuse reciproche si sono poi spostate su altri campi. Tasse ed economia soprattutto. Ma una sensazione con il tempo cominciava a farsi avanti: che la crescente tensione nel corso del dibattito stesse penalizzando più il tycoon newyorkese. Trump sembrava perdere via via il controllo della situazione, finendo, di fatti, per cadere in una domanda banale ma al contempo insidiosa. Accettare il risultato delle elezioni? “Considererò la cosa al momento, manterrò la suspence”, la risposta di The Donald alla domanda del moderatore, ammettendo la possibilità di non riconoscere il responso elettorale, a suo dire, truccato. Concetto ribadito anche nelle ore successive, durante una manifestazione nell’Ohio. Frase pesante che in breve tempo è rimbalzata su tutti i siti e su tutti i quotidiani, divenendo il messaggio principale dell’intero dibattito, lasciando in ombra gli altri spunti emersi.

Trump è riuscito nell’intento di farsi del male da solo, esponendosi al fuoco dei nemici tanto democratici quanto repubblicani. Da una parte, la Clinton che lo ha accusato di “denigrare la democrazia americana”, e di essere “il candidato presidenziale più pericoloso della storia”. Dall’altra, noti repubblicani che ne hanno preso subito le distanze. Non una novità, certo, ma pur sempre un fatto da prendere in considerazione, in vista delle elezioni del 4 novembre. Un miraggio ormai secondo gli analisti e i sondaggi. L’ennesima gaffe di questo scorcio di campagna elettorale. Rifiutarsi di accettare il responso delle urne in un sistema e in un mondo come quello statunitense rappresenta un grave errore di comunicazione, specie verso quell’elettorato conservatore che fa del diritto di voto un caposaldo del nazionalismo States. Ed è proprio dal mondo conservatore che Trump rischia di non avere più il necessario supporto per tentare una rimonta, che appare sempre più difficile. Hillary Clinton, intanto, ringrazia, passando ancora una volta indenne dal dibattito. La candidata democratica è data avanti in tutti i sondaggi e le stime elettorali della maggior parte dei siti e quotidiani. Un vantaggio che lei sta semplicemente provando a conservare, senza eccessivi sforzi e artifizi comunicativi, cullandosi sui limiti politici dell’avversario. Che sono tanti, forse troppi.

Mario Montalbano


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