Ammaestrare il disastro, è possibile?

Volendo ripercorrere gli eventi sismici più importanti del ‘900 e degli ultimi decenni, dal terremoto di Salò del 1901, (che distrusse la città e danneggiò le coste del lago di Garda, ma senza provocare vittime) al terremoto che alle 3.40 del 24 agosto scorso ha distrutto Amatrice, Accumoli e Pescara del Tronto, si possono contare approssimativamente 160 mila morti italiani: un bollettino di guerra che fa paura.

La nostra penisola si trova al centro di un crocevia di placche che muovono l’una contro l’altro: a Sud, la Placca Africana spinge verso Nord Est e si trova contrapposta alle placche Tirrenica ed Adriatica: queste due placche si incontrano proprio negli Appennini, che sono il risultato dello scontro di queste due placche.

Nel corso degli ultimi venti anni, l’arco appenninico che va dall”’ Emilia Romagna all’ Abruzzo è stato il Teatro di gravi e distruttivi terremoti: Assisi nel 1997, San Giuliano di Puglia nel 2002, L’Aquila nel 2009 e Finale Emilia nel 2012. Tutti questi eventi hanno portato distruzione di interi paesi e aree industriali, arrecando, oltre al dolore per la perdita dei parenti, un danno economico incredibile: viene difficile oggi stimare le cifre, che si aggirerebbero a circa 80 Miliardi di Euro, pari a 6 Leggi di Stabilità messe insieme.

In questi anni, messe da parte le immediate gare di solidarietà della comunità italiana, che si dimostra sempre la più generosa e compatta, non si è mai parlato di una legislazione centrale concreta che obbligasse i proprietari di case ad effettuare opere di messa in sicurezza e rendere cosi gli immobili sicuri almeno fino a magnitudini medie alte, cosi come quelle percepite nelle scorse ore.

“Abbiamo osservato come ogni quattro/cinque anni circa c’è un sisma che colpisce la dorsale appenninica, eppure gli amministratori non fanno prevenzione: il risultato è che l’ Italia è arretrata come il Medio Oriente: in un paese avanzato un terremoto di Magnitudo 6 non provoca crolli e vittime”, ha riferito Mario Tozzi, uno dei più importanti geologi e divulgatore scientifico d’Italia: urge quindi una seria discussione legislativa per rendere il nostro paese sicuro e prevenire futuri disastri come quello recentemente avvenuto.

Il nostro paese vanta già un’alta tecnologia antisismica, esportata in tutto il mondo, per il potenziamento di vecchi immobili e per la costruzione di nuovi complessi con manifatture antisismiche: ciò che manca è quindi la consapevolezza dei legislatori e dei costruttori nel fare applicare le leggi antisismiche nei comuni per i primi, e nel calcolo delle spese per sostenere la costruzione antisismica per i secondi. Il solo calcestruzzo, infatti, non permette alla struttura di muoversi in modo coordinato con l’onda che lo colpisce: il risultato è l’implosione della struttura e il successivo collasso.

Urge quindi una seria discussione e legislazione che obblighi tutti alla trasformazione in “antisismico”. Bisogna dire basta agli sprechi che coinvolgono le aree terremotate, cosi com’è avvenuto nella Valle del Belice dopo il 1968 o com’è avvenuto per il sistema C.a.s.e del terremoto dell’Aquila, dove Miliardi di Euro sono andati in mano a sfruttatori e criminali e lasciando la città de L’Aquila simile ad una città fantasma di ambientazione far west.

Alcuni esempi in Italia di legislazione e ricostruzione antisismica sono stati forniti già dai Borbone nel XVIII secolo.

Il legislatore Borbone, ai tempi del compianto Regno delle Due Sicilie obbligò, dopo il terremoto che distrusse la Calabria nel 1783, ad una costruzione delle strutture “antisismica”: il 20 marzo del 1784 venne emanato la Regia norma che prevedeva strade larghe dagli 8 ai 13 metri in base alla loro importanza e il sistema delle case baraccate, il sistema delle case che non dovevano superare i due piani di altezza, eliminando le ampie balconate: su questo sistema vennero ricostruite le città di Reggio di Calabria, Messina e Palmi. In effetti, il sistema si rivelò vincente quando, nel 1908, il terremoto e il relativo tzunami che sconvolse la città peloritana provocando circa 200.000 morti, distrusse la città, ma non le strutture create su questo sistema, che registrarono lesioni e cadute di calcinacci, ma ressero all’urto sismico.

La domanda è allora la seguente: nel 2016, come può, un paese occidentalizzato e all’avanguardia, vedere interi paesi sbriciolarsi dinnanzi ad una scossa di media magnitudo?

Urge un cambio di rotta immediato in termini legislativi, ma soprattutto una seria presa in considerazione da parte del soggetto privato su che cosa significa costruire con tecniche antisismiche: forse qualche centinaio di euro spesi in più al metroquadro possono essere equiparati ad una vita persa?

Giuseppe Sollami