Censurati su facebook: la vetrina allestita di Salvini

Di Ester Di Bona – Finalmente le persone hanno un punto dove riversare complimenti, frustrazioni, rabbia, gioia, congratulazioni e offese: il “Commento” sulla pagina pubblica su facebook. 

C’è sempre stata una sorta di parete invisibile tra il “politico” e il “cittadino” che, col tempo, sembrava esser propensa a frantumarsi con l’arrivo dei social network.

La pagina facebook ufficiale di Matteo Salvini, Vicepremier, ministro degli interni e leader della Lega, è una tra le più trafficate sul social da diversi anni. “Il politico europeo più seguito su facebook”, scrive Repubblica. Chiunque ricorderà i suoi post su gattini, colazione con pane e nutella, selfie tra paesaggi pittoreschi, ma anche video di comizi, eventi in suo onore, articoli commentati, risposte, tweet, e tantissime altre interazioni che lo rendono accattivante a qualsiasi navigatore sul Social. 

La campagna mediatica affrontata dal vicepremier, dove punta tutto verso le nuove tecnologie e forme di comunicazione, fa invidia a molti ed è certamente uno dei fattori principali che gli hanno conferito la fama che ha oggi. Quando si è un personaggio pubblico, è normale avere un profilo pubblico dove poter permettere l’interazione con, appunto, IL pubblico.

Il 21 febbraio viene pubblicato un post sulla sua pagina. Il Vicepremier scrive “La solita foltissima protesta incontrata stamattina in Sardegna, con pugno chiuso e “Bella Ciao”, perfetto duetto per il prossimo Sanremo! Un bacione anche a loro!” La foto mostra due studenti con un disegno, una bandiera della pace, e alle spalle il resto della suddetta protesta.WhatsApp Image 2019-02-23 at 18.49.16 (1)

Il post ha fatto, com’è facile immaginare sulla scia di quelli passati, molto scandalo: dei modi certamente poco professionali e privi di tatto se n’è già parlato abbastanza nelle varie testate e sullo stesso social, sono state mosse accuse di bullismo non indifferenti, soprattutto considerando l’età dei giovani ripresi nello scatto (a quanto pare postato non dal suo social manager ma dal ministro stesso).

Nulla di eclatante, comunque, un post come tanti surclassato in breve tempo da molti altri e passato già in sordina.

Il giorno successivo un ragazzo, Francesco D., scrive allarmato un post su un gruppo: «Ieri sono stato limitato da Salvini, insieme ad altri miei amici. A differenza loro, però, non sono stato goliardico, né ho usato toni provocatori (il che non rende la loro censura meno grave, ma è comunque una circostanza) . Il post era sui due ragazzini minorenni sbattuti in pasto ad una gogna mediatica ed alle canzonature dei suoi seguaci. Il mio commento era, testuali parole: “Tu sei il Ministro dell’Interno, loro dei minorenni. La cosa peggiore è che non ti rendi conto della gravità di ciò che hai fatto“.

Ora, non parliamo di un autore Bonelli e nemmeno di un capogruppo di un partito senza altre cariche, parliamo di un Ministro che limita la libertà di opinione, e quello che è successo è di una gravità inaudita. Siamo davvero ai livelli di 1984».

Con grande sorpresa numerosi altri utenti svelano di avere a loro volta l’accesso limitato alla pagina a causa di alcuni commenti (datati anche 7 anni fa), nonostante avessero mantenuto toni calmi e tutt’altro che offensivi.

In una mail mandata al giornalista Beppe Severgnini del Corriere Della Sera nel 2015, Filippo M. contesta la medesima situazione in cerca di consigli: “(…) Sarà per i miei 22 anni, ma penso sia facile capire il perché non ci sto a essere imbavagliato così. Che si fa in questi casi? Tutti i miei commenti sono spariti dalla pagina e non ho quindi modo di dimostrare come mi sia sempre astenuto da insulti. Come si fa a condannare quella che in pratica è una limitazione imposta alla libertà d’espressione?”

La risposta: ” (…) al di là dell’episodio e del personaggio, sappilo: i politici, di ogni colore, vogliono essere approvati, ascoltati, applauditi, incoraggiati. Criticati? Anche no.” 

Una situazione simile si è vista recentemente con protagonista l’account Twitter del presidente Donald Trump, che aveva ben pensato di bloccare utenti che scrivessero commenti poco gradevoli o che risultassero fuori dalla sua linea di pensiero. Sette di questi utenti si sono mossi per muovere una denuncia. Negli Stati Uniti è stato emesso un emendamento federale in cui si vieta ai politici di bloccare persone sui social, poiché il contrario equivale ad una “violazione della libertà di parola“.

In Italia, l’articolo 21 della costituzione, recita «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.»

Qual è la differenza tra il caso Trump e quella attuale nella pagina di Salvini? L’Italia è, ad oggi, una repubblica fondata sulla rassegnazione. Di tutta la gente a cui è stato limitato l’accesso ad una pagina così importante come quella del Vicepremier, solo una piccolissima parte ne ha parlato. Magari non lo reputava importante, magari era considerata una cosa “normale”. Ma la normalità in Italia è nettamente malata, si sa: poche cose funzionano come dovrebbero. 

Francesco D. ha reso la normalità anormale, condividendo su un gruppo una condizione limitante. Filippo M. ha mandato una mail ad un giornalista stimato. I sette utenti americani bloccati da Trump hanno presentato il caso alla Corte Distrettuale di New York. Io prendo le loro storie in riferimento, consapevole dell’esistenza di tantissime altre, e provo a rompere la normalità con quest’articolo.