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La Corte Penale Internazionale e le indagini sui crimini di guerra russi

Le ultime novità sull’indagine aperta dalla Corte Penale Internazionale, lo scorso 3 marzo, sui sospetti crimini di guerra perpetrati dalla Russia contro i civili ucraini.


Sarebbero oltre 4.800 i crimini compiuti da Mosca, secondo quanto riportato nel sito https://war.ukraine.ua/russia-war-crimes/, dove è possibile accedere all’Archivio online creato dal governo di Kiev per documentare le condotte criminose perpetrate dalla Russia. Il rumore delle sirene, all’apertura del sito web, e la scritta “Russia’s War Crimes – Beyond evil, even during war” – ossia “Crimini di guerra della Russia – Al di là del male, anche durante la guerra”– che appare in cima alla pagina del sito, lasciano intendere con chiarezza quale sia l’animo con cui la società civile ucraina sta contrastando l’invasione russa. 

Sul punto, il Ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, ha dichiarato che la creazione del sito internet ha lo scopo di raccogliere e documentare le prove dei crimini di guerra commessi dalla Russia e, in tal senso, di «impedire ai criminali di sfuggire alla giustizia». 

L’obiettivo, dunque, è quello di fornire un supporto in primo luogo ai Pubblici Ministeri ucraini, che stanno indagando i presunti crimini di guerra russi, in seguito alle stragi commesse a Bucha, una delle città che è stata teatro dell’invasione di Mosca. Si ricordi, infatti, che la competenza della Corte Penale Internazionale è complementare a quella delle giurisdizioni nazionali. 

Proprio a partire da quanto accaduto a Bucha, in occasione della visita del Procuratore capo della Corte Penale Internazionale, Karim Khan, che ha dichiarato come il territorio ucraino sia «una scena del crimine [e che] abbiamo motivi ragionevoli per credere che vengano commessi crimini [ricadenti] all’interno della giurisdizione del Tribunale», è stata data una spinta decisiva per l’apertura delle indagini a L’Aia, dopo che ben 43 Paesi – Italia compresa – avevano chiesto formalmente un rinvio alla Corte. 

Occorre sottolineare che né la Russia né l’Ucraina hanno ratificato lo Statuto di Roma del 1998, istitutivo della Corte Penale Internazionale. Tuttavia, come ricordato da Flavia Lattanzi – già Professoressa ordinaria di Diritto Internazionale all’Università Roma Tre e giudice del Tribunale Penale internazionale per il Ruanda e del Tribunale Penale internazionale per l’ex Jugoslavia – in una dichiarazione rilasciata all’AGI, nel 2014 e nel 2015 l’Ucraina ha accettato la competenza ad hoc della Corte, per i crimini commessi nel suo territorio dal 2013 in poi e, pertanto, tale accettazione comporta un obbligo di cooperazione con la Corte, soprattutto con riferimento all’attività di raccolta delle prove. 

Tale competenza si estende ai crimini di guerra, ai crimini contro l’umanità e al crimine di genocidio nell’ipotesi in cui lo Stato che abbia subito i crimini – ovvero lo Stato di nazionalità del presunto autore – la abbia accettata (con la ratifica dello Statuto istitutivo o con una dichiarazione espressa, come nel caso dell’Ucraina); sussiste inoltre nel caso di crimine di aggressione, ove i due Stati interessati la abbiano accettata. 

Tale accettazione non sarebbe necessaria nel caso in cui la questione venisse sottoposta alla Corte direttamente dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, secondo quanto disposto dal Capo VII della Carta delle Nazioni Unite.


Non stupirà sapere, tuttavia, in ragione dell’assetto istituzionale dell’ONU – che ricalca ancora la prassi risalente al secondo dopoguerra – che un’eventuale azione in tale direzione incontrerebbe certamente le resistenze della Federazione Russa, che ancora gode del diritto di veto in Consiglio di Sicurezza, ma anche, forse, della Cina – anch’essa con diritto di veto – nonché probabilmente dell’India e degli Emirati Arabi Uniti (questi ultimi due privi del diritto di veto), che si erano astenuti durante l’ultima votazione in Consiglio, nell’ambito delle procedure di voto sulla Risoluzione che condannava gli attacchi russi contro l’Ucraina.

I materiali raccolti nell’Archivio, dunque, hanno contribuito a fornire le prove che hanno consentito di iniziare una vera investigazione contro gli individui concretamente identificati; la procedura, in tal senso, prevede che il Procuratore Generale emani un Atto di accusa, con le forme di responsabilità richiamate e l’indicazione specifica dei capi di imputazione afferenti alle fattispecie criminose enunciate nello Statuto. 

Senza la pretesa di argomentare dettagliatamente lo svolgimento della procedure, basti dire, in questa sede, che la Corte Penale Internazionale è chiamata a decidere in base a regole particolarmente stringenti e il suo operato è fortemente condizionato dall’effettiva collaborazione dei soggetti sottoposti a investigazione e degli Stati coinvolti nel procedimento. 

L’acquisizione delle prove segue le regole del contraddittorio, opera il principio del ne bis in idem e le sentenze – di assoluzione o di condanna – esplicano forza vincolante nei confronti delle sole parti che hanno ratificato (o accettato) lo Statuto. 

Sebbene i singoli episodi saranno giudicati dai Tribunali nazionali ucraini, la Corte avrà il compito di condurre i procedimenti contro i soggetti ai “vertici”, ossia nei confronti di coloro che hanno impartito gli ordini e, proprio in tal senso, si parla di competenza complementare alla giurisdizione nazionale.

Il Giudice catanese Rosario Aitala presiederà il collegio istruttorio e sarà chiamato a valutare le accuse contro i vertici schierati dal Cremlino. 

Si ricordi, ai fini di una riflessione più ampia circa l’efficacia della procedura instaurata, che per spiccare un mandato di cattura servono in primo luogo degli elementi probatori che colleghino in maniera diretta il soggetto sottoposto ad investigazione ai crimini concretamente posti in essere e, ai fini del giudizio, è obbligatorio che il soggetto sia di fatto in stato di arresto. 

Sotto altro profilo, la circostanza per cui la Russia non abbia ratificato lo Statuto della Corte Penale Internazionale comporta che la competenza della Corte sia ritenuta sussistente, nel caso di specie, per il solo fatto che l’Ucraina lo abbia, invece, accettato, mediante delle dichiarazioni ad hoc. 

Ciò rimarca ancor di più la piena libertà della Russia di non collaborare nell’ambito del procedimento e suggerisce come l’eventuale cattura dei responsabili potrà avvenire soltanto all’estero e non nel territorio della Federazione. 

Gli attacchi all’Ospedale pediatrico di Mariupol, le fosse comuni, i cadaveri in strada, i corpi torturati, gli stupri, i saccheggi e le esecuzioni sono soltanto alcune delle condotte che saranno sottoposte alla valutazione della Corte. 

E mentre il procedimento in sede internazionale segue il suo corso, nella sezione “Ci sarà giustizia?” del citato Archivio si può leggere: «Come il mondo ha perseguito e ristabilito la giustizia nel ventesimo secolo per ogni criminale del regime nazista per le sue atrocità contro l’umanità e la vita, l’Ucraina non si arrenderà finché tutti i colpevoli non saranno puniti».