Verdiana Mineo, come lo sport «popolare» è arrivato ai Mondiali

Verdiana Mineo è l’unica donna siciliana nel circuito internazionale del powerlifting. Si allena da diversi anni nella Palestra Popolare Palermo, una struttura autogestita nel cuore del centro storico palermitano.


«Pensavo di ritirarmi, dopo l’ultimo mondiale, e concludere in bellezza». E invece, fortunatamente, Verdiana Mineo, campionessa italiana e argento mondiale di powerlifting, si sta allenando, più forte che mai, per prepararsi alla prossima competizione internazionale, i mondiali in Sudafrica, per cui è aperta una raccolta fondi a sostegno delle spese impegnative da affrontare per una simile trasferta. 

L’atleta palermitana è seguita dal suo coach Luigi Spera ed è l’unica donna siciliana nel circuito internazionale del powerlifting. Si allena da diversi anni nella Palestra Popolare Palermo, una struttura autogestita all’interno dell’ex convento San Basilio nel cuore del centro storico palermitano, lì dove ha scoperto di amare lo sport e tutto il benessere che può portare alla comunità. 

Verdiana è inoltre seguita da un osteopata, il dottor Alessandro Bonura, e dal suo mental coach, lo psicologo Roberto Mocciaro, entrambi impegnati nello spazio autogestito. L’A.S.D. Palestra Popolare Palermo, nel quartiere Olivella di Palermo, propone dal 2013 attività sportive per tutti, adulti e bambini, con personale preparato e una quota di iscrizione molto accessibile.

Impegno e disciplina: questo è lo sport

Verdiana Mineo, 31 anni, occhi verdi e una voce calma, si racconta e racconta la sua disciplina, il powerlifting – sollevamento pesi – grazie alla quale ha sfidato giovani e giovanissime donne da tutto il mondo dopo allenamenti durissimi, non solo dal punto di vista fisico ma anche mentale.

Verdiana si sveglia tutti i giorni intorno alle 7:00, fa una colazione proteica e dopo il carico mattutino di caffeina dedica anima e corpo allo sport per la sua comunità. Si allena quattro volte a settimana per circa tre ore, i pomeriggi segue diversi ragazzi e ragazze che portano avanti l’allenamento con lei, come pesistica e ginnastica musicale, e la sera va a dormire presto.

«Solo cinque anni fa mi sono avvicinata allo sport, ho cominciato ad allenarmi e a raggiungere risultati. Di solito, vedendo un atleta affermato si pensa che abbia chissà quale lungo percorso alle spalle, una passione sportiva da sempre. Io, però, non avevo mai praticato uno sport prima, anzi proprio non mi interessava e non c’era questa “cultura” in famiglia». La campionessa italiana si è affacciata allo sport, ai primi allenamenti alla Palestra Popolare, relativamente da poco tempo e per tutt’altra disciplina, il pugilato.

Lo sport ad altissimi livelli, però, non è qualcosa per tutti: non basta solo la passione. «A Palermo, città di mare, gli sport acquatici sono appannaggio delle classi più agiate: basti pensare al canottaggio, surf, windsurf, vela, che sono quasi elitari. Anche per sport di massa come il calcio servono i canali giusti, bisogna investire molte risorse economiche per diventare agonista. Per non parlare degli sport olimpici, che a Palermo hanno pochissime scuole di riferimento, e degli sport “minori” come il mio, il powerlifting, che solo oggi sta conoscendo una certa diffusione».

L’esempio di Verdiana Mineo è infatti quello di uno sport possibile, sano e dal basso. «Ho cominciato alla Palestra Popolare con un corso di ginnastica funzionale e poi sono passata al pugilato. Mi attirava molto, c’era una dimensione dura, disciplinata». Il suo allenatore Luigi Spera la notò così, durante gli allenamenti di pugilato, e ancora prima di giungere a qualche incontro agonistico sul ring Verdiana è stata introdotta al powerlifting, con la prospettiva possibile di partecipare ad alcune competizioni nazionali.

verdiana mineo palestra popolare palermo

Cosa significa la storia di Verdiana Mineo

Alla Palestra Popolare il powerlifting non c’era. «Abbiamo iniziato da zero, ci siamo allenati da zero, abbiamo approfondito la conoscenza della disciplina e ci siamo specializzati fino a partecipare alle gare». Con la consapevolezza della propria causa oltre che dei propri mezzi, non ci sono state limitazioni che hanno tenuto nel percorso verso i grandi traguardi. «Questo sport è stato ed è anche uno strumento utile a raccontare sia una nuova disciplina, poco praticata, qui a Palermo, sia la storia che c’è dietro, portando alla ribalta il fatto che si può praticare uno sport dal basso e arrivare ai vertici senza avere sponsor, senza avere grandi società blasonate alle spalle. Far capire che lo sport appartiene a tutti nonostante spesso venga limitato da barriere di appartenenza di classe sociale o di genere».

La storia di Verdiana Mineo può essere un simbolo, una motivazione per la comunità, per chi vuole avvicinarsi allo sport, alla sua disciplina in particolare. «Non mi sento un simbolo. Ho avuto la possibilità, anche grazie alle persone che stanno intorno, di “lasciare un segno” e credo sia una responsabilità di tutti noi, quella di modificare la realtà in cui si vive, cambiarla in un modo più sostenibile e accessibile per tutti. D’altronde viviamo in una società che premia la competizione tra individui, la prevaricazione del più forte sul più debole, l’arrivismo a tutti i costi, poiché si è disposti a tutto pur di fregare l’altro e avere tutto e subito».

Lo sport deve tornare «popolare»

Non è secondario il contesto in cui si inserisce la storia sportiva di Verdiana: come atleta, infatti, è cresciuta – lo abbiamo detto – in una palestra popolare, un fenomeno che sta conoscendo una certa diffusione in tutta Italia. Qui «il concetto di base – spiega Verdiana – è che lo sport è un diritto di tutti e deve tornare popolare. Devono esistere delle strutture in città dove è possibile praticarlo gratuitamente, o comunque senza che i costi siano proibitivi. Ed esiste una rete di queste realtà popolari che si pongono questa mission, questa rivendicazione che mira esclusivamente all’emersione dei talenti, solo per il proprio impegno, indipendentemente dalle risorse di cui si dispone».

Il messaggio è inevitabilmente politico, ci dice Verdiana: «tutto quello che abbiamo costruito, lo abbiamo costruito dal basso, senza prevaricazione, ed è stato capace di battere anche il modello “mainstream”, senza diventare prodotti, senza che l’atleta diventasse un prodotto da consumare. Siamo riusciti a mostrare un esempio fuori da questa dinamica dello sportivo-prodotto, mettendo al centro la collettività e non l’individuo, in uno spazio autogestito, con tante attività, per tutti, senza barriere».

I problemi connessi con la pratica di una disciplina o di un semplice allenamento, non riguardano lo sport agonistico o gli atleti in generale, e non coinvolge solamente le possibilità economiche. Le barriere sono una questione sociale, del mondo e del modo in cui viviamo: «lo sport non è copertine patinate, specchi e abiti firmati, anche se per molti, purtroppo, lo è diventato. Le palestre sono spesso ambienti che mettono a disagio le persone: molti non vogliono andare nella sale fitness per gli sguardi, o per l’insana competizione, perché esiste una “sovrastruttura” in questa società per cui conta di più come appari invece di come sei. Noi invece siamo riusciti a creare un ambiente che butta fuori questo genere di disagi, un ambiente sicuro, che mette al centro l’attività, senza divisioni di genere».

Rimanere in Sicilia per cambiare le ingiustizie

Storie come quella di Verdiana Mineo e della Palestra Popolare Palermo sono utili a puntare i riflettori sulla necessità di investire nelle strutture sportive, nell’allargamento delle possibilità per tutti di praticare un’attività sana, anche e soprattutto in contesti difficili. «Lo spazio, all’ex convento San Basilio, risulta ancora occupato – ci dice Verdiana – e abbiamo da tanti anni un’interlocuzione aperta con il Comune di Palermo. Molte persone delle istituzioni, nel tempo, si sono interessate a questo progetto ma non abbiamo mai avuto un vero riconoscimento».

«È necessario sottolineare cosa vuol dire un’esperienza del genere. Questo spazio – racconta Verdiana – era in stato di abbandono, messo in sicurezza e chiuso. È stato successivamente restituito alla collettività da un gruppo di persone che hanno deciso di ridargli vita e fruibilità. Laddove c’è uno spazio abbandonato, penso sia necessario che la comunità del quartiere lo riprenda, spenda collettivamente risorse ed energie per renderlo utilizzabile da tutti, rompendo così il muro che separa il guardare passivamente un’ingiustizia e l’agire concretamente per ripararla rimboccandosi le maniche».

Per partecipare alla raccolta fondi per la trasferta di Verdiana Mineo è possibile visitare questo link. Per sostenere le attività dentro il Comitato Territoriale Olivella, basta mettersi in contatto con le pagine social dell’Ambulatorio Popolare Centro Storico, della Palestra Popolare Palermo e della Cuncuma ri San Basilio, tutte realtà che sono impegnate all’ex convento San Basilio, una bella storia a cui dare una mano a crescere.


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