The show Musk go on, la libertà su Twitter secondo il suo nuovo proprietario

Dopo due settimane di tira e molla, Twitter ha accettato l’offerta stellare di Elon Musk. L’«assolutista della libertà di parola» lancia nello spazio (digitale) la sua missione democratica.


Dopo due settimane di montagne russe Elon Musk, l’uomo più ricco del mondo, è riuscito ad aggiudicarsi la proprietà di Twitter, in un’operazione che ha mosso ben 44 miliardi di dollari e un acquisto che si concluderà definitivamente in un tempo che va dai tre ai sei mesi. 

La mossa, guidata secondo il capo di Tesla e SpaceX dalla «difesa della libertà di parola», ha scatenato in ambienti sia progressisti che conservatori una serie di polemiche e malintesi, oltre a un abbondante endorsement degli altri cosiddetti «assolutisti della libertà di parola», come si è definito lo stesso Musk. Si tratta di una trasformazione storica: una compagnia, quale era Twitter, diventa privata e viene portata fuori da Wall Street, uscendo da quel mondo interessato unicamente al profitto.

Elon Musk

Non c’è dubbio che Twitter, con oltre 200 milioni di utenti attivi al giorno – sempre molto meno di Facebook – sia una delle piazze digitali più importanti del mondo e che, quindi, abbia in mano responsabilità non indifferenti sui dibattiti regionali o internazionali, non ultima la stessa causa democratica di un “internet libero”. Per questo motivo non ci stiamo confrontando con gli interessi di una o l’altra testata giornalistica influente, ma con un contenitore di dibattiti, opinioni e produzioni del mondo della cultura, della politica e dell’economia, oltre che di molti di noi: in poche parole, è in gioco il futuro di internet. 

L’ammontare delle risorse di Elon Musk

Dopo due settimane dalla proposta dell’acquisto del 9 per cento delle azioni di Twitter, è arrivata la svolta definitiva e l’assalto alla preda. L’offerta stellare dell’«ingegnere» Elon Musk (odia essere definito un investitore), accettata all’unanimità dal cda di Twitter, attinge da 21 miliardi di dollari del proprio denaro sotto forma di azioni, 13 miliardi di dollari dalla grande banca d’affari Morgan Stanley in linee di debito e altri 10 miliardi di dollari in altri in prestiti a margine, questi ultimi due fonti attualmente in trattativa (parliamo di circa un miliardo di interessi all’anno). 

Musk ha così raggiunto una cifra pari a 46,5 miliardi di dollari di finanziamenti per l’acquisto di Twitter, mentre il consiglio di amministrazione della piattaforma proponeva prima di adottare  la formula della “pillola avvelenata” (poison pill) per impedire l’acquisto del timido pacchetto azionario da parte di Musk, e poi di trovare un misterioso salvatore che offrisse tanto quanto o più del numero Uno di Tesla, una strada evidentemente non percorribile. 

A garanzia della proposta di Musk è stata proposta una parte delle sue azioni Tesla, proprio per questo motivo le azioni del produttore di veicoli elettrici sono scese di oltre il due per cento subito dopo la notizia dell’acquisizione di Twitter. Oltre a questo fatto puramente finanziario dettato dalla considerazione di questa operazione come una “distrazione” rispetto all’azienda miliardaria, desta preoccupazione che dietro la sostenibilità dell’operazione Twitter e della missione per la democrazia digitale ci possa essere la forza del titolo di Tesla.

Perché comprare Twitter?

Non per ragioni economiche, a quanto afferma Elon Musk: «Avere una piattaforma pubblica che sia massimamente affidabile e ampiamente inclusiva è estremamente importante per il futuro della civiltà. Non mi interessa affatto l’economia». La sua decisione di acquistare Twitter muove dalla convinzione di poter far crescere e sviluppare la piattaforma social in una direzione davvero improntata alla libertà di parola.

Stando alle sue dichiarazioni, per il magnate «la libertà di parola è il fondamento di una democrazia funzionante» e per questo motivo vuole «rendere Twitter migliore che mai migliorando il prodotto con nuove funzionalità, rendendo gli algoritmi open source per aumentare la fiducia, sconfiggendo i bot spam e autenticando tutti gli esseri umani». 

Ciò che si evince dalle interviste al nuovo proprietario di Twitter, però, è una direzione molto meno “censurante” della piattaforma, allentando le politiche di moderazione, a garantire proprio la libera circolazione potenzialmente senza limiti di ogni contenuto. E in un’epoca così intrisa di disinformazione e interpolazione, nuovi parametri modellati sulla libertà di parola – espressione quanto mai difficile da analizzare a questo punto – diventano oscuri ed esaltare liberamente contenuti “degni di clic” rischia di rivelarsi un vento favorevole per la disinformazione.

Limitare la moderazione dei contenuti, dunque, sarebbe per Musk un atto di responsabilità in nome della libertà e una lotta senza quartiere contro le censure (come quella che ha colpito l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump che, a proposito, ha già dichiarato di non muoversi dalla sua piattaforma social di approdo, Truth).

Come la nuova “era Musk” affronterebbe la disinformazione e l’incitamento all’odio su Twitter non è dato saperlo, ma esiste il concreto rischio che questi non solo possano viaggiare a briglie sciolte ma che possano essere ulteriormente amplificati in nome di una non ben compresa assenza di confini, come se ciò che è illegale offline non potesse essere altrettanto illegale online.

Ciò che, invece, sembra più chiaro – se consideriamo plausibile il conflitto tra aziende e inserzionisti con la nuova politica aziendale ed etica di Twitter, tutta da vedere – è il consapevole rischio per i dollari pubblicitari di Twitter, giudicati da Musk non prioritari, messi in secondo piano rispetto a un ipotetico piano di abbonamenti per l’ingresso nella piattaforma.      

Reazioni all’arrivo di Musk al vertice di Twitter

Molti personaggi della destra, soprattutto i conservatori censurati e puniti da Twitter in questi anni, hanno riscoperto in Elon Musk una guida verso il libero dibattito sulla piattaforma che, secondo il suo creatore Jack Dorsey, rappresenta, testualmente, «la cosa più vicina a una coscienza globale» capace di «estendere la luce della conoscenza». Esponenti e organizzazioni di sinistra, invece, hanno ravvisato nelle ambizioni di Musk l’opportunità per l’odio di proliferare, più di quanto stia già facendo.

La campagna di Musk contro i bot spam, intanto, potrebbe sottoporre gli utenti anonimi a un ulteriore controllo ma non è chiaro se sarà possibile costringere tutti a rivelare i propri veri nomi. Una mossa in tal senso danneggerebbe i dissidenti politici dato che lo pseudonimo e l’anonimato sono caratteristiche essenziali per proteggere gli utenti che hanno opinioni, identità o interessi che li rendono esposti a un rischio potenzialmente letale. 

Anche se in un’intervista a TED sulla garanzia della “libertà di parola” Musk ha affermato che Twitter rispetterà le leggi statunitensi che limitano in diversi casi la parola, la flessibilità del concetto non aiuta a dissipare dubbi e a risolvere i malintesi sulla sua missione democratica. Per gli utenti che violano le regole dell’azienda, inoltre, si profila non più l’eliminazione dei post o i ban permanenti, ma dei veri e propri “timeout” dalla piattaforma. L’arrivo di Musk è forse una buona notizia per coloro che hanno l’hate speech facile.

Ciò che sembra rivoluzionare in un senso di maggiore trasparenza nei confronti degli utenti della piattaforma è il piano annunciato per rendere gli algoritmi del sito open source, ovvero rendere pubblicamente accessibile il codice utilizzato per costruirli e consentire a tutti di vedere come alcuni post sono stati favoriti o penalizzati. Musk ha dichiarato di volerlo fare «in nome della fiducia poiché questo modello è meglio che avere i tweet “misteriosamente” promossi o retrocessi». Sfortunatamente pochissime persone saranno in grado di capire come il codice utilizzato in questi sistemi produce i risultati che certi post ottengono.

Prossime sfide per la “libertà secondo Elon Musk”

Non si può trascurare la tendenza globale delle autorità di regolamentazione alla repressione dei contenuti dannosi online, un fatto che ha reali implicazioni per Twitter. Le aziende interessate da questi provvedimenti potrebbero incorrere in pesanti multe o “blocchi” se non riescono a fermare la diffusione di materiale violento e offensivo, oltre che l’incitamento all’odio e altri contenuti pericolosi per la web community

Ricordando l’esistenza di contenuti che possono essere «legali ma dannosi», secondo la politica di Musk di “nessuna rimozione in ogni caso” né degli account così come dei post oggetto di controversia, anche questa potrebbe essere una questione chiave intorno alla quale potrebbero consumarsi fiumi e fiumi di tweet (e non solo) tra la nuova proprietà e le autorità di regolamentazione di diverse nazioni, soprattutto nell’Unione europea. 

The show Musk go on: non sarà quella società marziana immaginata da Elon Musk, ma la piazza di Twitter sarà comunque uno spettacolo tutto da vedere nei prossimi mesi.


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