Il simbolo di un’Italia passata: che fine ha fatto Postalmarket?

Che fine ha fatto il catalogo per corrispondenza portato alla luce da Anna Bonomi Bolchini sfogliato da una generazione di genitori in un periodo storico in cui Amazon ed Ebay non erano ancora approdati nelle nostre case? 

Chi di noi è nato e cresciuto tra gli anni ’80 e ’90 (ma anche prima) si ricorderà del Postalmarket, il catalogo di shopping per corrispondenza recapitato dal postino due volte l’anno e che  puntualmente  trovavamo sul tavolo della cucina. I nostri genitori, e un po’ anche noi,  una volta tolto il cellophane, con curiosità e stupore iniziavano a sfogliare quel mattone di settecento pagine – praticamente un manuale – di quella che potremmo definire la bibbia dello shopping con contrassegno. 

Internet si affacciava timidamente nelle nostre case ma era un servizio per pochi – l’Italia si è collegata per la prima volta nel 1989 – e il Postalmarket era il catalogo de-specializzato di vendita per corrispondenza che offriva anche a chi viveva in agglomerati urbani più piccoli, e distanti dai centri dello shopping, la possibilità di acquistare beni lontani dal proprio mercato di riferimento. Nel 1960 nelle edicole vengono recapitate diecimila copie nella sua prima tiratura di quarantotto pagine.

Anna Bonomi Bolchini, ne è l’ideatrice soprannominata “Sciura compro io”, ça va sans dire la provenienza della mamma del  Postalmarket è indicativa. Il catalogo è la sintesi di molte cose: il riscatto sociale della figlia del popolo – Bonomi Bolchini era figlia di una portinaia e di un imprenditore meneghino, che l’avrebbe riconosciuta come sua legittima figlia all’età di sedici anni – che riesce a fondare un impero imprenditoriale. All’Italia, ieri come oggi, sogni così piacciono, quelle storie di rivincita, di chi con fatica è riuscito a scalare la montagna e in cima alla vetta fa brillare la propria stella (a casa propria poi!).

anna bonomi postalmarket
Anna Bonomi con i figli Carlo, Alfredo e Carla

È l’Italia del Dopoguerra che ha voglia di guardare alla modernità, di ricostruire e ricostruirsi,  lasciandosi alle spalle gli anni di paura, dandosi delle chance. Anche per questo Postalmarket diventa amabile: il catalogo supera le differenze e le distanze; tutti possono averlo, tutti possono comprarlo e se non possono comprare ciò che vende quantomeno possono sognare di poter essere, in una noiosa giornata di pioggia invernale, simili alle indossatrici del catalogo. 

La copertina vede fra le sue brand ambassador volti come quelli di Ornella Muti, Monica Bellucci,  Cindy Crawford e molte altre celebrità. Ha collaborato con firme della moda come Laura Biagiotti o Krizia che creano delle capsule collection ad hoc, rendendo possibile il sogno di avvicinarsi ai brand del momento non più prerogativa di pochi.

Il catalogo diventa l’immagine di un’Italia che vuole vestire nuove mode, arredare casa guardando oltre le offerte del proprio territorio: è l’apogeo di quella che diventerà un’abitudine, ovvero la vendita a distanza. Si può sognare e non è un peccato farlo, di poter essere simili, o quantomeno vicini, per abbigliamento o arredo, nella propria casa di provincia, ai cugini che vivono nella città del nord. Anna Bonomi Bolchini  abbatte il concetto di differenza per lasciare spazio a quello di opportunità. 

L’azienda continua a crescere sotto differenti aspetti:  dalle vendite, alle risorse impiegate, fino allo stabilimento. Ogni regione aveva i suoi ispettorati regionali e vari rappresentanti che raccoglievano le richieste d’acquisto, dall’abbigliamento alla tecnologia all’arredo che venivano inoltrati alla sede centrale. Fra gli anni ‘70 e ‘80 si stimava un fatturato di 600 miliardi di lire. Sono gli anni in cui familiarizziamo con lo slogan “soddisfatti o rimborsati”, che avrebbe contraddistinto anche altre campagne pubblicitarie lontane dal mondo Postalmarket, oltre che con quello televisivo “Con Postalmarket, sai, uso la testa!”

Era un’azienda in buona salute, contesa e corteggiata da molti. Fra questi Eugenio Filograna, senatore di Forza Italia, che la rimodula, in positivo e in negativo. Da un lato lancia il sito internet che inaugura uno fra i primi periodi di vendita online e dall’altro riduce l’organico di dipendenti di 400 persone. 

La strategia del senatore non si rivela sempre vincente. Il concorso indetto per la scelta degli indossatori del catalogo che vede come madrina una famosa showgirl italiana è un flop così come l’approdo in borsa complice l’aumento dell’iva dell’abbigliamento al 20 per cento. 

Filigrana esce di scena per entrare in carcere per il fallimento di una cooperativa. Arriviamo al 2003 e i prodotti del noto catalogo passano nelle mani della catena Bernardi nella speranza di rianimare un fallimento che aleggia nell’aria. Il 2015 è l’anno della liquidazione e da lì a poco il tribunale di Udine ne avrebbe dichiarato il fallimento.

Quello di Postalmarket non si rivela un effettivo addio alle scene dello shopping. Il 2021 è l’anno della rinascita per volere del patron Stefano Bortolussi che la inaugura con il volto della giornalista Diletta Leotta per la campagna autunno-inverno. I numeri galoppano: dalle pagine del catalogo, 364, ai numeri degli iscritti alla newsletter (20 mila persone), ai 25 mila prodotti di aziende italiane, per cui si punta anche alla vendita online

Il nuovo Postalmarket è un catalogo che guarda al futuro senza dimenticare dov’è partito. Fra le sue pagine, online e offline, si mescolano nostalgia e curiosità e la voglia di riscatto, la stessa di Anna Bonomi Bolchini.


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