Ex monastero San Basilio a Palermo: quando sarà possibile il suo riscatto?

La storia dell’ex monastero San Basilio nel cuore del centro storico palermitano passa da numerose famiglie aristocratiche che hanno rinnovato o rivoluzionato la struttura. Negli ultimi decenni, invece, ci sono stati tanti progetti pubblici e zero risorse impegnate.


Il monastero di San Basilio, situato a Palermo nella via omonima, nasce da trasformazioni e ampliamenti che hanno avuto luogo attraverso i secoli già a partire dal Quattrocento, e le sue “metamorfosi” non si sono fermate, anche dopo il prolungato abbandono durante gran parte del Novecento. 

Un grande e apparentemente precario portone di legno dai chiavistelli parzialmente ossidati racchiude una dimensione tanto complessa quanto immediata da comprendere. Questo palazzo storico di notevole vastità e potenzialità, l’ex convento San Basilio, oggi è sede di diverse realtà associative impegnate sul territorio, nel quartiere Olivella, in totale (faticosa) autogestione: dalla manutenzione alla riqualificazione del bene di proprietà del Comune di Palermo. Non è altro che il ritratto, come tanti altri di cui siamo testimoni, dell’impegno per il territorio che stenta a ricevere un riconoscimento e un aiuto dell’amministrazione pubblica.

Come altri numerosi beni pubblici abbandonati per molto tempo, il San Basilio (un tempo noto come “Centro Sociale ExKarcere”) soffre importanti carenze strutturali, determinanti sull’utilizzo della struttura in tutti i suoi locali – comprendendo il cortile, stiamo parlando di diverse migliaia di metri quadri, di cui sono approssimativamente in uso solo un terzo – ma nonostante questo, alcuni cittadini organizzati sul territorio (l’Ambulatorio Popolare Centro Storico, la Palestra Popolare Palermo, il Comitato Territoriale Olivella) hanno scelto di restituire alla collettività uno spazio “lasciato indietro” dalle diverse amministrazioni palermitane che si sono susseguite negli ultimi trent’anni con iniziative progettuali destinate, amaramente, a un prolungato silenzio. 

Dal restauro al ripristino di porzioni di interesse storico del palazzo, fino alla ludoteca comunale e alla “Casa delle Culture”: da decenni, si rintracciano proposte, visioni progettuali calate dall’alto per il San Basilio e seguite dall’immobilismo amministrativo, figlio di una scarsa volontà politica di restituzione e riconoscimento di un bene vivo per il quartiere, invisibile per gli affari del Comune di Palermo.

Storia di trasformazioni

In un’interessante e ben approfondita ricerca storica a cura del prof. Giuseppe Di Benedetto (La città che cambia. Restauro e riuso nel Centro Storico di Palermo, 2000) si legge che «la maggior parte degli edifici conventuali di Palermo nasce dalla trasformazione di antiche dimore nobiliari». Il San Basilio non farebbe eccezione, dato che, un tempo, era prassi consolidata che gli ordini religiosi venissero beneficiati dalle importanti famiglie aristocratiche della città con imponenti beni patrimoniali. Dimore e palazzi divenivano così conventi e monasteri su disposizione di generosi de cuius o di facoltosi donatori. 

A Palermo altri esempi di questa prassi sono palazzo Abatellis, i monasteri della Concezione, di Santa Teresa e di Sant’Anna. Il monastero di San Basilio nasce però solo nel Seicento, dopo una serie di trasferimenti e passaggi di proprietà che farebbero risalire le origini dell’edificio non alla famiglia Bologna – come si è pensato per molti anni, date le fonti dello studioso seicentesco Antonio Mongitore – bensì ai Ventimiglia, baroni di Ciminna e signori di Sperlinga.

Il contesto in cui si inserisce la struttura, storicamente, è quello del Seralcadio (corruzione linguistica dell’arabo Sakalibah, “Schiavoni”) – antica area del centro storico, oggi nota come l’area di Monte di Pietà, del Capo e giù fino alla Cala, sul mare – il territorio forse più popoloso dei cinque che costituivano la città di Palermo un tempo, oltre che essere uno dei più antichi. Più precisamente, il monastero di San Basilio si trova alle spalle di via Bandiera, appunto in via San Basilio, in una zona storicamente adibita al mercato e alle botteghe e, dunque, testimone di un rumoroso viavai senza sosta. 

Come si legge nella ricerca del prof. Di Benedetto, lungo questa striscia di territorio cittadino del Monte di Pietà, i due complessi conventuali di Sant’Agostino e di San Domenico erano rispettivamente collegati da un capo all’altro, verso il mare, da via Sant’Agostino e via Bandiera, strade fondamentali nel congiungimento di questi due capisaldi monumentali. I palazzi che nei secoli sono sorti, data l’importanza commerciale ed economica dell’area, hanno finito per creare una biforcazione di via Bandiera da cui parte, appunto, via San Basilio.

ex monastero san basilio

Da una famiglia all’altra fino ai basiliani

Il ritrovamento di un importante atto notarile datato 15 dicembre 1507 chiarisce un passaggio fondamentale per definire il percorso storico del San Basilio. Nell’atto si legge che i coniugi Simone de Abatellis e Diana Ventimiglia concedevano a enfiteusi perpetua il loro antico hospitio magno sito nel «quartiero Civalcari (Seralcadium)» a Paolo Ventimiglia e ai figli Guglielmo e Antonio. All’interno della proprietà si trovavano, infatti, un ampio viridarium (un giardino) e una cappella dedicata alla Vergine Santissima. Il documento aiuta a ricostruire la strada di questa cospicua eredità.

Giovanni Ossorio, signore delle terre di Sesamo, acquistò la struttura nel 1583 e promuoverà l’ampliamento del palazzo, l’elevazione su due piani su tutte, e diversi interventi decorativi. Alla fine del Seicento arriva, in favore dell’insediamento dei monaci basiliani sul territorio, la trasformazione dello stabile in monastero su progetto dell’architetto Giovan Battista Vespa: verranno costruiti un oratorio, due dormitori, il refettorio e un’infermeria. In seguito, nel corso del Settecento, le iniziative edificatorie dei monaci basiliani furono portate avanti dai migliori architetti dell’epoca attivi a Palermo, tra cui si possono ricordare Ciprì, Lombardo, Anito, Cizza e Rossi. 

Dalla ricostruzione storica riportata da Di Benedetto: «con la soppressione degli ordini religiosi (legge n. 5056 del luglio del 1866) l’intero complesso monastico fu incamerato tra i beni del Demanio statale. Con Regio Decreto del 24 marzo 1867, n. 3622, il Ministero dell’Industria e Commercio venne autorizzato ad occupare temporaneamente i locali del monastero di San Basilio per insediarvi la Reale Commissione di Agricoltura e Pastorizia per la Sicilia». 

Finirà per essere ceduto al Municipio di Palermo nel 1868. Cento anni dopo sarebbe stato condannato a un lungo abbandono, ma in mezzo a questi cento anni, ritroviamo l’inaugurazione della palestra nell’ottobre del 1932, e di nuovi corpi a servizio di quella che è ormai divenuta una scuola – in accordo con la Commissione di Agricoltura – per la quale fu edificata l’area del giardino, e demolito sia il refettorio che i magazzini del piano terra. 

I danni subiti dal San Basilio in occasione del terremoto del 1968 portarono a dichiararlo inagibile, e il suo prolungato abbandono causò anche il crollo di buona parte delle coperture e di vaste aree dei piani sottostanti dell’antico monastero, su tutte le scalinate e intere pavimentazioni del primo e del secondo piano. Nel 2002 lo stabile è stato messo in sicurezza ma senza un concreto intervento di ripristino delle possibilità di un utilizzo completo dei locali.

E oggi? Il San Basilio sopravvive

Attualmente presso il San Basilio, sede di diverse attività pressoché ogni giorno – dal doposcuola, al calcetto per i bambini del quartiere, dagli allenamenti dentro e fuori la Palestra Popolare, fino alle rappresentazioni teatrali e agli eventi musicali oltre che alle discussioni di quartiere – i (pochi) attivisti che gestiscono lo stabile attendono il riconoscimento di quanto fatto negli ultimi dieci anni e delle iniziative portate avanti.

Va ricordato lo sforzo fatto con l’Ambulatorio Popolare Centro Storico, ancora oggi bisognoso di attenzioni e investimenti, questi ultimi, a dir la verità, previsti all’interno di un mega piano di interventi per il centro storico palermitano da 90 milioni di euro, sei dei quali stanziati proprio per il restauro del San Basilio, e con tutta probabilità destinati a sbriciolarsi. Esattamente il contrario di quello che accadrà alla volontà e ai progetti delle associazioni impegnate nel cuore dell’Olivella.


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